lunedì 10 giugno 2013

"Deumanizzazione”, il saggio di Chiara Volpato


"Deumanizzazione”, il saggio di Chiara Volpato

E’ uscito  il saggio di Chiara Volpato “Deumanizzazione. Come si legittima la violenza” (Laterza). Grazie all’autrice, che è ordinario di Psicologia sociale all’Università di Milano-Bicocca, pubblichiamo una sintesi del capitolo dedicato al tema dell’oggettivazione sessuale.

L’oggettivazione sessuale
di Chiara Volpato – Università di Milano-Bicocca
L’oggettivazione è una forma di deumanizzazione che riduce l’individuo a oggetto, strumento, merce. Si parla di oggettivazione sessuale osessualizzazione per indicare le situazioni in cui il valore di una persona risiede nella sua capacità di attrazione sessuale, a esclusione di altre caratteristiche. La persona è allora vista come uno strumento del piacere altrui, piuttosto che come un essere capace di agire e decidere in modo autonomo e responsabile. Secondo MacKinnon (1989), “le donne vivono nell’oggettivazione sessuale come i pesci nell’acqua;” per loro, l’oggettivazione costituisce un’esperienza quotidiana alla quale è impossibile sfuggire, ma che, proprio per la sua pervasività, è difficile da concettualizzare e alla quale non è semplice resistere.
Le conseguenze dell’oggettivazione sessuale
Nella società occidentale, il corpo femminile è spesso ridotto a oggetto sessuale, minimizzato in una sorta di gigantesca sineddoche, in cui una parte è sufficiente a indicare l’intera persona, che perde così la sua integrità psicofisica. Analisi di film, annunci pubblicitari, programmi televisivi, video, giornali e periodici concordano nell’indicare che i corpi femminili sono i soggetti privilegiati dell’oggettivazione.
La sessualizzazione dell’immagine femminile comporta serie conseguenze per la vita delle donne. Per spiegare tali conseguenze, Fredrickson e Roberts (1997) hanno proposto la teoria dell’oggettivazione sessuale. Secondo le autrici, l’oggettivazione sessuale si verifica quando, invece di considerare una persona nella sua completezza, ci si concentra sul suo corpo, o su parti di esso, che vengono separati dalla persona, ridotti a meri strumenti a disposizione di altri. L’oggettivazione si esprime in una grande varietà di forme, che lasciano però trasparire una malinconica monotonia di fondo: alle donne vengono richieste pochi atteggiamenti stereotipati, ruoli limitati, corpi e volti identici. Oggettivare significa quindi ridurre le donne a oggetti di consumo, uguali, interscambiabili, privi di individualità.
Quando sono oggettivate, le donne sono trattate come corpi disponibili per l’uso e il piacere degli altri. Il mezzo privilegiato di oggettivazione sessuale è lo sguardo oggettivante, che porta le persone a interiorizzare la prospettiva dell’osservatore, vale a dire a trattare se stesse come oggetti da valutare sulla base dell’aspetto fisico. L’auto-oggettivazione è il processo chiave mediante il quale donne e ragazze imparano a pensare e a se stesse come a oggetti del desiderio altrui. Storicamente, l’auto-oggettivazione deriva dal ruolo subordinato riservato alle donne nella maggior parte delle società e dal fatto che la bellezza fisica è tradizionalmente stata, e in parte continua a essere, uno dei pochi mezzi disponibili al genere femminile per acquisire potere e mobilità sociale. Fare attenzione al modo con cui ci si presenta agli altri, interiorizzare il loro sguardo è quindi una strategia antica che permette di controllare le relazioni sociali nella speranza di migliorare la qualità della propria vita. Si tratta però di una strategia che induce a focalizzare pensieri e comportamenti sull’aspetto fisico, sottraendoli ad altri possibili interessi. Se l’oggettivazione è stata funzionale nel passato, quando le donne avevano poche possibilità di sottrarsi ai ruoli loro imposti, risulta penalizzante nella società attuale, come illustrano vari studi sull’impatto negativo della sessualizzazione sulle prospettive di carriera.
I costi più alti dell’oggettivazione sono però quelli che incidono sul benessere psico-fisico: l’oggettivazione conduce all’auto-oggettivazione, che scatena emozioni negative, fa diminuire le esperienze motivazionali di picco, riduce la consapevolezza degli stati interni. Questa catena di relazioni contribuisce alla diffusione degli stati depressivi, delle disfunzioni sessuali, dei disordini alimentari.
La prima conseguenza dell’auto-oggettivazione è l’aumento delle esperienze emozionali negative legate al corpo. Nella società contemporanea, le donne sono continuamente esposte a modelli irraggiungibili di corpi femminili levigati, magri, perfetti; il confronto con tali immagini provoca sentimenti di ansia, vergogna, disgusto per la propria inadeguatezza. Si tratta di emozioni che sorgono quando si percepisce la propria incapacità a conformarsi agli standard culturali generalmente accettati. Tali emozioni generano uno stato di tensione, di analisi ossessiva del proprio aspetto, unito al desiderio di sfuggire allo sguardo altrui, e a uno stato di confusione, caratterizzato dall’incapacità di pensare e agire con chiarezza.
Altra conseguenza dell’auto-oggettivazione è la riduzione delle esperienze di stati motivazionali di picco, vale a dire di quei momenti in cui siamo completamente assorbiti da un’attività mentale o fisica che ci impegna al massimo, ci procura la sensazione di essere vivi, ci regala soddisfazione e gioia. Si tratta di momenti, purtroppo rari, in cui percepiamo la nostra creatività e una certa libertà dal controllo altrui. Il continuo richiamo esercitato da uno sguardo, esterno o interno, sull’aspetto fisico interrompe la concentrazione e diminuisce la possibilità di provare tali momenti. Le donne sperimentano una minore consapevolezza dei propri stati interni, che si traduce in una ridotta capacità di individuare e interpretare correttamente le proprie sensazioni fisiche perché troppo concentrate sull’aspetto esteriore.
L’oggettivazione al maschile
La teoria dell’oggettivazione, nata dall’interesse per la sessualizzazione del corpo femminile, si può applicare anche al genere maschile. Finora, i dati empirici indicano che uomini e ragazzi riportano livelli minori di auto-oggettivazione rispetto a donne e ragazze. Emergono però anche alcune somiglianze tra i generi; per esempio, l’auto-oggettivazione è negativamente correlata con la stima per il proprio corpo, con l’autostima globale, con comportamenti che promuovono la salute sia negli uomini sia nelle donne. Inoltre, come per le donne, anche per gli uomini la vergogna del corpo è legata a una maggior preoccupazione per il proprio aspetto durante gli incontri sessuali e a livelli più bassi di eccitazione e piacere. Tali somiglianze sono probabilmente dovute al fatto che anche per gli uomini si assiste attualmente a un incremento di modelli oggettivanti. Secondo dati statunitensi, la percentuale di uomini che sperimentano insoddisfazione per il proprio corpo è triplicata in meno di trent’anni. Anche in questo caso è rilevante il ruolo giocato dai mass media, che veicolano, in molte occasioni, messaggi machisti, che sottolineano aspetti legati alla forza fisica, alla negazione delle emozioni, alla dominanza sessuale. Iper-sessualizzazione della donna e iper-mascolinizzazione dell’uomo vanno di pari passo e si rinforzano reciprocamente. Una conseguenza negativa del nuovo modello è stata descritta come “anoressia al contrario” (reverse anorexia), vale a dire ossessione per la potenza muscolare.
L’oggettivazione degli adolescenti
Sessualizzazione e auto-oggettivazione riguardano praticamente tutte le donne e una porzione crescente di uomini. Anche i bambini sono sempre più sessualizzati, come testimoniano alcune campagne pubblicitarie che mostrano piccoli di pochi anni in atteggiamenti da giovani adulti. Sempre più spesso si trasmettono ai bambini messaggi relativi alla sessualità prima che abbiano sviluppato la capacità di farvi fronte dal punto di vista cognitivo, emotivo e fisico.
La fascia di età in cui più pericolosa risulta l’esposizione a questi fenomeni resta comunque l’adolescenza, un periodo delicato durante il quale si verificano frequenti abbassamenti dell’autostima, più profondi e duraturi nelle ragazze che nei ragazzi. Il rapporto con il corpo e le sue trasformazioni incide profondamente sull’identità degli adolescenti; autostima e percezioni fisiche sono strettamente legate; sono proprio le ragazze con una bassa autostima quelle maggiormente colpite dal fenomeno dell’auto-oggettivazione.
Durante la pubertà il corpo delle ragazze diventa “pubblico,” viene guardato, valutato, commentato, fatto segno di richieste, molestie, a volte abusi sessuali. In una cultura che propone in modo ossessivo modelli inarrivabili, le ragazze imparano presto che il loro corpo appartiene sempre meno a loro e sempre più agli altri e che molti, troppi, intorno a loro, valutano l’aspetto fisico, non la persona. Le adolescenti vengono così iniziate alla cultura dell’oggettivazione sessuale: le esperienze precoci conducono all’interiorizzazione della prospettiva dell’osservatore e ai fenomeni ad essa collegati, con particolare rilevanza per l’emozione della vergogna.
Molte evidenze empiriche indicano come, in adolescenza, la sessualizzazione provochi accentuati effetti negativi sul funzionamento cognitivo, la salute fisica e mentale, la sessualità, gli atteggiamenti e le credenze. Una delle conseguenze più insidiose dell’auto-oggettivazione è la frammentazione della coscienza, che incide sulle prestazioni cognitive e fisiche. Pensare ossessivamente al corpo, confrontandolo con gli standard culturali dominanti, lascia poche risorse cognitive disponibili per altre attività mentali e fisiche. La sessualizzazione contribuisce quindi ad abbassare interessi, risultati scolastici, aspirazioni delle ragazze nei campi cognitivamente più impegnativi, limitando le opportunità di formazione e affermazione professionale.
L’esposizione alle immagini sessualizzate della donna, ma sempre più anche degli uomini, veicolate dai media, influenza il concetto che i giovani hanno di sé e della propria sessualità, aumentando l’auto-oggettivazione e diffondendo una visione più stereotipica dei ruoli di genere. Grandi consumatori di televisione fin dall’infanzia, i ragazzi sono continuamente esposti a immagini sessualizzate che insegnano a pensare alle persone come a oggetti sessuali. Tra i tanti lavori che hanno analizzato la cultura della sessualizzazione nei media, citiamo quelli di Fouts e Burggraf (1999, 2000), che hanno analizzato i dialoghi di serie televisive di successo, come Friends, ponendo in luce il ruolo di rinforzo del modello dominante effettuato dai commenti maschili a proposito dell’aspetto delle protagoniste femminili, commenti sottolineati dalle risate e dagli applausi del pubblico. I commenti – positivi per le protagoniste con un fisico sottile, negativi per le altre – rinforzano in modo duplice il modello dominante: insegnano alle ragazze che per essere attraenti è indispensabile essere magre, ai ragazzi che fare apprezzamenti sul corpo delle compagne è lecito, anzi serve a essere popolari.
Le ricerche hanno mostrato che l’esposizione ai modelli idealizzati e irraggiungibili del corpo femminile correla, nelle adolescenti, con l’abbassamento dell’autostima, disturbi dell’umore, sintomi depressivi, disturbi alimentari. Anche la salute fisica risente negativamente della sessualizzazione: le ragazze insoddisfatte del loro corpo tendono per esempio a fumare di più. Altre conseguenze negative riguardano la sfera della sessualità. Il benessere sessuale, che ha bisogno di intimità, autostima, bassi livelli di stress, diminuisce quando le ragazze guardano a se stesse con uno sguardo oggettivante. Come per le donne adulte, l’auto-oggettivazione risulta legata a minore assertività e maggiori comportamenti a rischio: le ragazze meno sicure di sé sono meno consapevoli dei loro desideri e fanno minore uso di mezzi anticoncezionali (per una rassegna si veda il prezioso: Report of the APA Task Force on the Sexualization of Girls 2007)
Gli effetti negativi dell’oggettivazione adolescenziale si prolungano nell’età adulta, influenzando negativamente la vita affettiva e sessuale di donne e uomini. Quando una persona tratta un’altra come un oggetto, è difficile che provi per questa dell’empatia, sentimento necessario perché le relazioni intime siano soddisfacenti e stabili. Se donne e ragazze sono viste come oggetti sessuali invece che come persone complete – con interessi, talenti, specificità – uomini e ragazzi avranno difficoltà a stabilire con loro relazioni diverse da quelle meramente strumentali.
Il problema dei problemi: i media
I massa media giocano un ruolo decisivo nella cultura dell’oggettivazione sessuale: propongono infatti le immagini femminili e maschili che saranno poi mutuate da gran parte degli attori sociali. Sono soprattutto le donne a essere oggettivate e sessualizzate dai media attraverso un modello definito da pochi tratti stereotipati. La donna che appare nei media è giovane, sottile, levigata. Ogni scarto dal canone è bandito come imperfezione intollerabile. Ne risulta una compressione che cancella il fluire del tempo; le età della donna si concentrano nella giovinezza: le bambine sono sessualizzate, le donne adulte innaturalmente bloccate. La proliferazione di immagini femminili sessualizzate nei media è talmente pervasiva che è impossibile sfuggire al suo impatto. Il fenomeno, comune a tutti i paesi occidentali, è particolarmente accentuato in Italia, come denuncia il documentario Il corpo delle donne di Zanardo, Cantù e Malfi Chindemi (http://www.ilcorpodelledonne.net/). Nei nostri media, soprattutto nella televisione, il modello sessista, anziché ridursi parallelamente ai cambiamenti avvenuti nella condizione della donna, è in crescita. Il corpo femminile è ossessivamente sessualizzato, usato per vendere, oggettivato in modo quantitativamente e qualitativamente diverso dal corpo maschile. Le immagini pubblicitarie, per esempio, si concentrano sul corpo femminile, o su alcune sue parti, come mostra l’impressionante archivio di immagini costruito da Ico Gasparri, che dal 1990 ha fotografato i cartelloni pubblicitari che, nelle strade di Milano, oggettivano la donna. Si tratta di una documentazione preziosa che mostra il progressivo degrado dell’immagine femminile (http://icofotografico.blogspot.com/).
L’oggettivazione delle donne contribuisce al mantenimento dell’ineguaglianza tra i generi e alla diffusione di atteggiamenti e comportamenti sessisti. L’esposizione a immagini mediatiche che oggettivano le donne influenza i giudizi sulle donne in generale e causa una più accentuata tolleranza degli stereotipi di genere, del mito dello stupro (la credenza che le donne provochino lo stupro con il loro comportamento), delle molestie sessuali, della violenza interpersonale. Infine, l’esposizione a immagini oggettivanti influenza le interazioni tra uomini e donne. Ad esempio, dopo aver visto contenuti oggettivanti, gli uomini sono più pronti a pensare alle donne come a oggetti sessuali, a trattarle di conseguenza e a non riconoscere il loro contributo allo sviluppo della società.
Cosa si può fare per contrastare le conseguenze dell’oggettivazione? Bisogna insegnare a giovani e adulti a fare attenzione a parole e immagini, guardando i media in modo critico. Le ragazze, in particolare, dovrebbero essere aiutate a divenire consapevoli dei rischi dell’auto-oggettivazione. Si può insegnare a individuare l’oggettivazione del corpo esibita dai media e a controllare in modo consapevole le reazioni.
Imparare a decodificare i messaggi mediatici non è comunque l’unica via da perseguire. Bisogna intervenire direttamente sui media, imponendo la diversificazione delle immagini femminili, sottraendo spazio alle donne dell’apparenza a favore delle “donne della realtà”, per citare uno dei siti che tentano in Italia di diffondere la consapevolezza su tali problemi: http://donnedellarealta.wordpress.com/
Perché si possa vincere la battaglia è essenziale l’impegno delle istituzioni. Sarà possibile ridurre l’oggettivazione sessuale solo se autorità, istituzioni, società civile mostreranno volontà ed efficacia nel sanzionare le condotte sbagliate, nell’individuare appositi strumenti legislativi e nel promuovere interventi specifici di formazione e informazione.
American Psychological Association. Task Force on the Sexualization of Girls (2007). Report of the APA Task Force on the Sexualization of Girls. Washington, DC: American Psychological Association. www.apa.org/pi/wpo/sexualization.html
- Fredrickson, B. L., & Roberts, T.-A. (1997). Objectification theory. Toward understanding women’s lived experiences and mental health risks.Psychology of Women Quarterly21, 173-206.
- MacKinnon, C. (1989). Toward a feminist theory of the state. Cambridge: Harvard University Press.
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