Esplode la rabbia dei lavoratori Indesit
L’Indesit ha presentato un piano per il riassetto del gruppo italiano che prevede 1425 esuberi (su circa 4000 addetti). La decisione è quella di inseguire la manodopera a basso costo in Polonia e in Turchia. Ma viene mascherata da una promessa di investimenti in Italia.
Già nel 2009 era stato promesso un investimento di “120 milioni e la migrazione della produzione di lavabiancheria a Caserta”.
Il risultato invece è stato la chiusura di tre stabilimenti (Brembate, None e Refrontolo) e la non ricollocazione dei dipendenti a cui nel marzo 2013 è scaduta la cassaintegrazione.
Sulla scia del Marchionne-pensiero la logica degli esuberi è l’altra faccia della medaglia del maggior sfruttamento della capacità lavorativa degli operai che restano. Per questo sono previsti i nuovi licenziamenti.
La risposta dei lavoratori dal Nord al Sud è stata immediata: manifestazioni, scioperi articolati, blocchi stradali e occupazione della direzione aziendale.
Alla manifestazione di Caserta il clima era di estrema determinazione.
I lavoratori si opponevano fermamente a qualsiasi proposta tesa a risolvere la vertenza attraverso l’introduzione di ammortizzatori sociali: “non è di palliativi che abbiamo bisogno ma di difendere gli impianti produttivi e i posti di lavoro. L’Indesit non si tocca!”.
Le burocrazie sindacali, invece, erano già aperte a queste soluzioni in nome dell’unità sindacale e dei tavoli istituzionali, e hanno fatto di tutto per provare a moderare e dividere i lavoratori.
Secondo il Consiglio Regionale Campano: “la regione è già pronta ad intervenire sugli ammortizzatori sociali”.
Bonanni (CISL) ci va a nozze con la scusa che la cassaintegrazione serva a riformare la professionalità dei lavoratori: “se restiamo sul bianco gli altri ci surclasseranno”.
Zanonato (ministro dello sviluppo) dice che per rilanciare la competitività “dobbiamo accompagnare le aziende con vari tipi di contratti affinché non delocalizzino”.
L’idea è sempre la stessa: lavorare in meno, lavorare di più.
Questa proposta viene fatta non in un contesto di crisi, tant’ è che l’Indesit ha chiuso il primo trimestre 2013 , con ricavi di 597,7 milioni: aumentando i ritmi, facendo lavorare i dipendenti anche il fine settimana, accorciando le ferie, etc.
In una zona martoriata dalla disoccupazione giovanile (in Campania oltre il 51%) e dalla desertificazione industriale imperante, l’ennesimo attacco ai posti di lavoro è inaccettabile. Ai lavoratori Indesit abbiamo portato la nostra solidarietà. La risposta è stata entusiasta.
Infatti abbiamo diffuso 16 FalceMartello, 18 Radiofabbrica e 32 lavoratori ci hanno lasciato il numero di telefono per continuare la discussione.
C’è una forte richiesta di partecipazione; verso le organizzazioni sindacali una preoccupazione diffusa che si gestisca la vertenza secondo i soliti rituali fatti di moderazione e compromesso sulla pelle dei lavoratori.
La presenza dei compagni di Sempre in Lotta è stata significativa. I giovani erano lì a difendere il loro futuro.
Solo unendo le forze si possono respingere i feroci attacchi ai diritti sociali che prepara il governo Letta- Alfano, che bene incarna gli interessi padronali.
La logica del “siamo tutti sulla stessa barca” è la logica che già negli anni ’80 ha regalato l’Indesit a Merloni, costata il dimezzamento degli addetti e la socializzazione delle perdite, sotto la gestione Prodi, quando l’azienda è stata svenduta all’asta.
I lavoratori son ben coscienti che gli ammortizzatori sociali spostano solo il problema e non evitano la chiusura degli stabilimenti.
I padroni non si accontentano mai, la razionalizzazione dell’assetto produttivo ha come unica bussola la logica dell’insaziabilità del profitto.
A partire dallo sciopero del gruppo del 12 luglio è necessario rilanciare una strategia all’altezza della situazione. Bisogna estendere e generalizzare le mobilitazione, farle esprimere anziché ingabbiarle. Bisogna andare verso uno sciopero generale ad oltranza contro la politica aziendale.
La manifestazione del 13 giugno a Caserta ha dimostrato che esiste una forte volontà di lotta tanto è vero che è partita spontaneamente, nonostante l’iniziale negativa dei dirigenti sindacali, che ritenevano inutile fare “una manifestazione di 10km sotto il sole”.
Il corteo non era autorizzato, ma quando la polizia si è imbattuta nella massa di lavoratori infuriati, non ha potuto far altro che cedere il passo.
È solo l’inizio!
di Vincenzo Tarallo
ViceVersa - i nostri servizi
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
ShareThis
Post più popolari
-
Riforma costituzionale, i manifesti con Ingrao e Nilde Iotti per il 'sì'. Celeste: 'Non strumentalizzate mio padre'
-
Nuova TARI? No, stessi problemi La scorsa settimana è stata affrontata prima nella Commissione Bilancio poi nel Consiglio Comunale la n...
-
Bagdad strage di bambini: 80 morti Camion bomba nel quartiere in festa - Corriere.it
-
Vedi alla lettera Q. Il trasversale viaggio di Un viaggio che non promettiamo breve #WM1viaggioNoTav - Giap
-
Nuestra campaña: "La izquierda al gobierno, el pueblo al pode Colabora con nuestra campaña: "...
-
Il Centro di cultura e documentazione Popolare, Via Pisa 41 - Torino, ti invita alla lettura delle notizie pubblicate sul sito www.resisten...
-
Cronache di ordinario razzismo - Uno squadrone della morte nella provincia italiana
-
Referendum costituzionale, Arci e Anpi insieme per spiegare i motivi del sì e del no
-
REFERENDUM COSTITUZIONALE: RENZI SCHIERA LE SUE TRUPPE. ORGANIZZIAMO LA RISPOSTA PROLETARIA OPERAIA E POPOLARE SVILUPPANDO LA MO...
-
[Empolese Valdelsa] Raccolta fondi di Rifondazione per i terremotati - gonews.it
Nessun commento:
Posta un commento