Governo: Monti vada a casa se non riconosce le regole della democrazia rappresentativa
Disprezza il Parlamento e i sindacati, lascia intatti i nodi della crisi ma si scaglia contro i lavoratori e i loro diritti
Le recentissime dichiarazioni di Mario Monti sono indicative del suo concetto di sé: un premier convinto di essere indispensabile alla causa di un Paese, addirittura un salvatore della patria!, mostra un egocentrismo che potrebbe essere scambiato per una patologia. Questo bistrattato Paese non ha certo bisogno di eroi, bensì di un capo del governo intenzionato a prendere di petto problemi annosi e irrisolti. Invece l'esecutivo cosiddetto "tecnico" si è scagliato contro i soliti noti, i lavoratori dipendenti e i pensionati: ha innalzato l'età pensionabile e ridotto le rendite previdenziali, aumentando le imposte dirette e indirette con un peggioramento complessivo della condizione materiale dei ceti sociali medio-bassi. Sul mercato del lavoro intende varare politiche intollerabili dando il via libera ai licenziamenti ingiustificati e togliendo ai lavoratori e ai giudici la possibilità di decidere liberamente.
I nodi della crisi economica restano tutti sul tappeto, irrisolti: fino ad oggi non abbiamo avuto notizia di alcun provvedimento su crescita e sviluppo, pur sapendo che in Italia si lavora troppo (1.860 ore medie all'anno contro le 1.500 dei Paesi più importanti d'Europa) a fronte di bassissimi salari e ridotta produttività. Come mai un governo di professori non se ne occupa? Come mai è del tutto immobile sugli effetti drammatici del nanismo industriale? Come pensa di uscire dalla crisi senza investimenti tecnologici, nei saperi, in ricerca e sviluppo? Come può proseguire impunemente la logica di redistribuzione della ricchezza al contrario, visto che la quota di Pil destinata ai salari è passata dal 50 al 40%? E dove è finita la ricchezza trasferita a rendite e profitti?
Ma tutto ciò non basta. Monti, a quanto pare, non apprezza la democrazia rappresentativa, come avrebbe lasciato intendere dalla Corea. E allora sarebbe meglio lasciasse il suo incarico quanto prima, perché risulta del tutto indigeribile la politica di un governo che utilizza la sua natura "tecnica", ovvero non suffragata dal voto elettorale, per giustificare scelte di politica economica antipopolare.
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