Sconfitta, vittoria? Come si può chiamare il
risultato della sinistra greca del 17 giugno scorso? Ne' l'una, ne' l'altra. O
forse tutte e due. Chi scrive era abbastanza convinto che ci fossero buone
possibilità per la Grecia di imboccare la strada giusta: sinistra
anticapitalista al governo del Paese e al timone di una transizione europea di
cui sempre più avvertiamo la necessità. Sì, perché il programma elettorale di
Syriza era di quelli che se applicati avrebbero provocato un terremoto in
un'Europa della finanza come questa. Ci sarebbe stata una inizialmente dolorosa
uscita dall'euro, che però avrebbe potuto portare la Grecia fuori dalla morsa
mortifera di agenzie di rating e banche, magari affidandosi a Stati non europei
a partire dalla Cina per arrivare alle repubbliche dell'America Latina come
Venezuela, Argentina o Brasile. Sarebbe stato un esempio per tutti gli stati
del sud Europa, soprattutto per i loro cittadini, che probabilmente si
sarebbero resi conto che un'altra via è pur possibile, basta un po' di coraggio
e la consapevolezza delle proprie idee. La sinistra al governo in Grecia,
insomma, avrebbe potuto rappresentare l'inizio di una rivoluzione non per le
misure immediatamente adottate nella penisola ellenica, ma soprattutto per il
processo di messa in discussione dell'impianto europeo che sarebbe scaturito
nel tempo.
Questo
non è accaduto e da questo punto di vista i risultati elettorali hanno
rappresentato una sconfitta. Ma una sconfitta ponderata, che probabilmente gli
stessi compagni greci avevano messo in conto. Il potere finanziario, infatti,
alla conclusione sopra illustrata c'era già arrivato e certo non avrebbe mai
voluto fare della Grecia un esempio per gli altri paesi indebitati e sotto
attacco speculativo ad uscire dal vortice. E così si è giocato la carta più
pesante ed efficace da sempre per tutti i poteri: la paura del cambiamento. Gli
analisti si sono impegnati a delineare su giornali e tv le prospettive più
fosche nell'eventualità di una vittoria della sinistra, i mercati hanno dimostrato
tutto il loro potere facendo crollare titoli e facendo volare lo spread a
livelli inaspettati, tutti i leader europei si sono messi a fare propaganda
elettorale in favore di Nuova Democrazia.
Il
risultato alla fine è stato ottenuto: molte persone hanno avuto paura e hanno
votato a destra. La formazione di Samaras ha recuperato un 10% che al primo
turno in gran parte era andato all'astensionismo. Segno che la paura del
barbaro, dello spettro, dei mangiabambini è ancora una carta utile e spendibile.
Ne
prendiamo atto, ben consapevoli che questo non è stato un sogno e non svanirà
al nostro risveglio. Il risultato greco non è una vittoria ma può diventarlo se
tutte le sinistre anticapitaliste d'Europa fanno fruttare il lavoro dei
compagni ellenici. La nostra via di uscita dalla crisi è l'uscita dal
capitalismo. Dobbiamo tenerci lontani dalle facili soluzioni di chi vuole
risolvere i problemi tagliando gli stipendi a 600 parlamentari e prendere a
fucilate i clandestini. Dobbiamo rimanere all'interno delle lotte e fornire una
sponda politica allo scoramento provocato dalla crisi. La Grecia ci ha
dimostrato che la transizione sarà lunga, ma che è possibile.
Marxo
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