VENEZUELA: APPOGGIARE, APPOGGIARE CRITICAMENTE O NON APPOGGIARE?
Written by Marcelo Colussi (speciale per ARGENPRESS.info)
Venerdì 17 Giugno 2011
“Quelli che fanno le rivoluzioni a metà non fanno altro che scavare le loro stesse tombe”
Slogan del Maggio francese, 1968
Se questo testo fosse stato scritto da un “peso massimo” (Noam Chomsky, Ignacio Ramonet, Eduardo Galeano…) sicuramente sarebbe letto con maggior attenzione. Fatto da un autore minore, si ottiene un minor impatto. Qualcuno lo avrà letto?
Perchè iniziare con questa citazione, provocatoria senza dubbio? Per sottolineare come siamo ancora legati, troppo legati, forse patologicamente legati alla nozione di VIP. Si, così come suona: VIP, very important people, “gente molto importante”. Quello che succede in Venezuela è una lampante – quasi patetica – dimostrazione di ciò.
Per la gente di sinistra (lasciamo per il momento da parte la discussione su cosa sia esattamente “essere di sinistra”: progressista, anticapitalista, optare per la lotta armata come mezzo di cambiamento, socialdemocratico sullo stile scandinavo, Daniel Ortega lo è in questo momento, lo è stato prima, o Lula in Brasile, lo è non essere omofobico, votare per il PSOE in Spagna?), quindi: per la gente di sinistra nel suo senso più ampio, il processo che si è aperto in Venezuela da alcuni anni è stata una fonte di speranza. Questa è (era?) la sua forza: ridare una speranza che era stata sequestrata.
ERDOGAN VINCE, MA NON BASTA. IN PARLAMENTO CURDI E DONNE
Written by Simonetta Cossu (Liberazione del 14.6.2011)
Mercoledì 15 Giugno 2011
Il partito islamico moderato Akp (Giustizia e Sviluppo) del premier Recep Tayyip Erdogan, forte delle ottime perfomance economiche del Paese, ha vinto le elezioni per la terza volta consecutiva con il 50,02% (+3,44% rispetto al 2007). Erdogan potrà ora formare un nuovo solido governo monocolore ma si ferma a quota 326 seggi su 550, 15 in meno rispetto al 2007. Una vittoria che sicuramente lascia l'amaro in bocca al premier che infatti fallisce l'obiettivo più ambizioso: non riesce a conquistare la maggioranza necessaria per riformare la costituzione. Nè quella dei due terzi (367 seggi) per riuscire a far entrare immediatamente in vigore le modifiche, nè quella di 330 seggi, che avrebbe richiesto un referendum popolare di conferma. Va dato atto che il premier ha riconosciuto l'impasse e nella sua prima dichiarazione ha affermato che «la nuova costituzione si realizzerà attraverso la ricerca del consenso e il negoziato. Pertanto ne parleremo con i partiti dell'opposizione».
Al secondo posto si colloca il partito Chp, l'opposizione repubblicana laica kemalista (custode della laicità dello Stato del fondatore della moderna Turchia Mustafa Kemal Ataturk) che ha ottenuto un ottimo 25,91% (+5,03%) con 135 seggi.
LA NATO IN LIBIA, UN "UNIVERSO ALTERNATIVO"
Written by WAYNE MADSEN (da ComeDonChisciotte)
Martedì 14 Giugno 2011
Il Pentagono e i suoi partner della NATO sono occupati in una delle più smaccate e intense manovre di propaganda delle loro operazioni militari dal tempo in cui si stavano preparando per l’attacco della "Coalizione dei Volenterosi " contro l’Iraq. Le indicazioni secondo cui il governo di Muammar Gheddafi stia per cadere e che la vita di Tripoli è in una fase di stallo per via della campagna dei bombardamenti NATO non corrispondono alla realtà, come qualsiasi osservatore non tendenzioso che di recente è stato a Tripoli potrebbe testimoniare.
Per partecipare alla "guerra dell’informazione" della NATO contro la Libia, lo schieramento della stampa della grande finanza si è riunito a Tripoli, con la presenza dei corrispondenti di guerra del Pentagono per il New York Times, il Washington Post e il Los Angeles Times, ed è riuscito a dar voce alla propaganda del Pentagono e della NATO con la fabbricazione di report fasulli.
In un articolo da Tripoli, Simon Denyer del Post ha suggerito che il governo libico stia simulando che le vittime siano dovute alle missioni aeree della NATO sugli obbiettivi civili invece che a cause non inerenti ai combattimenti. La stessa idea è stata ripetuta da John Burns, impegnato a far salire il conto che il New York Times dovrà pagare col suo soggorno a Tripoli, che ha riportato la stessa linea di propaganda del Pentagono. Siccome sono stato all’ospedale El Khadra a Tripoli, posso testimoniare che molti individui sono stati feriti dai bombardamenti NATO, e molti avevano ferite dovute alle scheggie delle granate nelle gambe, nelle braccia e nel torso.
CUBA DOPO IL VI CONGRESSO DEL PARTITO COMUNISTA CUBANO
Written by Intervista di Giovanni Santini all'Ambasciatrice cubana in Italia
Mercoledì 08 Giugno 2011
1) Si è concluso da qualche settimana il VI Congresso del Partito Comunista Cubano, ma il percorso di preparazione è durato mesi ed ha coinvolto milioni di cittadini nella elaborazione e discussione delle tesi che sono state poi portate al Congresso. Puoi parlarci di questo grande esercizio democratico?
R. Si è trattato di un esercizio democratico che ha coinvolto 8 milioni di cubani e che ha avuto luogo nelle scuole, nei centri di lavoro e nelle periferie. Se si considera che i cubani sono 11,2 milioni di abitanti, ti renderai conto che la gran maggioranza della popolazione ha partecipato ai dibattiti riguardo le linee che saranno la base fondamentale della politica economica e sociale del paese per i prossimi cinque anni. È importante sottolineare che tutti i partecipanti hanno potuto esprimersi liberamente e manifestare le loro preoccupazioni, le loro insoddisfazioni e le loro discrepanze.
Ricordati che la prima proposta sulle linee includeva 291 punti e, dopo i dibattiti e l’analisi, il contributo cittadino li ha aumentati a 313; inoltre il 68%, di quelli proposti inizialmente è stato modificato a partire proprio dal dibattito popolare.
Riassumendo, è stato preso in considerazione un 87,4% delle proposte di questo dibattito popolare per modificare il documento ed una parte del 12,6% restante si è pensato di sottoporlo ancora a studio.
E’ stato un esercizio in più di democrazia partecipativa della popolazione cubana e di un appoggio alla Rivoluzione e al Socialismo. Una conferma del principio di come deve essere il popolo nei confronti del Partito e di chi decide il destino del nostro Paese.
MANUEL ZELAYA TORNA IN HONDURAS
Written by Giorgio Trucchi (da www.itanica.org)
Giovedì 02 Giugno 2011
Dopo 16 mesi di esilio in Repubblica Dominicana, l'ex presidente Manuel Zelaya è tornato in Honduras. L'aspettavano migliaia di persone che si sono mobilitate verso l'aeroporto internazionale di Tegucigalpa per dargli il benvenuto.
Accompagnato da varie personalità internazionali, tra cui il cancelliere venezuelano Nicolás Maduro, il sottosegretario dominicano Miguel Mejía, l'ex presidente panamense Martín Torrijos, l'ex senatrice colombiana Piedad Córdoba e vari esiliati, l'ex presidente Zelaya ha salutato la moltitudine che affollava la zona sud dell'aeroporto di Toncontín, riconoscendo pubblicamente che è stato solo grazie alla lotta del popolo honduregno se ha potuto tornare in patria. Durante il suo intervento, Zelaya ha posto l’accento sull'importanza dell'Accordo di Cartagena, firmato lo scorso 22 maggio come risultato del processo di mediazione promosso dai presidenti del Venezuela e Colombia.
Ha anche chiesto alla popolazione e alle numerose organizzazioni che integrano il Fronte nazionale di resistenza popolare, Fnrp, di vigilare affinché si rispettino tutti i punti dell'Accordo e ha invitato il governo degli Stati Uniti a rettificare la propria politica estera nei confronti dell’Honduras e dell’America Centrale. “Permetteteci di creare democrazia in America Latina, perché non bisogna avere paura del sistema democratico", ha detto Zelaya.
ACCORDO DEFINISCE IL RITORNO DI ZELAYA E IL RIENTRO DELL'HONDURAS NELL'OSA
Written by Giorgio Trucchi (da www.itanica.org)
Mercoledì 01 Giugno 2011
I presidenti dei paesi membri del CA-4 - El Salvador, Guatemala, Honduras e Nicaragua - si sono riuniti la notte del 22 maggio a Managua, capitale del Nicaragua, per annunciare il proprio sostegno all'Accordo di Cartagena, firmato poche ore prima dal presidente dell'Honduras, Porfirio Lobo e dall'ex presidente Manuel Zelaya, all'interno del processo di mediazione promosso dai presidenti del Venezuela e Colombia. Hanno inoltre ratificato la loro decisione di reincorporare l'Honduras a questa organizzazione regionale (CA-4) e al Sistema dell'integrazione centroamericana (Sica).
Durante l'attività, Zelaya ha invitato tutti i paesi dell'America Latina ad analizzare l'accordo firmato a Cartagena, in quanto "democratico e di riconciliazione per l'Honduras", poiché include componenti essenziali come "il rispetto dei diritti umani, l'apertura politica, l'inizio di un processo di convocazione a una Assemblea Nazionale Costituente e il riconoscimento politico del Fronte nazionale di resistenza popolare (Fnrp)".
RISOLUZIONE CONGIUNTA DI MANAGUA DEL FORO DE SAO PAULO E DEL PARTITO DELLA SINISTRA EUROPEA
Written by esteri.prc
Venerdì 27 Maggio 2011
Il Foro di Sao Paulo (FSP) e il Partito della Sinistra Europea (SE) si sono riuniti nell’ambito del XVII incontro del FSP nella città di Managua. In questa occasione le due reti regionali riaffermano la loro volontà di rafforzare le relazioni e hanno discusso delle possibili forme di cooperazione su temi di interesse comune.
Dopo l’incontro bilaterale di Buenos Aires, il contesto politico è stato segnato dalle lotte e dalle grandi mobilitazioni in Europa contro le false soluzioni imposte dal capitale finanziario di fronte alla crisi e per la difesa dei diritti sociali che l’offensiva della destra sta mettendo in grave pericolo.
L’America latina entra in un nuovo periodo di competizione elettorale con la possibilità di nuove vittorie e avanzamenti della sinistra latinoamericana. Salutiamo il trionfo di Dilma Roussef, candidata della sinistra brasiliana nelle elezioni presidenziali.
Il Foro di Sao Paulo e il Partito della Sinistra Europea si felicitano per il succeso della loro iniziativa comune, organizzata a Madrid nel mese di marzo scorso, sul tema dei Diritti dei Migranti. Allo stesso modo ci rallegriamo per la realizzazione di un primo incontro tra il FSP, la SE e la Rete della sinistra africana che ha avuto luogo a Dakar nell’ambito del Foro Sociale Mondiale.
Riaffermiamo la nostra volontà di continuare la nostra collaborazione e cooperazione solidale.
BARGHOUTI: HAMAS RICONOSCERA' ISRAELE QUANDO ISRAELE RICONOSCERA' LA PALESTINA
Written by Francesca Marretta (Liberazione del 26.5.2011)
Giovedì 26 Maggio 2011
La prospettiva di un accordo di pace tra israeliani e palestinesi continua a restare un miraggio. Martedì il Premier israeliano Benjamin Netanyahu ha tenuto un discorso al Congresso americano, durante il quale ha parlato di una «Gerusalemme capitale dello Stato d'Israele che non può essere divisa» e di un futuro Stato palestinese smilitarizzato, incassando pieno sostegno. Il Presidente dell'Anp Mahmoud Abbas ha commentato ieri le parole di Netanyahu, dicendo che su tali basi non c'è nulla da costruire. Il dirigente di Fatah Nabil Shaath è tornato sulla questione, affermando che ormai l'unica via d'uscita per i palestinesi è «fare come fecero gli israeliani nel 1948, quando andarono alle Nazioni Unite» per farsi riconoscere come Stato.
Su questa fase storica per i palestinesi e il Medio Oriente abbiamo chiesto un commento al Dottor Mustafa Barghouti, leader del movimento politico al Mubadera (Iniziativa nazionale palestinese) e, come ci ha confermato al telefono dagli Stati Uniti, dove si trova dopo una tappa di diversi giorni in Russia, «mediatore dell'accordo di riconciliazione tra Hamas e Fatah».
CHI PUNIRA' I CRIMINI DELLA NATO?
Written by esteri.prc
Giovedì 19 Maggio 2011
Negli ultimi giorni si sono intensificati i raid aerei della NATO su Tripoli nel tentativo, ormai neanche più dissimulato, di colpire mortalmente Gheddafi e la sua famiglia. I morti provocati, anche nella popolazione, dalle bombe alleate sono ormai considerati uno spiacevole dettaglio su cui non vale la pena soffermarsi troppo almeno per la stampa occidentale. Eppure si tratta di quegli stessi “civili inermi” per la cui protezione sarebbero scese in campo le forze militari internazionali. E’ il leit motiv che viene ossessivamente ripetuto ed utilizzato in tutti i consessi internazionali per giustificare l’intervento e per sostenere la necessità di un suo rafforzamento, magari con la fornitura di ulteriori armi ai ribelli. Le persone di buon senso non possono crederci, ma, nella nostra epoca mediatica, il buon senso è stato sostituito dal pensiero unico trasmesso da tiggì e stampa.
Ma la vicenda libica, forse ancora più delle invasioni di Iraq e Afghanistan e dell’incursione in Pakistan per la presunta uccisione di Osama bin Laden, segna la morte del diritto internazionale. O meglio, l’affermazione, al posto del diritto internazionale, di un diritto unilaterale dei paesi più potenti del mondo sul resto del globo.
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