venerdì 30 marzo 2012

A maggio il recupero dei fusti tossici


A maggio il recupero dei fusti tossici 
Si allungano i tempi per i 96 bidoni già individuati sul fondale. E ne mancano ancora all’appello 100 


da Il Tirreno





LIVORNO I tempi per il recupero dei 96 bidoni e dei 18 sacchi individuati sui fondali al largo di Calambrone dopo l’incidente dell’Eurocargo Venezia, che nella notte del 17 dicembre perse due rimorchi carichi di materiale tossico, si allungano ancora. Il piano-bis presentato ieri dalla Grimaldi prevede infatti l’inizio delle operazioni tra quaranta giorni. Il primo avvistamento risulta datato 14 febbraio. Ma solo ieri pomeriggio la società armatrice ha chiarito alla capitaneria di porto come e quando intende muoversi. L’intervento inizierà tra il 10 e il 12 maggio. E prevede l'utilizzo di una nave specializzata, con un robot sottomarino ad alta potenza e una gru da 40 tonnellate, che impiegherà dei cassoni stagni per agganciare e far emergere i fusti dal fondo del mare. I cassoni, a chiusura ermetica, saranno costruiti ad hoc e poi dovranno ricevere l’approvazione del Registro italiano navale. E’ per questo che i tempi si allungano. Ma la giustificazione non regge, perché dal 17 dicembre, giorno dell’incidente, al 12 maggio passeranno 150 giorni. Tantissimi, troppi, se si pensa che in ballo ci sono 198 bidoni carichi di 38 tonnellate di materiale gravemente inquinante, una parte dei quali - i 96 individuati - sta viaggiando sui fondali al largo di Calambrone, mentre un’altra parte per adesso risulta dispersa, fantasma, introvabile. L’altra parte dell’intervento presentato ieri dalla Grimaldi è finalizzata proprio all’individuazione dei fusti che mancano all’appello. Anche in questo caso le operazioni inizieranno senza troppa fretta, attorno a metà aprile. Stavolta non ci sono cassoni da costruire né super-robot. Ci sarebbe soltanto da riprendere le indagini iniziate quasi due mesi fa dalla nave scientifica Minerva Uno che aveva avvistato i due rimorchi e il primo carico. E infatti così verrà fatto. Ma soltanto a partire dal 15 aprile. «Il nuovo piano di ricerca dei rimanenti bidoni - spiega la capitaneria di porto di Livorno, che segue la vicenda - analizzerà, con tecniche analoghe a quelle usate durante la precedente campagna dalla nave Minerva Uno (sonar multi beam, side scan sonar, magnetometro a protoni e Rov), il tratto di mare interessato dalla rotta della nave Eurocargo Venezia, per una lunghezza di ulteriori 12 miglia e una larghezza di circa 1300 metri verso ovest, dalla zona di rinvenimento dei fusti e dei due semirimorchi». La nuova campagna di ricerca avrà una durata di 7 giorni. La speranza è che in quei sette giorni i fusti mancanti vengano individuati. Altrimenti, evidentemente, servirà un piano-ter. Nella speranza che nel frattempo altri bidoni non perdano il loro carico come successo per alcuni di quelli individuati e che quel carico non si sgretoli, sotto la pressione dell’acqua e delle correnti, disperdendosi nell’ambiente sottomarino. Giulio Corsi 

Le contraddizioni del viaggio dei veleni finiscono in Senato 
Intanto la Grimaldi ha presentato l’intervento di recupero: inizierà tra quaranta giorni e durerà fino a metà giugno 

«Quale materiale e in che quantità era imbarcato?» 

Cosa è realmente successo la notte del 17 dicembre a bordo dell'Eurocargo "Venezia"? E’ la prima domanda che l’opinione pubblica continua a porsi e che ora è approdata alla commissione ambiente del Senato con un’interrogazione della senatrice Granaiola. Che chiede di sapere anche che cosa trasportava veramente l'imbarcazione della Grimaldi partita da Catania e diretta a Genova. «Qualsiasi fosse il materiale vorrei sapere in che quantità era imbarcato - scrive la senatrice - se e quali controlli erano stati eseguiti a bordo, quali siano i reali rischi per la salute in seguito alla dispersione in mare dei fusti in questione, quali misure si intendano assumere per limitare le ripercussioni dell'accaduto sull'ecosistema delle aree protette interessate e per sostenere le attività della pesca colpite dall'ennesimo grave incidente ecologico che interessa le coste toscane, quali procedure e controlli si intendano mettere in campo riguardo al trasporto di rifiuti e sostanze tossiche via mare e possibili spostamenti via terra su gomma o su rotaia». di Giulio Corsi wLIVORNO Mentre ieri pomeriggio a Livorno, sul tavolo della capitaneria di porto, arrivava il piano-bis della Grimaldi Lines per il recupero dei 96 bidoni individuati e dei 102 ancora dispersi in fondo al mare, nelle stesse ore, a Roma, alla commissione ambiente del Senato, la senatrice del Pd Manuela Granaiola presentava un’interrogazione in cui elencava una sfilza di dubbi sui documenti di viaggio «incompleti e contraddittori» dell’Eurocargo Venezia e chiedeva un’immediata movimentazione delle forze disponibili affinché i fusti vengano recuperati. E l’interrogativo nasceva spontaneo: il piano-bis della Grimaldi è esattamente ciò che tutti gli amanti del nostro mare possono considerare «un’immediata movimentazione delle forze disponibili per il recupero dei fusti», per dirla con le parole della senatrice? La risposta è no. Almeno per quanto riguarda la questione dell’immediatezza. Anche se tecnicamente, l’intervento (che prevede l'utilizzo di una nave specializzata, con una gru da 40 tonnellate e un super rov, e che impiegherà dei cassoni stagni, a chiusura ermetica, per agganciare e sollevare i fusti dai fondali ) sembra convincere gli addetti ai lavori, tanto che l’ammiraglio Ilarione Dell’Anna, comandante della capitaneria di Livorno sottolinea che «dobbiamo valutare bene i dettagli ma l’intervento ci sembra dia adeguate tutele a livello ambiente». Storia infinita. Ciò che desta preoccupazione però sono i tempi: inizio delle operazioni di recupero 10 maggio, cioè tra oltre un mese. Perché quei cassoni stagni vanno costruiti e poi devono essere approvati dal Registro Navale. Durata delle operazioni: trenta giorni lavorativi. La conclusione del recupero dei fusti finora ritrovati è cioè prevista per il 15 giugno, tra una vita e per di più a stagione balneare abbondantemente iniziata. Ma in questi ulteriori 41 giorni che ci dividono dall’inizio delle operazioni e nel successivo mese e mezzo che cosa succederà 430 metri sotto il mare? Nessuno può dirlo, ma il rischio che la pressione dell’acqua sui fusti e sui sacchi fuoriusciti, insieme alle correnti , possa creare la dispersione nell’ambiente sottomarino del nichel e del molibdeno, nessuno può neanche escluderlo. E poi c’è l’altro interrogativo, ancor più inquietante: si riuscirà a individuare anche l’altro centinaio di bidoni? E quando si recupereranno? A questo proposito il piano della Grimaldi prevede una settimana di ricerche con la stessa strumentazione utilizzata nella prima campagna. Spostando il mirino verso il tratto di mare interessato dalla rotta intrapresa dall’Eurocargo, per una lunghezza di 12 miglia e per una larghezza di 1300 metri verso ovest, dalla zona di rinvenimento dei fusti. In sette giorni Grimaldi spera di ritrovare il materiale. Poco comprensibile è perché le ricerche, anziché subito, partiranno a metà aprile. Documenti contraddittori. Quel viaggio iniziato a Catania il 16 dicembre 2011 nasconde troppi misteri, a partire dalla documentazione che accompagnava il carico tossico. Che ora è finita sul tavolo della commissione ambiente del Senato. «Sulla natura del catalizzatore contenuto nei fusti resta un punto oscuro - scrive la Granaiola in un’interrogazione firmata anche dai senatori Della Seta, Ferrante, Pignedoli e Andria - Nella relazione della prefettura di Livorno che riassume l'intera vicenda, si legge infatti che la presenza di catalizzatore cobalto-molibdeno era indicata nel documento di trasporto e che, secondo una precisazione dell’Arpat il catalizzatore nichel-molibdeno mostra una solubilità maggiore rispetto a quanto poteva dedursi nelle schede di sicurezza e che ciò potrebbe essere dovuto alla esposizione all'aria della sostanza prelevata da un fusto aperto, presente sulla nave». Peccato però che a una richiesta di approfondimento, la direzione della Isab Srl (azienda produttrice del materiale trasportato) con una e-mail inviata il 20 dicembre alla guardia Costiera di Livorno, rispondeva: "I due mezzi trasportavano catalizzatore a base di ossidi di nickel e molibdeno da rigenerare”. Nichel dunque, non cobalto. Ma perché indicare cobalto quando il cargo trasportava nichel? La questione ad oggi resta senza risposta. Così come il numero della classificazione di quel carico che porta una correzione a mano, «che non è l'unica nel documento - sottolinea l’interrogazione alla commissione ambiente -. In particolare tre sarebbero i lotti imbarcati, ma la prima riga dell’autorizzazione - documento valido per legge - è cancellata e un asterisco a piè di pagina avverte "non caricato"». Non finisce qui. La griglia nella quale è obbligatorio riportare tutte le informazioni che costituiscono la carta di identità del trasporto autorizzato prevede anche l'indicazione del numero dei colli ma la casella, nel caso dell'Eurocargo Venezia, è rimasta vuota. E così per sapere la quantità di materiale trasportato dai due rimorchi bisogna far riferimento ai litri, secondo le note del documento di viaggio. E invece sono indicati i chili. Ma anche il peso in chili riportato nei documenti di viaggio non corrisponde a quello dichiarato dall’azienda produttrice del materiale alla capitaneria. ©RIPRODUZIONE RISERVATA ALTRO SERVIZIO A PAG. 12 

Sedici chili di rifiuti ogni chilometro quadrato di mare 

I 198 bidoni tossici rappresentano forse il peggior inquinamento che il nostro mare ha subito nella sua storia. Ma la pioggia di rifiuti che quotidianamente cade nelle acque toscane è impressionante. E i colpevoli sono spesso ancora una volta le navi, mercantili e passeggeri, che solcano il Tirreno. Se ne è parlato ieri durante il convegno di presentazione dei risultati di Gionha (governance and integrated observation of marine natural habitat) che si è tenuto nei locali dell’Accademia Navale (foto), organizzato dall’Arpat. Al centro della giornata di lavori la salute del nostro mare. Tra la varie questioni è stata affrontata anche quella dei rifiuti di origine umana rilevata attraverso campagne di pesca scientifica a strascico. «La distribuzione, l'abbondanza e la natura del materiale di scarto riflettono il percorso delle navi mercantili e dei traghetti, indicando di conseguenza la necessità di un ulteriore sforzo per ridurre questo tipo d’inquinamento marino», si è sottolineato. Tra bottiglie, barattoli, macchine fotografiche, biciclette e anfore, sono stati anche rinvenuti residui di armamenti risalenti alla seconda guerra mondiale. La stima complessiva per la Toscana parla di 16.5 chili di rifiuti ogni chilometro quadrato di mare. Negli ultimi vent’anni il quantitativo totale dei rifiuti pescati ammonta a oltre una tonnellata in Liguria e 5 tonnellate in Toscana, quantità che rappresenta in peso circa il 4% rispetto al pesce pescato.
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