CASALEGGIO CERCA IL PLAUSO DEI BANCHIERI
(8 Settembre 2013)
Il re Casaleggio è nudo. Si era presentato, assieme a Grillo, come guru antisistema. Ha raccolto tanti voti di operai e disoccupati. Ma è andato a cercare, a Cernobbio, il plauso dei banchieri e dei grandi capitalisti, che sono il cuore del sistema. Cui ha offerto i vantaggi di una repubblica Web: dove la scomparsa di partiti e sindacati, giornali può consentire alle classi dominanti un comando plebiscitario a basso costo. I discreti apprezzamenti raccolti in sala tra i capitalisti sono emblematici: non del fatto che la borghesia “ha scelto” il grillismo, ma del fatto che il grillismo è un'offerta per la borghesia. Contro gli operai e i disoccupati.
PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI
NE' BERLUSCONI, NE' RENZI, NE' GRILLO
UN FRONTE UNICO DI CLASSE PER UN'ALTERNATIVA DEI LAVORATORI
(9 Settembre 2013)
Un capitalista miliardario condannato per frode fiscale chiede di aggirare la legge che lui stesso ha votato. Un PD che governa col miliardario rivendica l'”applicazione della legge”: ma supplica il frodatore fiscale di continuare il sodalizio di governo.
L'unica cosa che non è in discussione è la continuità dell'azione di rapina sociale che PD, PDL, SC, conducono insieme da due anni, con la benedizione di Napolitano e dei capitalisti. Quella che ieri, con Monti, ha distrutto pensioni d'anzianità e articolo 18. E che oggi, con Letta, in soli quattro mesi, ha ulteriormente allargato la precarizzazione del lavoro ( contratti a termine senza causale); ha diminuito i controlli sulla sicurezza dei lavoratori; ha regalato miliardi di esenzione fiscale alle case di lusso ( IMU), scaricando l'onere su inquilini e comuni; ha annunciato ulteriori regalie al padronato attraverso una nuova operazione sul cuneo fiscale ( replicando la regalia di 5 miliardi varata da Prodi nel 2007 col voto delle..sinistre); ha annunciato nuove privatizzazioni industriali ( con licenziamenti allegati) per fare cassa e ridurre le tasse ai padroni; ha promesso al capitale finanziario nuovi tagli alla spesa sociale ( sanità) per pagare puntualmente gli interessi alle banche; ha intrapreso una revisione costituzionale mirata a rendere più forte il governo di questa rapina, e più debole chi voglia opporvisi.
Il punto allora non è se Letta sopravvive o cade, per iniziativa del bandito Berlusconi e/o per le contraddizioni precongressuali del PD. Non è se si ritorna al voto subito ( come vorrebbero parti di PDL e PD assieme a Grillo) o a marzo ( come vorrebbe Renzi). Il punto vero- e drammatico- è se il movimento operaio trova la forza per ribaltare la china. Per rovesciare questa politica di rapina. Per erigere il muro di una radicale opposizione di massa. Per imporre sullo scenario politico un proprio programma sociale indipendente, contrapposto al programma del padronato. Per spazzare via con un'azione di forza questo governo, e aprire il varco, dal basso, ad un'alternativa vera: in cui a comandare siano finalmente i lavoratori, e non i loro sfruttatori.
Oggi la forza del movimento operaio, già indebolita da tanti anni di compromissioni e cedimenti, viene tenuta congelata. 16 milioni di lavoratori salariati sono condannati dai propri dirigenti sindacali e politici non solo a subire passivamente la continuità della rapina di industriali e banchieri. Ma anche ad assistere passivamente da spettatori ad una partita politica tra i loro avversari ( Berlusconi, Renzi, Grillo), giocata contro di loro. La massima ambizione della burocrazia CGIL è quella di battere cassa presso il governo per conto degli industriali ( cuneo fiscale), e come sponda del PD. La massima ambizione di Vendola è quella di prenotare l'accordo di governo con Matteo Renzi, amico di Marchionne e Briatore. La massima ambizione di buona parte di ciò che resta del PRC è ricomporre l'intesa con Vendola: magari per via Landini o Rodotà.
Il risultato è che Grillo e Casaleggio- nel mentre corteggiano i banchieri di Cernobbio- possono continuare a presentarsi come l'unica “alternativa” a tanti operai e disoccupati. E che il populista confindustriale Renzi diventa un riferimento nel popolo della sinistra.
Occorre che il movimento operaio esca da questa situazione di immobilismo suicida.
E' necessario che tutte le sinistre politiche, sindacali, di movimento rompano con gli avversari dei lavoratori, e uniscano le proprie forze sul terreno del rilancio della mobilitazione sociale. Non bastano petizioni democratiche, o atti simbolici di presenza. Occorre mettere in campo la forza di massa di 16 milioni di lavoratori: unendo tutte le lotte di resistenza, e tutte le ragioni dell'opposizione sociale, in una mobilitazione prolungata e radicale, attorno ad un programma di lotta indipendente del mondo del lavoro. Che riconduca le rivendicazioni immediate ad una prospettiva apertamente anticapitalista.
Landini e Rodotà, assieme a Il Fatto e Repubblica, rivendicano l'”attuazione della Costituzione”. Ma l'unico modo di realizzare davvero quei principi “progressivi” che formalmente la Costituzione evoca, è rovesciare l'organizzazione capitalista della società che la stessa Costituzione protegge. Fuori da questa prospettiva anticapitalista, non c'è, al di là delle chiacchiere, la “difesa della Costituzione”. C'è il rischio serio di una deriva reazionaria dello scenario italiano, magari per via presidenzialista o plebiscitario/grillina.
Una radicale mobilitazione di classe non è solo l'unica via di un'alternativa vera. E' anche l'unica barriera “democratica” contro la reazione.
Il PCL si impegnerà in ogni lotta e movimento d'autunno, in ogni iniziativa di massa, sociale e democratica, per affermare e costruire questa prospettiva radicale di svolta.
L'unica cosa che non è in discussione è la continuità dell'azione di rapina sociale che PD, PDL, SC, conducono insieme da due anni, con la benedizione di Napolitano e dei capitalisti. Quella che ieri, con Monti, ha distrutto pensioni d'anzianità e articolo 18. E che oggi, con Letta, in soli quattro mesi, ha ulteriormente allargato la precarizzazione del lavoro ( contratti a termine senza causale); ha diminuito i controlli sulla sicurezza dei lavoratori; ha regalato miliardi di esenzione fiscale alle case di lusso ( IMU), scaricando l'onere su inquilini e comuni; ha annunciato ulteriori regalie al padronato attraverso una nuova operazione sul cuneo fiscale ( replicando la regalia di 5 miliardi varata da Prodi nel 2007 col voto delle..sinistre); ha annunciato nuove privatizzazioni industriali ( con licenziamenti allegati) per fare cassa e ridurre le tasse ai padroni; ha promesso al capitale finanziario nuovi tagli alla spesa sociale ( sanità) per pagare puntualmente gli interessi alle banche; ha intrapreso una revisione costituzionale mirata a rendere più forte il governo di questa rapina, e più debole chi voglia opporvisi.
Il punto allora non è se Letta sopravvive o cade, per iniziativa del bandito Berlusconi e/o per le contraddizioni precongressuali del PD. Non è se si ritorna al voto subito ( come vorrebbero parti di PDL e PD assieme a Grillo) o a marzo ( come vorrebbe Renzi). Il punto vero- e drammatico- è se il movimento operaio trova la forza per ribaltare la china. Per rovesciare questa politica di rapina. Per erigere il muro di una radicale opposizione di massa. Per imporre sullo scenario politico un proprio programma sociale indipendente, contrapposto al programma del padronato. Per spazzare via con un'azione di forza questo governo, e aprire il varco, dal basso, ad un'alternativa vera: in cui a comandare siano finalmente i lavoratori, e non i loro sfruttatori.
Oggi la forza del movimento operaio, già indebolita da tanti anni di compromissioni e cedimenti, viene tenuta congelata. 16 milioni di lavoratori salariati sono condannati dai propri dirigenti sindacali e politici non solo a subire passivamente la continuità della rapina di industriali e banchieri. Ma anche ad assistere passivamente da spettatori ad una partita politica tra i loro avversari ( Berlusconi, Renzi, Grillo), giocata contro di loro. La massima ambizione della burocrazia CGIL è quella di battere cassa presso il governo per conto degli industriali ( cuneo fiscale), e come sponda del PD. La massima ambizione di Vendola è quella di prenotare l'accordo di governo con Matteo Renzi, amico di Marchionne e Briatore. La massima ambizione di buona parte di ciò che resta del PRC è ricomporre l'intesa con Vendola: magari per via Landini o Rodotà.
Il risultato è che Grillo e Casaleggio- nel mentre corteggiano i banchieri di Cernobbio- possono continuare a presentarsi come l'unica “alternativa” a tanti operai e disoccupati. E che il populista confindustriale Renzi diventa un riferimento nel popolo della sinistra.
Occorre che il movimento operaio esca da questa situazione di immobilismo suicida.
E' necessario che tutte le sinistre politiche, sindacali, di movimento rompano con gli avversari dei lavoratori, e uniscano le proprie forze sul terreno del rilancio della mobilitazione sociale. Non bastano petizioni democratiche, o atti simbolici di presenza. Occorre mettere in campo la forza di massa di 16 milioni di lavoratori: unendo tutte le lotte di resistenza, e tutte le ragioni dell'opposizione sociale, in una mobilitazione prolungata e radicale, attorno ad un programma di lotta indipendente del mondo del lavoro. Che riconduca le rivendicazioni immediate ad una prospettiva apertamente anticapitalista.
Landini e Rodotà, assieme a Il Fatto e Repubblica, rivendicano l'”attuazione della Costituzione”. Ma l'unico modo di realizzare davvero quei principi “progressivi” che formalmente la Costituzione evoca, è rovesciare l'organizzazione capitalista della società che la stessa Costituzione protegge. Fuori da questa prospettiva anticapitalista, non c'è, al di là delle chiacchiere, la “difesa della Costituzione”. C'è il rischio serio di una deriva reazionaria dello scenario italiano, magari per via presidenzialista o plebiscitario/grillina.
Una radicale mobilitazione di classe non è solo l'unica via di un'alternativa vera. E' anche l'unica barriera “democratica” contro la reazione.
Il PCL si impegnerà in ogni lotta e movimento d'autunno, in ogni iniziativa di massa, sociale e democratica, per affermare e costruire questa prospettiva radicale di svolta.
PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI
LANDINI E L'”OCCUPAZIONE DELLE FABBRICHE”.
(9 Settembre 2013)
“Non firmeremo più accordi per la chiusura delle aziende. Le contrasteremo in ogni modo. Anche, se necessario, con l'occupazione della fabbrica”. Così ha dichiarato ieri Landini, nell'intervento pubblico all'Assemblea di Roma.
Verrebbe da dire “meglio tardi che mai”. L'occupazione delle fabbriche che chiudono o licenziano, è stata ed è una proposta centrale del Partito Comunista dei Lavoratori(PCL), soprattutto in questi anni di crisi capitalista. Tutte le direzioni sindacali e politiche della sinistra ( Landini incluso) l'hanno regolarmente respinta o ignorata perchè ”avventurosa”, “poco realista”, “pericolosa”, “ideologica”, e chi ne ha più ne metta. I risultati del “realismo” sono sotto gli occhi di tutti, a partire dalla FIAT.
Ora, non un dirigente qualsiasi, ma il segretario del principale sindacato della classe operaia industriale, riprende improvvisamente l'”occupazione della fabbrica” come mezzo di lotta contro lo smantellamento dell'industria e dei posti di lavoro.
Bene. Per essere credibili si tratta allora di passare dalle parole ai fatti. Nell'unico modo possibile: riorganizzando l'azione generale della FIOM attorno a una svolta radicale di indirizzo. Preparando concretamente le occupazioni di fabbrica, in caso di licenziamenti. Coordinandole nazionalmente. Avanzando questa proposta di lotta a tutti i settori in crisi. Preparando una cassa nazionale di resistenza a sostegno delle occupazioni. Combinando l'occupazione delle fabbriche che licenziano con la rivendicazione della loro nazionalizzazione, senza indennizzo e sotto controllo dei lavoratori.
Se Landini prendesse sul serio se stesso, il PCL sarebbe senza riserve al suo fianco: magari chiedendogli di ritirare, in nome della “svolta”, il gravissimo sostegno accordato all'”esigibilità dei contratti”, a copertura della burocrazia CGIL ( e del fallimento della propria linea).
Se invece si trattasse di una semplice battuta radicale da assemblea per strappare un applauso, ne prenderemo atto, senza sorpresa. Ma sarà più difficile per tutti i burocrati, d'ora in avanti, liquidare l'”occupazione delle fabbriche” con parole di sufficienza. E la nostra lotta per una svolta radicale del movimento operaio sarà, in ogni caso, più determinata di prima. Tra i lavoratori. E in ogni sindacato.
Verrebbe da dire “meglio tardi che mai”. L'occupazione delle fabbriche che chiudono o licenziano, è stata ed è una proposta centrale del Partito Comunista dei Lavoratori(PCL), soprattutto in questi anni di crisi capitalista. Tutte le direzioni sindacali e politiche della sinistra ( Landini incluso) l'hanno regolarmente respinta o ignorata perchè ”avventurosa”, “poco realista”, “pericolosa”, “ideologica”, e chi ne ha più ne metta. I risultati del “realismo” sono sotto gli occhi di tutti, a partire dalla FIAT.
Ora, non un dirigente qualsiasi, ma il segretario del principale sindacato della classe operaia industriale, riprende improvvisamente l'”occupazione della fabbrica” come mezzo di lotta contro lo smantellamento dell'industria e dei posti di lavoro.
Bene. Per essere credibili si tratta allora di passare dalle parole ai fatti. Nell'unico modo possibile: riorganizzando l'azione generale della FIOM attorno a una svolta radicale di indirizzo. Preparando concretamente le occupazioni di fabbrica, in caso di licenziamenti. Coordinandole nazionalmente. Avanzando questa proposta di lotta a tutti i settori in crisi. Preparando una cassa nazionale di resistenza a sostegno delle occupazioni. Combinando l'occupazione delle fabbriche che licenziano con la rivendicazione della loro nazionalizzazione, senza indennizzo e sotto controllo dei lavoratori.
Se Landini prendesse sul serio se stesso, il PCL sarebbe senza riserve al suo fianco: magari chiedendogli di ritirare, in nome della “svolta”, il gravissimo sostegno accordato all'”esigibilità dei contratti”, a copertura della burocrazia CGIL ( e del fallimento della propria linea).
Se invece si trattasse di una semplice battuta radicale da assemblea per strappare un applauso, ne prenderemo atto, senza sorpresa. Ma sarà più difficile per tutti i burocrati, d'ora in avanti, liquidare l'”occupazione delle fabbriche” con parole di sufficienza. E la nostra lotta per una svolta radicale del movimento operaio sarà, in ogni caso, più determinata di prima. Tra i lavoratori. E in ogni sindacato.
PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI
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