http://perlalottacontinua.splinder.com/
E' ufficiale: il rischio di contaminazione e progressiva distruzione dei due principali polmoni terrestri è ormai conclamato. A minacciare la foresta amazzonica e la foresta pluviale del Congo, ironicamente, è la stesso tipo di infrastruttura: una centrale idroelettrica.
Della diga di Belo Monte in Brasile, sorta sul fiume Xingu, ne ha già parlato questo blog attraverso la traduzione dell'articolo della rivista "Nature". Sul versante africano, a portare la notizia alla ribalta nazionale è l'attento Luca Manes, nella rubrica "TerraTerra", dalle pagine de "Il manifesto".
Questioni come queste devono essere viste, oggi, in una prospettiva piu' ampia, che non si limiti ai fattori ecologici e di rispetto sociale ma che prenda in forte considerazione il tema delle risorse energetiche e del loro impiego: sarà l'acqua l'oro del terzo millennio. E non è quindi casuale che due Paesi, di cui uno in pieno e florido sviluppo a livello globale, decidano di costruire imponenti infrastrutture per la produzione di energia calpestando pesantemente due risorse naturali non rinnovabili ed indispensabili per il pianeta quali l'Amazzonia e la foresta pluviale.
Il progetto studiato dai governi di Sudafrica e Repubblica Democratica del Congo supera ogni ambizione ed aspettativa: l'accordo siglato prevede la nascita di una mega centrale idroelettrica a ridosso delle grandi cascate di Inga, nel fiume Congo. Significativamente, a dare l'annuncio dell'interesse di Capetown al progetto fu nel febbraio 2005 Reuel Khoza, presidente della corporazione elettrica ESKOM.
"Grand Inga", questo il nome del progetto, avrà a pieno regime una capacità produttiva di 40.000 megawatt, quattro volte quella della già maestosa centrale in costruzione a Belo Monte, il doppio di quella delle Tre Gole in Cina. Il colosso, alto oltre 200 metri, sarà composto da 52 turbine e ciascuna sarà in grado di produrre circa 750 megawatt autonomamente; la sua realizzazione è prevista tra il 2020 ed il 2025 secondo i calcoli dei costruttori e le stime del Consiglio Mondiale per l'Energia (WEC in inglese).
Potenzialmente, il Bacino del Congo con le sue cascate Inga ed i suoi quasi 4 milioni di chilometri quadrati è in grado di fornire oltre 100.000 megawatt di energia.
Un quadro completo ed approfondito della fattispecie che analizza ogni aspetto della realizzazione di quest'opera è consultabile nell'archivio telematico della Tufts University, raggiungibile QUI (in inglese).
Per una simile struttura i costi non sono certo indifferenti: gli 80 miliardi di dollari circa richiesti per il completamento, piu' ulteriori 10 miliardi per le linee di trasmissione, sono fuori dalla portata dei due Paesi all'opera. E' qui che entrano in gioco le piu' grandi linee di finanziamento del pianeta: Banca Mondiale (World Bank Group), Banca Africana per lo Sviluppo (African Development Bank), Banca Europea per gli Investimenti (European Investment Bank). Un investimento (appunto) a lungo termine in cambio di condizioni favorevoli ed agevolazioni sull'utilizzo ed il trasporto del prodotto oltre l'Equatore, nel Nord del mondo. A questi soggetti andranno via via aggiunti importanti istituti finanziari privati, di provenienzia perlopiu' europea.
L'imponente centrale sarebbe la quarta a sorgere in quest'area: tre "Inga" sono infatti già state completate dal regime trentennale di Joseph Mobutu tra la metà degli anni '60 e la metà degli anni '90 (1965-1997). Due di queste, Inga 1 ed Inga 2 hanno già fatto sentire il loro peso su equilibrio ecologico e biodiversità. Nonostante l'area dove sorgerebbe "Grand Inga" sia scarsamente popolata, gli effetti negativi intaccherebbero ulteriormente la prospiciente foresta pluviale e, sul medio-lungo periodo, la popolazione locale. La quale tanto per cambiare sarà quella a pagare piu' duramente l'opera, dato che dal progetto si evince che gli autoctoni saranno tagliati fuori da una distribuzione pensata ad ampio raggio, capace di estendersi fino al Maghreb e forse, soggetti investitori permettendo, fino all'Europa mediterranea.
In un contesto mondiale in cui l'Occidente vacilla confuso e l'Est ha a che fare con il risveglio delle coscienze di classe (vedasi Russia, India e Cina su tutti) l'Africa gioca ancora il ruolo della carta da sfruttare attraverso l'appoggio a dittature militari, il permissivismo internazionale per le guerre a sfondo etnico e razziale che sfociano in veri, inarrestabili genocidi, l'occupazione e la "ricostruzione" portata avanti da chi fino al giorno prima aveva armato donne, uomini e bambini. Per il popolo del Bacino del Congo, l'ulteriore beffa di poter "guardare ma non toccare" lo sviluppo del Nord.
Ammesso che una simile opera possa essere completata ed entrare in funzione prima che un nuovo terremoto politico-militare scuota un'area che storicamente non ha mai vissuto a lungo in pace.
M.L.
Nessun commento:
Posta un commento