Storie di ordinaria imprenditoria, ecco come si perde il lavoro in Italia
DI FEDERICO TULLI-
Un'operazione di ristrutturazione pagata fior di milioni si trasforma in licenziamento di massa. Circa 300 lavoratori della ex CSC Italia rischiano il posto.
È il caso della CSC Italia che per fatturato e addetti si è posta a lungo tra le prime dieci società di IT (tecnologie informatiche) nazionali, con sedi a Milano, Bologna, Firenze, Padova, Ravenna e Roma. Contando su circa 1300 dipendenti CSC ha operato per decenni in ambito di business intelligence e gestione documentale per la Pubblica Amministrazione Centrale, soluzioni per la gestione del credito e dei sistemi di pagamento per banche e assicurazioni e competenze specialistiche per le imprese manifatturiere.
Secondo quanto si legge in un'interrogazione parlamentare presentata il 23 luglio 2012 da Giovanni Burtone (Pd) e Antotnino Foti (Pdl), la multinazionale Usa CSC, holding di CSC Italia, "ha usufruito negli anni di agevolazioni fiscali che, solo nel 2011 hanno comportato benefici per oltre 100 milioni di dollari". E poi di punto in bianco ha deciso di smantellare la costola italiana. Con delle modalità che la dicono lunga sul modo di fare imprenditoria nel nostro Paese, e di investire da parte di operatori stranieri: privatizzando i profitti e mettendo in carico ai lavoratori e ai contribuenti le perdite. Sembra infatti, osservano Burtone e Foti, "che la CSC abbia di fatto distribuito i clienti in questo modo: trattenendo nella good company quelli internazionali e 300 dipendenti, e mettendo nel portafoglio della bad company, quella in vendita, tutti gli altri". Così nella bad company sono confluiti mille lavoratori, tra questi ce ne sono circa 300 a rischio licenziamento. Nella stessa interrogazione i due parlamentari rilevano inoltre che "CSC pagherebbe una somma rilevante alla società acquirente per la ristrutturazione aziendale (circa 25-30 milioni di euro)".
L'acquisizione è stata in seguito perfezionata a dicembre 2012 dal gruppo DedaGroup presente sul mercato italiano, principalmente al nord, con un portafoglio clienti privati e pubblici di caratura soprattutto locale. Nonostante ciò e sebbene DDway, l'azienda appositamente creata da DedaGroup per "accogliere" i 1000 ex dipendenti CSC Italia, conti più del doppio dei lavoratori dell'intero gruppo, l'operazione viene presentata come occasione di rilancio per i "neo-assunti".
Il "rilancio" viene annunciato per il febbraio 2013 ed ecco di cosa si tratta: il 7 febbraio viene comunicato ai lavoratori di DDway il ricorso a nove settimane di Cassa integrazione per il periodo marzo-aprile, con l'intento dichiarato di arginare i costi eccessivi in attesa di avere gli elementi necessari per procedere a un piano di riorganizzazione aziendale. Al termine delle nove settimane, il 2 maggio, DedaGroup annuncia l'apertura di una procedura di mobilità per poco meno di 300 lavoratori sui 1000 "entrati" solo sei mesi prima da CSC, adducendo come motivo il fatto che il mercato IT è in contrazione e non ci sono prospettive di impiego di tutto il personale. In quella sede, raccontano gli ex lavoratori CSC, "nulla viene detto su strategie commerciali e investimenti da mettere in campo per cercare di supportare una reale ripresa dell'azienda". In seguito DedaGroup rifiuta qualsiasi possibilità di procedere con una cassa a rotazione e di utilizzare qualsiasi altro ammortizzatore che consenta di salvare i posti di lavoro. Il 12 giugno 2013 il senatore Pd Stefano Esposito illustra all'assemblea e al Governo la situazione di crisi occupazionale della DDway. Ma nulla cambia: a un anno dalla prima interrogazione, DedaGroup si ritroverebbe con diversi milioni in più in cassa e, presto, con 294 lavoratori in meno.
Dal canto loro questi sono decisi a resistere e hanno annunciato un presidio sotto la sede del ministero del Lavoro in via Fornovo a Roma, durante la mattinata di lunedì 15 luglio, per sensibilizzare le istituzioni in occasione di un tavolo di crisi fissato al ministero per tentare di bloccare i licenziamenti. E "costringere" DedaGroup a pianificare una ristrutturazione aziendale nel vero senso del termine--
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