LA MIA GENERAZIONE É MORTA A GENOVA
La mia generazione è stata cancellata nel giugno del 2001 a Genova. Non solo sotto il profilo politico, ma anche sotto il profilo sociale (forse affettivo). Cancellata con il sangue: il sangue di Carlo Giuliani e di tutti coloro che in quei giorni si videro ferire dentro e fuori dalle forze antidemocratiche e fasciste che da sempre e tuttora governano il nostro paese. Nessuno ha pagato, nessuno pagherà per quelle violenze, per la deliberata volontà di colpire a morte un movimento internazionale e pacifista, radicalmente alternativo a un modello di sviluppo e di politica. Quel movimento continua ancora oggi a lavorare e a elaborare nuove politiche, ma ha perso, almeno in Italia, quella vocazione popolare e direi anche di massa. Le forze politiche allora vicine a quelle tematiche si spaventarono e non seppero (vollero?) più cercare un dialogo con quel movimento, si ripiegarono su sé stesse e oggi rappresentano una minuscola parte della società. Ma la lezione di quegli anni non può e non deve essere perduta, la volontà di incontrarci e studiare, capire e conoscere per affrontare con cognizione di causa le politiche dei governi (troppo spesso anche governi di Centro-Sinistra).
Quel movimento aveva scelto di ritrovare le strade e le piazze, di portare le proprie idee fra la gente, di confrontarsi, anche duramente, con chi pensava che ci fosse un’ unica strada, un’unica soluzione ai problemi. C’erano giovani di diverse appartenenze politiche: il volontariato laico e quello cattolico, c’erano i sindacati di base, la Rete Lilliput, i partiti della sinistra; c’era l’incontro con realtà politiche e culturali provenienti da ogni parte del mondo. C’era il sogno del cambiamento e ciascuno era disposto a giocarsi un pezzo della sua vita e delle sue idee per costruire una storia più grande, una storia diversa. Quel sogno venne cancellato in quei giorni di giugno con la violenza, con la mattanza della scuola Diaz, con il Lager di stato di Bolzaneto. Furono picchiati a sangue studenti minorenni, ragazze, donne e uomini anziani, giornalisti, medici; si rividero nei cortei i poliziotti in borghese e armati, si ritrovò, dopo tanti anni, la pratica della caccia all’uomo nei cortili, nei vicoli, nei portoni. Esseri umani privati della propria dignità furono costretti sotto minaccia ad alzare il braccio destro per fare il saluto romano, giovani donne furono terrorizzate con minacce sessuali degne delle SS.
Dopo Genova cambia la storia del nostro paese, la politica si rattrappisce, le ambizioni del movimento non trovano più i canali di dialogo che c’erano prima. Dopo Genova, migliaia di giovani ritornano a casa con una lezione dolorosissima: in Italia non c’è la democrazia e non c’è mai stata. Certo, ricordo con commozione e per più di un motivo le stupende manifestazioni degli anni seguenti (manifestazione per la pace a Roma, febbraio 2003; il Social Forum a Firenze, novembre 2002; la grande manifestazione sindacale del Circo Massimo, marzo 2002), ma si trattava della coda del fenomeno, delle ultime ondate di democrazia partecipata. Chi ha quasi trenta anni oggi non può più fare la storia, ci hanno come sterilizzato a Genova, chi oggi ha venti anni o poco più sembra distante dalla politica o affolla le adunate del predicatore populista Grillo (fenomeno pericolosissimo e sottovalutato). Dobbiamo tornare a parlare alla gente ma soprattutto ai ragazzi, raccontargli la storia vera del movimento No Global, la storia di Genova e di Porto Alegre, la storia di milioni di uomini e donne che sognarono un cambiamento radicale della vita. Solo da quella storia possiamo ripartire.
Devo questa riflessione a una canzone che mi è tornata in mente dopo tanto tempo, prima l’ho fischiettata, poi ho emesso suoni con la voce, mi sono accorto che non era la mia lingua; era francese, pronunciato da uno (io) che del francese non sa nulla. Sono andato a riascoltarmela, era ancora più bella di quando l’avevo lasciata o perduta o dimenticata. Gli ultimi versi fanno così:
Ce parfum de nos années mortes/Ceux qui peuvent frapper à ta porte/
Infinité de destin/On en pose un, qu'est-ce qu'on en retient?//Le vent
l'emportera//Pendant que la marée monte/Et que chacun refait ses
comptes/J'emmène au creux de mon ombre/Des poussières de toi/Le vent
les portera/Tout disparaîtra mais/Le vent nous portera
( questo profumo dei nostri anni morti/quelli che possono bussare alla
tua porta/l'infinità del destino/Ne abbandoniamo uno, che cosa ci resta?/
il vento porterà via tutto/mentre si alza la marea/e tutti rifanno i propri
conti/io mi ritrovo al centro della mia ombra ceneri di te/il vento le
porterà/Tutto sparirà ma/il vento ci guiderà).
Le Vent Nous Portera, Noir Desir.
Alessandro Cei
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