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martedì 18 ottobre 2011

Il 15 ottobre: ovvero come disattendere il precetto di Marx


Il 15 ottobre: ovvero come disattendere il precetto di Marx

Sono parzialmente d’accordo con chi, come Cremaschi, parla del 15 ottobre in termini di fallimento. Non perché l’obbiettivo principale della manifestazione non sia fallito: lo svolgimento di una grande manifestazione di Piazza su parole d’ordine chiare ed in rappresentanza del conflitto di classe in essere. Il disaccordo è piuttosto dovuto all’ennesima fotografia statica a posteriori che viene fatta della realtà. La dinamica, non tanto dei fatti di sabato, quanto quella della nostra società rischia nuovamente di finire sotto il fumo sollevato, ad arte in questi giorni. Paradossalmente, ma non troppo, le ore spese dai media sono paragonabili alle ore spese sulle Torri Gemelle. E del resto, fatemelo dire, i Black Bloch assomigliano a ciò che è stato, ed ha funzionato in questi anni, nell’immaginario collettivo Al Qaeda! Ma tralasciando la questione degli uomini in nero veniamo alla questione vera. Negli ultimi 20/30 anni ciò che ha vinto, in termini di cultura politica generale, e ciò che è stato distrutto ha molto a che fare con sabato 15 ottobre. La rimozione della capacità di analisi della società e le ovvie conseguenze sul piano della risposta politica ha prodotto l’incapacità di comprendere la natura delle classi dominanti di questo paese (mi riferisco al carattere reazionario tipico del capitalismo italiano) e l’affermazione di un individualismo e pressappochismo nella necessaria risposta che tutte le forze anticapitaliste o d’alternativa cercano di dare. Pensare di costruire una manifestazione indignata che rappresenta nei contenuti, sul piano storico e sociale di questi ultimi anni, la lotta di classe e non prevedere la logica conseguenza è stato l’errore più grande. Diciamolo pure, l’ennesimo errore. L’altro grande errore commesso dal movimento organizzato e non è non trarre nessun insegnamento dal manifesto del partito comunista: Proletari di tutto il mondo unitevi. Far sopravvivere diffidenze e distanze fra pezzi del movimento, non impegnarsi a fondo per il grande obbiettivo che è la ricerca dell’unità di tutta la sinistra, per dirla in modo semplice, rappresenta un atto grave e parente stretto di chi, individualmente, decide di decidere per me all’interno di un corteo e assalta negozi e auto. Si deve dunque ripartire dalla ricerca dell’unità, dall’organizzazione del movimento e dalla fotografia della realtà. Oggi, non c’è più spazio per suggestioni pacifiste, eccessivamente movimentiste o stupidamente settarie. Altrimenti, come cantava De Andrè saremo “lo stesso coinvolti” nel fallimento della grande occasioni che la realtà ci pone su un piatto d’orgento!

Luca Rovai

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