lunedì 5 novembre 2012

L'Associazione nazionale “Ruggero Toffolutti” contro le morti sul lavoro partecipa a Firenze 10+10



L'Associazione nazionale “Ruggero Toffolutti”
contro le morti sul lavoro
partecipa a Firenze 10+10 (8-11 novembre 2012)

E' veramente importante che un'associazione come la nostra, l'Associazione nazionale “Ruggero Toffolutti” contro le morti sul lavoro, impegnata a difendere la vita e la salute dei lavoratori dalle minacce dello sfruttamento nei luoghi di lavoro, dica la sua nel corso dei lavori di Firenze 10+10: portiamo il nome di un ragazzo ucciso in Magona a Piombino nel 1998, in quel nome onoriamo con rabbia e con amore tutti quelli che hanno subito la stessa sorte, in qualunque parte del mondo. E' dunque importante essere qui perché ci sono minatori che muoiono negli Stati uniti d'America come in Cina, in Europa e in Africa. I lavoratori delle imprese di pulizia – quasi sempre donne – soffrono sotto il peso schiacciante di orari impossibili e mansioni alienanti a Londra come a Mosca. L'amianto e il mesotelioma non fanno alcuna distinzione di nazionalità e colore della pelle. I ragazzi e le ragazze inchiodati davanti al computer nei call center si ammalano a San Francisco come a Bangalore. Gli edili cadono dalle impalcature ovunque nel mondo si costruiscono edifici con l'intento di speculare sul lavoro umano come sul territorio. I siderurgici di Taranto e Piombino respirano idrocarburi cancerogeni proprio come i loro compagni brasiliani e le popolazioni di quei siti industriali. Gli uomini e le donne che lavorano in campagna si intossicano di pesticidi in Polonia come in Costarica.

Ecco perché essere qui è importante: Firenze 10+10 ci parla e parla a tutti della dimensione globale della produzione e del lavoro nel XXI secolo, cercando di praticare il collegamento internazionale fra i soggetti che subiscono lo sfruttamento, i quali non possono che essere loro stessi i soggetti della trasformazione – della liberazione. Loro, con i loro saperi e la loro coscienza collettiva, attraverso la ragione e la solidarietà sociale. Loro, attraverso le loro organizzazioni sindacali, attraverso la cultura e la politica, che così può e deve essere passione e impegno civile, anziché carrierismo o, peggio, corruzione.
Assistiamo invece a una pressoché totale assenza di iniziativa europea e internazionale delle organizzazioni dei lavoratori, a cominciare proprio dalla Confederazione europea dei sindacati (Ces), che pure conta su un apparato di peso. Nel momento in cui appoggiamo la giornata di mobilitazione, indetta dalla Ces per il prossimo 14 novembre (e lo sciopero generale della Cgil in Italia), non possiamo non rilevare che si tratta pur sempre di iniziative sporadiche, talora poco più simboliche, spesso lontane e slegate dalle mobilitazioni che scuotono ora la Grecia, ora la Spagna, e comunque, in modo purtroppo puntiforme, centinaia di gruppi di lavoratori e comunità locali, incalzati e schiacciati sistematicamente dall'iniziativa del padronato dentro la crisi generata dal capitale finanziario. Tale iniziativa agisce invece sul piano globale attraverso il ricatto delle delocalizzazioni, fondato sul differenziale contrattuale, spesso abissale, tra le condizioni di lavoro nei paesi di storica industrializzazione e quelli che si stanno affermando in questi decenni. L'azione sindacale rinchiusa nel localismo e nell'aziendalismo è destinata alla sconfitta, se non s'innesca un movimento per estendere diritti e condizioni salariali nei paesi emergenti, a cominciare dalla tendenziale unificazione dei contratti dei dipendenti dei grandi gruppi transnazionali, come la Fiat: in parole povere, è ora che si aprano vertenze unificanti affinché progressivamente agli operai Fiat in Europa, Americhe, Asia vengano estesi gli stessi salari e gli stessi diritti. Una globalizzazione al contrario di quanto sta avvenendo. Certo che è difficile – difficilissimo! -, ma quando mai è stato agevole il cammino sulla via della liberazione? Chiediamolo ai partigiani.

Analogo ragionamento vale nei confronti dei lavoratori, dei cittadini immigrati: chi non ricorda il caporalato imperante a Rosarno, come in molte altre realtà? Finché i lavoratori italiani, europei, di tutto il Nord del pianeta, assisteranno silenziosi allo sfruttamento delle donne e degli uomini migranti, vero archetipo della precarietà lavorativa ed esistenziale (v. contratto di soggiorno e legge Bossi-Fini), ci sarà sempre qualcuno disposto a piegarsi ad un salario inferiore, a subire un rischio più elevato per la salute e la vita sui ponteggi, nelle campagne avvelenate dai pesticidi, nelle fabbriche inquinate dalla chimica e dalla tecnologia ostaggio del profitto; ad un salario più misero e al lavoro nero nelle nostre stesse case dove migliaia di donne straniere accudiscono i nostri anziani e invalidi, abbandonati dalla spending review che privatizza e uccide lo Stato sociale, conquistato in due secoli di lotte sanguinose. A fronte dell'iniziativa planetaria del capitale, in Cina come in Europa, è davvero tempo di mettere in campo ogni sforzo per costruire un nuovo moderno
movimento operaio internazionale, nutrito della memoria critica del Novecento. Perchè, quando il moderno (?) padronato ci accusa di essere appunto novecenteschi, lo fa predicando e praticando ilmodello ottocentesco dei padroni delle ferriere, il quale include il ricorso alla guerra.

Per tutto ciò è importante per la nostra Associazione esserci, perché Firenze 10+10 riprende il filo del discorso per un altro mondo possibile dentro la crisi attuale, senza reticenze E sempre, in ogni istante del nostro modesto, quotidiano impegno che dura dal 1998 c'è il volto delle vittime che hanno perduto la vita sul proprio posto di lavoro. Ci sono le lacrime e le difficoltà nascoste e occultate di famiglie, amori, figli, amici che quasi mai fanno notizia. C'è il desiderio di giustizia – mai di vendetta: con rabbia e con amore! -, il desiderio insopprimibile di verità, di conoscenza, di cambiamento. Esso non vale solo per chi resta a piangere, spesso da solo: la nostra Associazione ha scelto fin dall'inizio di non essere unicamente un coordinamento dei familiari delle vittime, pur legittimo e necessario, ma un organismo che accolga mobiliti e organizzi tutte e tutti quelli che sentono in coscienza questo desiderio, questo bisogno di umanità e insieme vogliono esprimerlo. Abbiamo tentato e tentiamo di esprimerlo in una prospettiva che parta dal diritto alla vita e alla salute delle donne e degli uomini che di lavoro vivono ( e spesso muoiono...), e lo proietti nella ricerca e nella lotta per un modello economico e sociale capace di dare concretezza all'alleanza del lavoro con la natura, come profeticamente diceva Chico Mendes, il sindacalista dei lavoratori che estraggono il caucciù in Amazzonia, assassinato dai latifondisti nel 1988. Altrimenti, gli scenari regressivi di Taranto sono destinati a ripresentarsi senza scampo. Un'alleanza capace di mobilitare le coscienze che si organizzano per conquistare nuovi posti di lavoro, reddito e diritti, riducendo i tempi e la fatica del lavoro umano e attraverso la manutenzione del territorio: quest'ultima significa cura del pianeta dove abitiamo, nelle metropoli industriali così come nelle aree agricole dell'Africa assediate dalla desertificazione e dal cambio climatico, per rilanciare un'agricoltura volta a nutrire i milioni di esseri umani che hanno fame, anziché alimentare i profitti dei soliti noti; un'industria che produca valori d'uso utili ad elevare la qualità della vita, anziché montagne di merci rivolte a realizzare guadagni non di rado illeciti. Un orizzonte (utopico? ma quale critica e trasformazione dell'esistente ha mai potuto fare ameno dell'utopia?), declinato in una nuova teoria e pratica politica economica sociale dei beni comuni come l'acqua, principio primo della vita biologica.

Noi ci siamo e non possiamo – non vogliamo! - esserci da soli: per questo siamo qui oggi, insieme a tutti voi. A dire la verità, ci sembra anche un bel modo, faticoso e lieto nello stesso tempo, per restare umani, come ci ha insegnato Vittorio Arrigoni.

Novembre 2012

ASSOCIAZIONE NAZIONALE “Ruggero Toffolutti” contro le morti sul lavoro

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