venerdì 24 giugno 2011

AMBIENTEVALSUSA 23 Giugno 2011


News N°

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AMBIENTEVALSUSA

23 Giugno 2011

I PRESIDIANTI NO TAV DELLA MADDALENA DI CHIOMONTE DIFENDONO LA LEGALITA’


Spieghiamo perché, chiarendo una volta per tutte che non si oppongono solamente ad un’opera inutile ma anche ad una procedura autorizzativa che secondo noi non rispetta le vigenti leggi.
Altri e più complessi discorsi sono quelli sul modello di sviluppo, sull’autodeterminazione delle popolazioni, sull’evidente inutilità dell’opera, sui suoi costi economici insostenibili per il nostro Paese, sui motivi per cui grandi partiti e grossi industriali vorrebbero ristabilire il loro potere a forza di carabinieri e polizia in tenuta antisommossa.
Presto qualcuno potrebbe farsi male alla Maddalena, conosciamo i metodi imposti alle forze dell’ordine, già sperimentati al Seghino, a Venaus, alla stazione di Avigliana in occasione della protesta antinucleare. I presidianti della Maddalena sanno a cosa vanno incontro, e conoscono bene quali sono i motivi che li obbligano a presidiare. Molti cittadini però probabilmente non sanno che costoro presidiano anche la legalità. In questo senso sono persone speciali. Utilizzano la non violenza, la comunicazione, il dialogo, perfino la preghiera, eppure sono descritti come pericolosi antagonisti. A cosa si oppongono specificatamente in quel di La Maddalena?


IL CIPE ha approvato il progetto di una galleria di servizio di 6.30 metri di diametro, con occupazioni temporanee e sistemazione dei luoghi occupati a fine cantiere, ma se iniziassero i lavori si realizzerebbe una galleria di servizio di 9 metri di diametro, con occupazione permanente dei territori: quindi un’opera del tutto difforme da quella autorizzata, che non ha assolutamente le caratteristiche di “cunicolo esplorativo”.
Di conseguenza la procedura VIA sull’opera autorizzata non rispecchia la realtà dell’opera che si vorrebbe iniziare.

Inoltre lo spezzettamento del progetto da Settimo Torinese a Lyon in tre diverse parti, con diverse procedure VIA non cumulative e la suddivisione ulteriore della procedura VIA per la parte internazionale in altre due parti (cunicolo e tunnel di base anche in questo caso non considerate come somma degli impatti), peggiora la possibilità di intuire la situazione reale di impatto ambientale, compromettendo la regolarità di tutta la procedura autorizzativa.
Va anche detto che l’impatto di una galleria geognostica eventualmente sommato a quello del tunnel è ben diverso dall’impatto di un tunnel sommato ad una sua ulteriore galleria di servizio che è l’opera che in realtà realizzare.

Se si fosse voluto agire correttamente si sarebbe dovuto realizzare un’unica procedura di VIA riguardante l’intera linea ad AV/AC da Torino a Lione, o almeno complessiva su tutto il territorio italiano. Non lo hanno voluto fare, forse perché gli impatti cumulativi avrebbero obbligato a rinunciare all’opera. Per lo stesso motivo probabilmente non è mai stata considerata l’opzione zero.

In questo discorso tecnico che la nostra redazione Vi sottopone è esclusa la questione del rapporto Costi/Benefici dell’opera che volutamente non è mai stato affrontato dai proponenti in modo serio e scientifico, meno che mai sul lungo periodo o considerando i reali flussi di traffici. In sostanza, non risulta in alcun modo il beneficio di ordine sociale ed economico proveniente dalla realizzazione del cunicolo, e di conseguenza non è stato possibile per i proponenti dimostrare che il beneficio risulti superiore al valore della perdita eco sistemica provocata dalla sua realizzazione.

Dunque adesso tutti comprenderanno che l’intervento progettato da LTF e sottoposto in data 17 maggio 2010 a VIA non è un cunicolo geognostico, bensì, una vera e propria discenderia a servizio del cantiere del tunnel ed alla sicurezza della linea in progetto.

Ad ulteriore conferma dell’illogicità e carenza istruttoria che affliggono la delibera autorizzativa CIPE, si annota il numero e la portata delle prescrizioni della Regione e del CIPE stesso, che in pratica sono l’ammissione della superficialità degli studi effettuati, il che comporta una mancanza di tutela preventiva dell'interesse pubblico e ambientale, con conseguenze sociali ed economiche incalcolabili.
Non si può poi tacere l’affermazione provata da atti scritti dagli assessorati trasporti ed ambiente della Regione Piemonte secondo cui il “cunicolo esplorativo” ha anche l’utilità di consentire di sperimentare la cosiddetta “Talpa” poiché nelle montagne del massiccio d’Ambin non è mai stata utilizza neppure per le discenderie francesi. Dunque siamo ad una primordiale sperimentazione, alla faccia dei proclami sulla fattibilità dell’opera, sui tempi di cantiere, e sulla valutazione attendibile dei costi economici, tutti caricati sulla collettività, poiché anche il contributo europeo deriva da tasse pagate dai nostri cittadini.

Una delle dimostrazioni più lampanti che la progettazione è sommaria ed incompleta è che nell’asseverazione dei costi del 21 ottobre 2009, sottoscritta dal Presidente e legale rappresentante Raulin Patrice Raymond, si dichiara che il valore delle opere è pari a € 164.342.457,74, mentre nella dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, sottoscritta dall’Arch. Pietro Romani, in qualità di coordinatore e responsabile scientifico dello SIA, relativo alla Maddalena, si legge che il valore delle opere desumibile dai progetti è pari ad € 165.050.534,54. Si tratta di 700.000 Euro di differenza che chiariscono l’approssimazione dei costi, dei progetti, e dei responsabili legali di quest’opera.

L’affidamento a CMC della realizzazione del cunicolo di Maddalena “in sostituzione di altra opera definita dai progettisti “paritetica”, quale il cunicolo di Venaus definendo i lavori a Maddalena di Chiomonte una “variante tecnica”, rispetto a Venaus risulta in effetti null’altro che un escamotage per eludere l’obbligo di una nuova gara a livello europeo e contemporaneamente, a distanza di 5 anni, evitare il pagamento delle penali dovute alla CMC per la mancata realizzazione del primo cunicolo.
Abbiamo già spiegato che i due cunicoli progettati, quello di Venaus e di Maddalena hanno caratteristiche, ubicazioni, pendenze, impianti, del tutto difformi. Infatti, anche l’importo dei contratti relativi sono diversi: il “cunicolo geognostico” di Venaus costava 84.342.414,21 euro, mentre quello di Maddalena, sempre a preventivo, costerebbe il doppio: 164.342.457,74 euro. Dire che si tratta della stessa opera è tentare di prendere in giro i contribuenti italiani ed in particolare quelli valsusini che conoscono benissimo il territorio ed il valore dei propri risparmi.

Come se non bastasse abbiamo annotato che a fronte di una valutazione positiva del progetto da parte del CIPE, per La Maddalena sono presenti tali e tante prescrizioni, spesso contraddittorie tra di loro, da delegittimare nei fatti tale valutazione dei costi e le autorizzazioni del CIPE stesso. In questo senso sia la Comunità Montana che le associazioni ambientaliste hanno preparato le loro osservazioni ed i vari ricorsi legali. Se non lo avessero fatto sarebbero risultati complici di una potenziale ed enorme truffa ai danni dello Stato!
D’altra parte le stesse prescrizioni imposte dal CIPE paiono fungere, in realtà, quali necessarie integrazioni ad un progetto incompleto al fine di renderlo approvabile in una fase successiva alla presentazione stessa, con prescrizioni peraltro basate in parte su studi mai realizzati e che nel caso lo fossero abbisognerebbero di anni di indagini approfondite. Questa procedura prescrittiva da parte del CIPE rischia peraltro di delegare alla fase esecutiva attività proprie della progettazione definitiva. Insomma il progetto è e resta incompleto e la procedura autorizzativa utilizzata non rispetta la legge italiana e comunitaria.

Il CIPE tra l’altro non ha neppure tenuto conto della modifica normativa introdotta nel 2010 riguardante le norme sulle terre di scavo. Ciò è particolarmente grave dal momento che nello stesso testo delle prescrizioni si legge, senza alcun margine di dubbio, come all’interno della galleria geognostica, siano rinvenibili materiali radioattivi e/o contaminati da uranio, unitamente a smarino con possibile presenza di amianto.

Queste sono alcune sintetiche ragioni per cui riteniamo che i presidianti compiano un’azione di civile protesta, peraltro su terreni privati, con accesso da strade private, autorizzati in questo dai proprietari stessi, mentre gli amministratori pubblici che frequentano ed appoggiano i presidianti svolgono a pieno titolo il loro ruolo, lo stesso stanno facendo i proprietari delle proprietà attraverso le procedure di ricorso legale all’occupazione dei terreni.
Qualcuno, non informato sulla realtà dei fatti o interessato ad aprire il rubinetto dei finanziamenti pubblici di una futura Salerno Reggio Calabria quello che in questa nota chiariamo potrà anche non piacere, ma la realtà non si cambia con gli slogan e le denigrazioni, meno che mai facendo finta di ignorare la verità. La redazione del nostro sito non può far altro perciò, ancora una volta, che ringraziare sentitamente tutti coloro che nel segno della non violenza, della determinazione e del rispetto delle idee altrui pretende che anche le proprie siano rispettate, insieme alle leggi di questa nostra Italia.

Valle di Susa, 23 giugno 2011


La redazione: Ambiente Valsusa

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