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giovedì 4 luglio 2013

Esplode la rabbia dei lavoratori Indesit

Esplode la rabbia dei lavoratori Indesit

L’Indesit ha presentato un piano per il riassetto del gruppo italiano che prevede 1425 esuberi (su circa 4000 addetti). La decisione è quella di inseguire la manodopera a basso costo in Polonia e in Turchia. Ma viene mascherata da una promessa di investimenti in Italia.
Già nel 2009 era stato promesso un investimento di “120 milioni e la migrazione della produzione di lavabiancheria a Caserta”.


Il risultato invece è stato la chiusura di tre stabilimenti (Brembate, None e Refrontolo) e la non ricollocazione dei dipendenti a cui nel marzo 2013 è scaduta la cassaintegrazione.
Sulla scia del Marchionne-pensiero la logica degli esuberi è l’altra faccia della medaglia del maggior sfruttamento della capacità lavorativa degli operai che restano. Per questo sono previsti i nuovi licenziamenti.
La risposta dei lavoratori dal Nord al Sud è stata immediata: manifestazioni, scioperi articolati, blocchi stradali e occupazione della direzione aziendale.
Alla manifestazione di Caserta il clima era di estrema determinazione.
I lavoratori si opponevano fermamente a qualsiasi proposta tesa a risolvere la vertenza attraverso l’introduzione di ammortizzatori sociali: “non è di palliativi che abbiamo bisogno ma di difendere gli impianti produttivi e i posti di lavoro. L’Indesit non si tocca!”.
Le burocrazie sindacali, invece, erano già aperte a queste soluzioni in nome dell’unità sindacale e dei tavoli istituzionali, e hanno fatto di tutto per provare a moderare e dividere i lavoratori.
Secondo il Consiglio Regionale Campano: “la regione è già pronta ad intervenire sugli ammortizzatori sociali”.
Bonanni (CISL) ci va a nozze con la scusa che la cassaintegrazione serva a riformare la professionalità dei lavoratori: “se restiamo sul bianco gli altri ci surclasseranno”.
Zanonato (ministro dello sviluppo) dice che per rilanciare la competitività “dobbiamo accompagnare le aziende con vari tipi di contratti affinché non delocalizzino”.
L’idea è sempre la stessa: lavorare in meno, lavorare di più.
Questa proposta viene fatta non in un contesto di crisi, tant’ è che l’Indesit ha chiuso il primo trimestre 2013 , con ricavi di 597,7 milioni: aumentando i ritmi, facendo lavorare i dipendenti anche il fine settimana, accorciando le ferie, etc.
In una zona martoriata dalla disoccupazione giovanile (in Campania oltre il 51%) e dalla desertificazione industriale imperante, l’ennesimo attacco ai posti di lavoro è inaccettabile. Ai lavoratori Indesit abbiamo portato la nostra solidarietà. La risposta è stata entusiasta.
Infatti abbiamo diffuso 16 FalceMartello, 18 Radiofabbrica e 32 lavoratori ci hanno lasciato il numero di telefono per continuare la discussione.
C’è una forte richiesta di partecipazione; verso le organizzazioni sindacali una preoccupazione diffusa che si gestisca la vertenza secondo i soliti rituali fatti di moderazione e compromesso sulla pelle dei lavoratori.
La presenza dei compagni di Sempre in Lotta è stata significativa. I giovani erano lì a difendere il loro futuro.
Solo unendo le forze si possono respingere i feroci attacchi ai diritti sociali che prepara il governo Letta- Alfano, che bene incarna gli interessi padronali.
La logica del “siamo tutti sulla stessa barca” è la logica che già negli anni ’80 ha regalato l’Indesit a Merloni, costata il dimezzamento degli addetti e la socializzazione delle perdite, sotto la gestione Prodi, quando l’azienda è stata svenduta all’asta.
I lavoratori son ben coscienti che gli ammortizzatori sociali spostano solo il problema e non evitano la chiusura degli stabilimenti.
I padroni non si accontentano mai, la razionalizzazione dell’assetto produttivo ha come unica bussola la logica dell’insaziabilità del profitto.
A partire dallo sciopero del gruppo del 12 luglio è necessario rilanciare una strategia all’altezza della situazione. Bisogna estendere e generalizzare le mobilitazione, farle esprimere anziché ingabbiarle. Bisogna andare verso uno sciopero generale ad oltranza contro la politica aziendale.
La manifestazione del 13 giugno a Caserta ha dimostrato che esiste una forte volontà di lotta tanto è vero che è partita spontaneamente, nonostante l’iniziale negativa dei dirigenti sindacali, che ritenevano inutile fare “una manifestazione di 10km sotto il sole”.
Il corteo non era autorizzato, ma quando la polizia si è imbattuta nella massa di lavoratori infuriati, non ha potuto far altro che cedere il passo.
È solo l’inizio!

di Vincenzo Tarallo

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