NICHI SCIOGLIE SEL SUL CORRIERE, MA FAVA NON ERA STATO AVVISATO
Sul sito di SEL è apparso un intervento molto netto (seppur come al solito educato) di Claudio Fava che deve aver preso un coccolone nel leggere l'intervista a Nichi Vendola sul Corriere della Sera. Il povero Fava non aveva aderito al PD per fare una nuova sinistra e si ritrova nel PD senza che nessuno glielo avesse comunicato. Certo è strano che si lamenti il leaderismo quando si è fondato un partito che porta il nome del leader sul simbolo. la maggior parte dei commenti sono simpatetici ed esterrefatti quanto Fava. Probabilmente quando tempo fa Giordano aveva dichiarato le stesse cose sul Manifesto non era stato preso sul serio. Ora è chiaro che la strategia del gruppo ex-rifondarolo non è quella di fare una Linke italiana ma quella di provare a scalare il Pd o comunque di accomodarcisi dentro (o ai lati). Stupisce che Fava non si sia mai interrogato sulle ragioni del sostegno enorme dato a Vendola dalle corazzate informative di De Benedetti, da La7 e dai settori veltroniani della RAI 3. Ovviamente a rispondere alle perplessità sinistroidi di Claudio Fava non poteva che essere lo stratega della scissione vendoliana Gennaro Migliore. Eccovi i due interventi.
Mettiamoci in gioco, ma oltre i vecchi soggetti politici
di Claudio Fava
L’intervista di Nichi Vendola al Corriere della Sera propone un punto di partenza sostanziale e assolutamente condiviso (“mettersi tutti in gioco…”) ma suggerisce un cambio sostanziale di rotta sul quale sarà bene discutere tra noi, a cominciare dall’assemblea nazionale del 18 giugno.
Il primo punto è la retrocessione di SEL a un “movimento”, se la giornalista riporta correttamente le parole di Nichi. Nel nostro congresso fondativo di ottobre (fondativo di un nuovo partito) abbiamo spiegato che la forma partito, così come ci viene consegnata dalle esperienze del secolo scorso, ci appare oggi inadeguata e insufficiente. Va ripensata, migliorata, superata in avanti. Ma chiudere SEL nell’astrattezza di un movimento è una soluzione riduttiva. Vogliamo sperimentare forme nuove di organizzazione, di partecipazione, di democrazia – ci siamo detti a Firenze – lavorando alla costruzione di un partito che non sia il nostro punto di arrivo. Dev’essere uno strumento, una comunità aperta alla vita reale, insomma il lievito per costruire, con altre forze, con altre storie, un’alternativa nel paese. Derubricare SEL a movimento, rinunciando anche a sperimentare il suo potenziale di innovazione politica, non è il cammino che ci eravamo dati.
Il secondo punto, più di merito, riguarda la prospettiva indicata da Nichi e riassunta nel titolo dell’articolo: noi e il PD in un nuovo soggetto. Non mi sembra questa la nostra ambizione. Superare i vecchi soggetti politici del centrosinistra in un cantiere che apra, in Italia e altrove, a una cultura e a una pratica politica di segno radicalmente nuovo è cosa ben diversa dalla fusione fredda tra noi e il partito di Bersani. Fondersi al PD oggi significa solo aggiungere una corrente di sinistra, organizzata e legittimata, al patchwork irrisolto che è stata fino ad ora l’esperienza dei Democratici. Peraltro in questi tre anni i risultati elettorali e politici hanno bocciato senza rimedio l’idea veltroniana di un partito a vocazione maggioritaria e onnivora. Noi e il PD insieme, anche se con un nome nuovo di zecca e quadri dirigenti rinnovati, saremmo figli di quella proposta. Sbagliata ieri e oggi.
Mescolare non vuol dire accorpare. Vuol dire costruire a sinistra un campo nuovo di forze che vadano bel oltre l’esperienza del PD e di SEL. Vuol dire ripensare un principio di rappresentanza che oggi è irrisolto (chi rappresenta davvero, nelle istituzioni, gli operai di Mirafiori? I precari delle università? Il ceto medio impoverito e arrabbiato?).
E’ un processo che non permette accelerazioni né semplificazioni, altrimenti si riproducono gli stessi errori che i Ds e la Margherita consumarono fondando insieme il PD. Non me ne vogliano Bettini e La Torre: il big bang non si annuncia girando un interruttore ma fabbricandone le condizioni culturali e politiche fuori dai nostri partiti ancor prima che nei nostri gruppi dirigenti. Ed essere noi e il PD cofondatori di un nuovo soggetto politico sarebbe oggi un’operazione tutta dentro il perimetro della politica più tradizionale.
Non è questa la nostra ambizione e non credo che sia questo il senso vero delle parole di Nichi, ma su questi passaggi, sdrucciolevoli se lasciati alle libere interpretazioni, è bene discutere senza l’ansia di arrivare ai titoli di coda della nostra storia. Siamo nati otto mesi fa: un po’ di strada a piedi, prima di archiviare SEL, vale ancora la pena farla.
Claudio Fava
......................................................
Confesso di essere un po’ stupito da alcune reazioni di stupore che hanno accolto l’intervista di Nichi Vendola al “Corriere della Sera”, come se questa rappresentasse un repentino cambiamento di rotta e non, invece, la declinazione concreta nelle condizioni date di quanto ci siamo riproposti sin dall’inizio dell’esperienza di Sinistra Ecologia e Libertà.
Nessuno, credo, mira ad archiviare Sel, che è in tutta evidenza un partito e non un movimento. Partito, però, che sa di non rappresentare in sé il punto d’arrivo. Partito che si differenzia programmaticamente da tutti gli altri perché non mette la propria sopravvivenza in testa alla lista delle priorità, come è abituale in ogni forza politica. Partito che considera l’impollinazione il suo primo dovere e che si dà come missione la nascita di una forza di sinistra ampia, radicalmente nuova, dotata di canali di comunicazione diretta con le realtà sociali che ambisce a rappresentare.
Questa è, del tutto esplicitamente e senza alcuna ambiguità, la nostra vocazione. Ma i percorsi concreti attraverso cui realizzarla dipendono dalle circostanze, dalle mutazioni repentine e spesso non prevedibili di un quadro politico e sociale traversato da trasformazioni rapidissime e profonde. Richiedono agilità e capacità di adattarsi con rapidità alle circostanze senza impegnarsi nella battaglia impossibile per adattare loro alle nostre aspettative.
Nel concreto, ci misuriamo oggi con un quadro in cui il big bang che avevamo previsto e atteso è di fatto già iniziato, e squassa non solo la sinistra ma l’intero assetto politico del Paese. Non ci si presenta nelle forme aduse di una scissione di partito. Non arriva nelle solite vesti: quelle di una spaccatura tra l’ala centrista e quella di sinistra del Partito democratico.
Però vedere il Pd scivolare spesso sulle nostre posizioni e rivendicare con orgoglio quelle primarie che aveva tanto contrastato, scoprire che molti dirigenti di quel partito, da Bettini a Vita, passando per il presidente della Toscana Rossi e Latorre… si accostano progressivamente ad analisi molto simili alle nostre, significa o no qualcosa d’importante? Possiamo considerarla una prima scossa tellurica profonda e destinata a moltiplicarsi o dobbiamo chiudere gli occhi perché quella trasformazione non si presenta sin nei particolari nella forma che avevamo previsto? Mentre assistiamo a reazioni scomposte di Fioroni e Follini, in nome della negazione in nuce della voglia di sinistra che c’è nel paese.
Anche io, come Claudio Fava, ritengo che sia da contrastare rigorosamente ogni tentazione di fusione a freddo. Ma una cosa è battere eventuali suggestioni del genere, tutt’altra rinunciare a intercettare quel che si agita nella sinistra di questo paese: nella sua rappresentanza politica e con forza infinitamente maggiore nelle sue radici sociali. Una cosa è bocciare in anticipo e senza appello ogni forma di ingegneria politicante, tutt’altra non vedere che sul tavolo, oggi, c’è l’obbligo di rimediare all’assenza, in Italia, di una forza politica che si richiami al socialismo e all’ambientalismo europeo.
A queste necessità, direi, cerca di rispondere l’analisi di Nichi, che io condivido in pieno. Discuterla e verificarla è sacrosanto e necessario. Scambiarla per un tentativo di “fusione fredda”, invece, è un abbaglio che rischia di portarci a fare di Sel l’ennesimo partitino statico e dedito all’autoconservazione. L’opposto di quel che vogliamo sia io che Claudio Fava.
Gennaro Migliore
VENDOLA APRE A CASINI E BERSANI CHIUDE A VENDOLA, DOMANI ALTRA PUNTATA
08/06/2011 19:42 | POLITICA - ITALIA
Bella mossa Niki, non c'è che dire, peccato però che ancora una volta la mossa del cavallo finisce che ti porta fuori della scacchiera, e disorienta i tuoi pedoni. Si perchè se l'intervista di stamattina doveva servire per smuovere le acque dentro il PD l'unico sparigliamento provocato è nelle fila di SEL. Basta vedere con quanta freddezza, se non ostilità, la mossa dell'apertura all'udc è stata accolta dai fan vendoliani.
A fine giornata poi è Pier Luigi Bersani a tirare le somme, facendo sapere che lui ha già molto da lavorare sul Partito Democratico. Una 'ditta' che va rafforzata, a maggior ragione dopo il successo alle amministrative e alla quale i democratici dedicheranno una direzione entro fine mese e una conferenza nazionale ad ottobre. Si perchè se c'è un nodo che Vendola non affronta è che le sue amministrative non sono andare come previsto e il PD sa guardare bene ai numeri, molto più che alla TV. Così il ritorno alla carica di Nichi Vendola sul partito unico trova una porta in ferro battuto, talmente spessa da rompersi le corna. «Con Nichi, costruiamo insieme l'alternativa di governo» dice il 'Bersy' credendo nel Nuovo Ulivo ma non nella fusione dei vari partiti. L'appello di Niki insomma non piace alla maggioranza dei democratici, che sono invece più interessati ad aprire i confini delle alleanze oltre il tradizionale centrosinistra che a fondersi. Del resto sono in una posizione di forza, visto che il big bang bertinottiano ha fatto cilecca e lo sparigliamento sembra che arrivi dopo il sol dell'avvenire. Poi ci sono i programmi, alle agenzie fa sapere un dirigente democratico che ci sono temi come il lavoro o l'immigrazione, sui quali «già abbiamo problemi a fare sintesi tra alleati, figuriamoci se dovessimo convivere nello stesso partito». Già, chissà la Fiom come l'ha presa l'apertura al partito unico con chi li vuole far fuori. Ma se la reazione degli ex Ds è quantomeno fredda - è sempre l'ansa a ricordarcelo - molto più duro è il niet che arriva dall'ala ex Dc del partito. Marco Follini, che vorrebbe mollare Idv e Sel per l'Udc, parla di «narrazione surreale» mentre va giù ancor più duro il deputato di area lettiana Guglielmo Vaccaro: «Non serve, rischia di farci molto male e di avvelenare l'essenza stessa del nostro progetto». Antonio Di Pietro sembra più interessato alla stretta sull'alleanza che a nuove strade: «L'importante è che ci diamo una mossa per la costruzione dell'alternativa». Insomma il Pd va avanti per la sua strada, barcollante ma va avanti, e non ha alcuna intenzione di cambiare linea, trovando anche l'appoggio della minoranza interna. Il che vuol dire alleanza larga, che, partendo dal centrosinistra, si rivolge anche al Terzo Polo. Ed è su questa apertura che proprio in queste ore si gioca una nuova partita dato che domani mattina è previsto un vertice, convocato da Bersani, sulla legge elettorale. Da quanto è dato sapere si prenderà in considerazione la bozza Bressa che, essendo un mix di proporzionale e uninominale, oltre a prevedere i collegi con il doppio turno, potrebbe allettare anche l'Udc, da sempre proporzionalista. Oggi è andata così, domani si attendono altre svolte a mezzo stampa, del resto mica possiamo parlare della crisi
L. ELETTORALE: BERSANI,PRONTA PROPOSTA,CONFRONTO OPPOSIZIONI SISTEMA MISTO A DOPPIO TURNO CON SOGLIA SBARRAMENTO
09/06/2011 11:05 | POLITICA - ITALIA
(ANSA) - ROMA, 9 GIU - Un sistema misto a doppio turno con una soglia di sbarramento e il diritto di tribuna. È questa la proposta di riforma della legge elettorale decisa oggi dal Pd in un vertice tra il segretario Pier Luigi Bersani e i big del partito. «L'attuale legge elettorale - afferma Bersani - è indecente. La nostra proposta non è nè ungherese nè svedese, nè turca ma italiana e attorno ad essa faremo una discussione aperta con le forze di opposizione perchè noi ai prossimi appuntamenti politici ed elettorali vogliamo andare dicendo che il Porcellum non va bene». Prima di depositare la proposta di legge, ha spiegato Bersani, «vogliamo discutere con le forze di opposizione».
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