venerdì 13 luglio 2012

I lavoratori ex Delphi: era già tutto finito con il fallimento, ora pensiamo a non rimanere scoperti con la cassa integrazione


«Noi operai, fra rabbia e sconforto» 
I lavoratori ex Delphi: era già tutto finito con il fallimento, ora pensiamo a non rimanere scoperti con la cassa integrazione 


da Il Tirreno


di Giorgio Carlini LIVORNO «Desidero sottolineare la mia piena soddisfazione per avere l'opportunità di realizzare un grande progetto industriale nazionale, che avrà ricadute positive per le città di Torino e Livorno». Se la situazione non fosse drammatica, verrebbe quasi da sorridere nel rileggere le dichiarazioni di Gian Mario Rossignolo nell'ottobre di tre anni fa. L'arresto dell'imprenditore che nel 2009 prometteva di costruire "auto da sogno" mette la pietra tombale sulla vicenda ex Delphi. Il progetto, per la verità, era già morto e sepolto dopo che il tribunale di Livorno aveva dichiarato il fallimento della De Tomaso, il marchio automobilistico rilevata da Rossignolo. Ma la notizia dell'arresto porta con sé l'amara sensazione che in realtà il sogno non fosse mai partito davvero. «No, non è un fulmine a ciel sereno, anzi – spiega Sergio Fondi (Fim Cisl) – l'ipotesi era nell'aria. Se ci sono stati comportamenti illeciti è giusto che i responsabili ne paghino le conseguenze». La magistratura farà il suo corso, ma si delinea una «vicenda sconfortante», secondo l’esponente cislino: «Un conto è se il tentativo è fallito anche per colpa della crisi, ben altra cosa è se fin dal principio sono state commesse irregolarità. Vorrebbe dire esser stati presi in giro dall'inizio. La rabbia è tanta perché i lavoratori si sono aggrappati mani e piedi alla speranza De Tomaso». «È l'ennesima conferma che il sogno è svanito», gli fa eco Federico Mambrini, Uil metalmeccanici: «Un sogno che, condiviso da tutta Livorno, si è trasformato in un incubo negli ultimi mesi, da quando cioè ci siamo resi conto che la famiglia Rossignolo non era affidabile. Se, com'è emerso, è stato arrestato anche un dirigente di Livorno, sarei molto dispiaciuto: sono convinto che sia in buona fede, la ritengo una vittima». Per Mambrini in tutta questa storia «i primi a rimetterci sono stati i lavoratori». E aggiunge: «Per questo dobbiamo occuparci più del loro futuro che non del passato. Ci auguriamo che il fondo di garanzia dell'Inps sia "capiente", perché hanno già passato troppe disavventure». Anche Enrico Pedini (Fiom Cgil) vuol soprattutto guardare avanti: «La storia per noi si è chiusa con la dichiarazione di fallimento del tribunale. Il nostro punto di riferimento ora è il curatore fallimentare. Da mesi non avevamo più rapporti con l'azienda, diventata un problema e non una risorsa». Che la De Tomaso sarebbe stata oggetto di attenzioni da parte della magistratura «lo si era capito dopo l'incontro con il Ministero – dice – ma noi siamo molto più interessati (e preoccupati) per il futuro dei lavoratori, non certo per quello di Rossignolo». A questo proposito lunedì pomeriggio dovrebbe esserci un incontro fondamentale, tra i sindacati e il curatore fallimentare: «Apriremo il procedimento per la cassa integrazione per fallimento. Vogliamo che sia garantita la continuità di pagamento con quella per crisi. Poi dovremo vedere come far entrare i lavoratori nel procedimento per fallimento. È questo quel che ci interessa davvero». Stesso pensiero da Alejandra Labardi, delegato sindacale Fiom: «La nostra preoccupazione – afferma - è per la cassa integrazione. Dobbiamo chiudere il procedimento al più presto, altrimenti i lavoratori rischiano di rimanere scoperti per alcuni mesi, come successo a gennaio. Che Rossignolo fosse finito già si sapeva, noi siamo con la testa a lunedì». Mario Chelli e Nicola Carlucci, oggi in pensione, erano invece delegati sindacali Fiom al tempo della fine della Delphi. «Mai avuto alcuna fiducia nel progetto», dice Chelli. «Rossignolo era solo una figura che doveva garantire la pace sociale in una città sul piede di guerra per la vicenda-Delphi. Senza dimenticare che eravamo in piena campagna elettorale...». Carlucci non risparmia critiche alle istituzioni: «Parlammo con il mondo, – ricorda – persino con Prodi e Bersani. Poi la palla passò alle istituzioni, e la faccenda fu gestita da 3-4 soggetti tra politici e sindacalisti. Ci sentimmo messi ai margini. Rossignolo doveva essere il salvatore: così non è stato, e chi ha preso in mano questa partita ora deve assumersi le proprie responsabilità».
-- 

Nessun commento:

Posta un commento

ShareThis

Ultimo numero:

ViceVersa n.35

Post più popolari