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sabato 20 agosto 2011

Ateismo di Stato e libertà religiosa











Potrei dirlo anche in breve: in Cina ho visitato una moschea, un tempio buddista, ho visto da lontano la croce di una chiesa cristiana, e tanti altri templi di non so quante religioni o sette. Sono sceso dall'aereo e, mentre raggiungevo la stazione ferroviaria, nella selva di cartelli elettorali per le elezioni comunali di Berlino ne ho notato uno con una X rossa sopra ad una moschea.
Impressioni. Punti di vista, posizioni diverse. Qualcuno passa per persecutore, qualcun altro tenta di conservare le "tradizioni locali". Poi ci sono quelli che giocano al ribasso. Ma andiamo per ordine.

Xi'an, città famosa per le innumerevoli pagode e per il ritrovamento dell'esercito di terracotta. Molte donne portano lo chador, uomini anziani hanno il piccolo cappellino tipico dei paesi musulmani. Attraverso qualche strada-mercato, bancarelle varie e perfino una via in cui vendono fegati bovini ed altri pezzi di carne (poggiati per terra e su banchi avvolti da nugoli di mosche), si entra nel quartiere islamico. Raggiungiamo la Grande Moschea della città, come altri templi in gran parte ricostruita, ma sempre con un certo fascino storico. Mi incuriosisco della quantità di servizi, telecamere ben nascoste quasi ovunque, beh, non se la devono passare male. L'opuscolo che danno insieme al biglietto di ingresso (circa equivalente a 2.50 euro) é per certi versi ridicolo ma, tra le righe, utile: vi si ringrazia la Rivoluzione e il Partito Comunista Cinese per dare sostegno alle minoranze religiose (i musulmani sono circa 1.3% della popolazione cinese). Si usano parole altisonanti verso il PCC, che fanno un po' ridere: hanno paura di repressioni o sono sincere? Difficile dirlo, difficile anche, per noi occidentali, mettersi nei panni di chi vive in uno Stato veramente laico, che rifiuta l'ingerenza di credenze irrazionali nei rapporti umani e quindi economici e politici; in questo ambiente, appunto, dare possibilità alle religioni di svilupparsi é ovviamente visto come una cortesia.

Pechino. Le pagode e i templi sono innumerevoli, e praticamente tutti ricostruiti. Molte strutture furono distrutte durante la Rivoluzione Culturale, anche se, in realtà, la cultura cinese é ben diversa dalla nostra e tende a non dare importanza alla memoria architettonica, bensì a quella umana, come afferma il sinologo Victor Segalen (vissuto a cavallo tra ottocento e novecento, quindi del tutto inconsapevole della Rivoluzione Culturale). Una cosa da tenere a mente se si vuole capire quello che é avvenuto ed avviene in Cina.
Il tempio buddista che ho visitato, il Tempio dei Lama (Yong He Gong, 雍和宮), é molto turistico, c'é persino una campana da suonare a pagamento. molte persone si recano lá per pregare, l'impressione é quella di un tempio di una religione monoteistica; la statua di 16 metri di altezza del Buddha in esso contenuta, é la più alta al mondo, ricavata da un unico legno di sandalo. Eppure, la cosa che mi incuriosiva del buddismo era la distanza dalle religioni monoteistiche. Bah. La setta buddista in questione é proprio quella Gelug, o dei Berretti Gialli, minoritaria (circa il 6%) di tutti i buddisti esistenti ma molto famosa per i legami economico-imperialisti dell'occidente in Tibet. Il tempio é lá, forse ricostruito interamente dal PCC e controllato da esso, come tutti i templi. Usato solo a scopo turistico (ma non sembra, visti i tantissimi che pregavano in quel luogo).
Forse il PCC, nelle veci dello Stato, controlla ogni tempio e quanto ogni credo religioso possa intervenire nella società. Quasi sicuramente. Quindi lo Stato fa quello che dovrebbe fare ogni Stato laico, se non vado errato. É chiaro a tutti, anche a chi scrive (che é contrario al capitalismo di Stato alla Cinese, o alla religione di Stato alla nordcoreana, per chiarirsi), che questo non significa o non dovrebbe significare repressione. Come é chiaro, d'altro canto, che libertà religiosa non significa permettere la svendita della razionalità di un popolo.

Infine, dicevo, ci sono quelli che giocano al ribasso: perché dovrei dare libertà religiosa a gente nei cui Paesi questa libertà non vi é. Giusto, come se le libertà garantite dalle Costituzioni fossero valide solo per chi ci é già e non per chi arriva (allora che farle a fare, le Costituzioni, se rappresentano diritti per pochi?). Come se nei Paesi del Magreb, per fare un esempio, non ci fossero chiese o sinagoghe, per non parlare del Libano, in cui ci sono decine di culti differenti. Rimanendo nella più totale ignoranza di questo, giochiamo comunque al ribasso, perché devo essere onesto se gli altri non lo sono? Anche perché, se un cittadino arabo si ribella alla schiavitù é un terrorista islamico, se un cattolico nazista uccide un centinaio di civili innocenti é semplicemente un pazzo, un malato. Punti di vista, opinioni, soggettività.

In tutto questo, ho trovato quello cinese come un popolo pacifico, calmo, quieto. Ho girato le strade di Pechino, quelle più povere, senza correre rischio, sentendomi sicuro di non correrlo. Poi ho preso l'aereo, sono tornato in Germania e ho visto un cartello contro le moschee. Magari sono gli stessi che gridano "Free Tibet". Questione di punti di vista.

Eugenio Simoncini

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