martedì 25 ottobre 2011

Un colpo di Stato nell'Unione Europea



Un colpo di Stato nell'Unione Europea

Susan George*
Le pretese dei lavoratori europei di avere stipendi e condizioni lavorative migliori, vite lavorative più brevi, generose liquidazioni, ferie lunghe e tempo libero per questo e per quell'altro devono essere tenute sotto controllo! A tutto c'è un limite!
Dobbiamo essere grati che la Commissione Europea abbia le risposte giuste. Presto il modello neoliberista diventerà irreversibile e tutti questi pretenziosi nuovi ricchi dovranno tacere una volta per tutte. Ed era ora. Con una brillante mossa, la Commissione ha proposto un pacchetto di misure chiamato il "six-pack", ovvero una confezione da sei (un gioco di parole, "six-pack" si riferisce anche ai cosiddetti addominali da tartaruga, ndt), un nome allegro che evoca feste dove la birra scorre a fiumi. Questo pacchetto è piuttosto più austero e darà alla Commissione una leva finora sconosciuta negli affari dei suoi Stati membri.
Con un voto risicato, lo scorso 28 settembre il Parlamento Europeo ha approvato il piano della Commissione, un'assunzione di potere di ampio respiro sulla capacità dei singoli Stati di stabilire i propri bilanci e di gestire i propri debiti sovrani. Da ora in poi, il Parlamento e il Consiglio (con la Commissione naturalmente in supervisione del processo) saranno in grado di costringere i governi a rispettare le raccomandazioni del Trattato di Maastricht, note anche come "Patto di Crescita e Stabilità" cui recentemente gli Stati membri avevano prestato poca preziosa attenzione. Dopo il 2005 questo Patto è parso quasi una singolare reliquia. Ma adesso, grazie al "six-pack", non saranno tollerati deficit superiori al 3%, né debiti nazionali superiori al 60% del Pil. Queste persone hanno bisogno di rigida disciplina, non bisogna commettere errori.
Cominciando con il 2012, gli europarlamentari e il Consiglio analizzeranno i bilanci nazionali prima ancora che i Parlamenti nazionali possano esprimersi in alcun modo o persino che possano avere la possibilità di vederli. Se gli Stati non diminuiscono il loro debito abbastanza rapidamente o se rifiutano i "suggerimenti" di bilancio di Bruxelles, entreranno in campo le misure obbligatorie. In caso di ulteriore recalcitranza da parte degli Stati membri, la sanzione può comportare il deposito o il pagamento a fondo perduto dello 0,01, lo 0,02 o persino lo 0,05% del Pil del paese all'Unione Europea, a seconda di come severamente venga giudicata la non conformità dello Stato. Nel caso, ad esempio, della Francia, con un Pil di circa 1,9 trilioni di euro, la Commissione potrebbe richiedere un deposito o una multa da 20 miliardi a 40 miliardi di euro, o persino 100 miliardi, se la Commissione decidesse di portare le sanzioni allo 0,05% del Pil.
In linea con i soliti metodi tacitamente efficaci della Commissione, queste misure permanenti del "six-pack" hanno fatto tutto l'iter fino a essere approvate senza la minima increspatura, con poco dibattito e un coinvolgimento della cittadinanza pari a zero. La maggioranza degli europei non hanno la benché minima idea che sia avvenuto un cambiamento, tanto meno un attacco selvaggio alla capacità di governo delle proprie nazioni. Grazie a questa legislazione, possiamo far conto sul potere duraturo della dottrina neoliberista in tutta Europa, particolarmente nell'eurozona, dove i funzionari eletti vengono espropriati del loro diritto di redigere i bilanci da altri funzionari che non devono rendere conto a nessuno. Hanno perso il diritto di dire la loro sulla politica monetaria già molto tempo addietro.
Il "six-pack", grazie anche alla maggioranza europarlamentare di destra, è ora saldamente radicato e sarà difficile se non impossibile renderlo reversibile. In qualsiasi altro luogo, si sarebbero potute sentire frequenti accuse di un colpo di Stato contro i governi e le popolazioni degli Stati membri. Ma per ora, tutto è calmo sul fronte dell'Ue.
Simultaneamente, la Commissione sta spingendo gli Stati membri a seguire un'altra parte dello scenario neoliberista, attraverso una serie di altre direttive che assicurano settimane e vite lavorative più lunghe e il graduale allineamento di stipendi e benefici sociali secondo i denominatori comuni più bassi. Questo processo potrà essere un po' più lento, ma sarà anche potenziato dal "six-pack".
La Corte di Giustizia Europea sta facendo la sua parte, particolarmente per il secondo obiettivo, con almeno quattro giudizi separati che obbligano i lavoratori ad accettare salari sotto la norma, persino quando lavorano in paesi con forti leggi a protezione dei lavoratori, come la Svezia o la Finlandia.
Si deve ammirare la capacità di discrezione della Commissione e quella di fare le cose senza turbare i cittadini o i Parlamenti nazionali degli Stati membri. L'apparente complessità tecnica della realizzazione delle misure e del processo contribuisce a tenere tutto a bada, nonostante queste misure siano realmente piuttosto dirette (e che, si potrebbe aggiungere, lasciano ovunque impronte digitali tedesche).
Nel contempo, i media neoliberisti non scorgono motivi per questionare quanto sta accadendo dietro le quinte a Bruxelles e coadiuvano a contenere la protesta, fino a che per i cittadini sarà troppo tardi per intervenire. Tutto questo preannuncia vittorie più grandi per il neoliberismo e il fallimento delle economie europee. No, scusate, fallimento per il 90% della popolazione. Per il resto andrà bene. Non c'è niente di che preoccuparsi. Come descritto da Martin Wolf sul Financial Times, dove ha recentemente parafrasato Tacito per descrivere la situazione europea: «Hanno creato un deserto e lo chiamano stabilità».
*membro del TransNational Institute, presidente del Consiglio del Tni, presidente onorario di Attac France

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