venerdì 30 dicembre 2011

La vendita delle terre di proprietà pubblica deve essere fermata!

Agricoltura Contadina – La vendita delle terre di proprietà pubblica  
deve essere fermata!

Comunicazioni di servizio Paolo D'Arpini
Si sono venduti l’energia, i trasporti, gli acquedotti, gli immobili,  
le strade e adesso si vendono pure la Madre.
Un paese che vende le terre agricole pubbliche rinuncia  
definitivamente alla propria Sovranità Alimentare.
Non è con la vendita ma con una progettazione sana e lungimirante di  
valorizzazione del patrimonio che si costruisce un’economia sana e si  
protegge il territorio da devastanti speculazioni.

Forse non tutti sanno che l’art.7 della legge del 12 novembre 2011  
programma in tempi rapidi l’alienazione (vendita) dei terreni agricoli  
demaniali. La fine arguzia degli emendamenti apportati dal più recente  
Decreto Monti è addirittura peggiorativa estendendo il provvedimento  
ai terreni “a vocazione agricola”.

Eccoci dunque arrivati a quella che potrebbe essere l’ultima tappa di  
un oscuro cammino iniziato 2 decenni fà circa, un processo di svendita  
dei beni pubblici a privati in nome di una più efficente gestione,  
come se la logica del profitto privato avesse mai reso dei servigi  
alla collettività. Si sono venduti l’energia, i trasporti, gli  
acquedotti, gli immobili, le strade e adesso si vendono pure la Madre:  
si vogliono vendere la terra in un contesto internazionale dove stà  
crescendo a ritmo costante il fenomeno denominato Land Grabbing,  
l’accaparramento di terreni agricoli da parte di soggetti  
economicamente forti (paesi in forte crescita e multinazionali). Ecco  
quindi chi sono i veri destinatari di questa manovra, non certo i  
giovani imprenditori agricoli di cui parla il comma 2: “…al fine di  
favorire lo sviluppo dell’imprenditorialità agricola giovanile è  
riconosciuto il diritto di prelazione ai giovani imprenditori  
agricoli.” Garantire l’accesso alla terra ai giovani o a chiunque  
voglia lavorarla non vuol dire garantirne la proprietà e la  
compravendita – meccanismo questo che per un giovane agricoltore  
comporta l’indebitamento con le banche – bensì elaborare una serie di  
normative che favoriscano e sostengano chi vuole iniziare un’attività  
agricola mettendogli a disposizione l’uso agricolo della terra  
garantito contro ogni possibile speculazione.

Proseguendo invece nella lettura del comma 2, che con tanto nobili  
propositi era cominciato, si legge: “Nell’eventualità di incremento di  
valore dei terreni alienati derivante da cambi di destinazione  
urbanistica intervenuti nel corso del quinquennio successivo alla  
vendita, è riconosciuta allo Stato una quota pari al 75% del maggior  
valore acquisito dal terreno rispetto al prezzo di vendita.” Quindi lo  
stato si limita a disincentivare il cambiamento d’uso dei terreni per  
soli 5 anni senza altra garanzia di salvaguardia ambientale; anzi  
considera possibile un loro cambio di destinazione già nel primo  
quinquennio successivo alla vendita.
Concludendo questa lettura troviamo lapidario il comma 5: “Le risorse  
nette derivanti dalle operazioni di dismissioni di cui ai commi  
precedenti sono destinate alla riduzione del debito pubblico.” Le  
risorse nette derivanti equivarrebbero a circa 6 miliardi di euro, una  
goccia nel mare del debito (circa 1800 miliardi) quando il costo  
stimato delle opere per la TAV in Val di Susa è di 20 miliardi! Con il  
risultato di essersi sbarazzati del patrimonio senza tappare alcun  
buco di bilancio.

A questo punto sentiamo l’urgenza di dire che un paese che vende le  
terre agricole pubbliche è un paese che rinuncia definitivamente alla  
propria Sovranità Alimentare, è un paese che mette con prepotenza  
l’interesse privato al di sopra del bene comune, è un paese che non  
saprà come raccontare ai propri figli che si è venduto la terra in  
nome del bilancio finanziario.

La vendita delle terre dello stato deve essere fermata!

Ridiscutiamo, invece, le modalità di gestione delle terre agricole di  
proprietà degli enti pubblici!

Noi rete delle associazioni contadine proponiamo che le terre di  
proprietà pubblica individuate in base all’art. 7 della legge di  
stabilità siano oggetto non di vendita ma di nuovi piani di allocazione:
-che ci si indirizzi verso affitti di lunga durata a prezzi equi a  
favore di agricoltori o aspiranti tali, sulla base di progetti che  
escludano attività speculative.
-si favorisca l’agricoltura contadina di piccola scala,che è l’unica  
che può sfamare il mondo senza causarne il dissesto, ma anzi  
arricchendolo e preservandone la biodiversità seguendo le richieste  
della Campagna per l’Agricoltura Contadina http://www.agricolturacontadina.org/ 
  .
-si prediligano progetti di cohousing, cioè di condivisione solidale  
dei beni e delle risorse, perchè la buona agricoltura è quella fatta  
con tante braccia pensanti e con poche macchine.
-si individuino nelle associazioni dei consumatori organizzati i  
soggetti mediatori tra le istituzioni e le realtà contadine che  
andrebbero a insediarsi.
-si renda possibile la costruzione con materiali naturali di  
abitazioni rurali a bassissimo impatto ambientale come legno e paglia,  
ma totalmente vincolate all’attività agricola. Questo perchè chi  
lavora la terra deve anche poterla abitare.

Rete delle Associazioni per l’Agricoltura Contadina
Con l’adesione di Circolo Vegetariano VV.TT.
e Rete Bioregionale Italiana

P.S. Di quersto argomento se ne discuterà ancora durante l’Incontro  
Collettivo Ecologista previsto a Aprilia (presso il podere del  
vetiver) dal 22 al 24 giugno 2012, in occasione del Solstizio Estivo

Info: Paolo D’Arpini -  circolo.vegetariano@libero.it

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