SIAMO ARRIVATI AL MARE
Abbiamo fatto una lunga traversata nel deserto.
La traversata è finita e abbiamo trovato il mare.
Ora, dobbiamo imparare a navigare.
Il 12 e 13 giugno è andato a compimento un fatto inaudito nella storia della Repubblica Italiana e di portata letteralmente rivoluzionaria.
Inaudito nelle modalità e rivoluzionario nei contenuti.
La favola per la quale gli italiani si sarebbero precipitati in massa a votare alla metà di giugno spinti dalla paura “irrazionale” del nucleare a seguito dei drammatici eventi giapponesi è smentita dai numeri: i due referendum che hanno raccolto il maggiori numero di votanti e la percentuale più alta di consensi sono quelli sull'acqua e sui servizi pubblici locali, proprio quelli che il palazzo ed i media hanno continuato a snobbare per tutta la campagna elettorale – ed anche nelle prime ventiquattro ore post-elettorali - orientando il dibattito sui contenuti più interni - e dunque rassicuranti - alle logiche, alle dinamiche e alla dialettica del “palazzo”.
La storia dei referendum sull'acqua è inaudita perché mai nella storia della Repubblica Italiana era avvenuto che i cittadini, organizzati in centinaia, in migliaia di comitati ed associazioni locali; senza avere alle spalle nessun grande partito od organizzazione, senza avere alle spalle nessun padre, nessun padrone e nessun padreterno; nel totale ostracismo delle istituzioni e dei media; nell'indifferenza ostile del “palazzo” tutto intero e senza eccezioni; contrapponendosi ai poteri forti, contrapponendosi al potere economico e a quello finanziario, che orientano e condizionano da almeno cinque lustri in maniera assolutamente bipartisan, politiche, scelte e “pensiero” di istituzioni e palazzo; i cittadini autorganizzati hanno prima imposto l'agenda della politica ed i tempi della politica e poi hanno imposto al “palazzo” la loro volontà.
I referendari dell'ultim'ora – come il segretario del PD – che, contrapponendosi alla raccolta di firme, presentava una proposta di legge che faceva salva la triplice modalità di affidamento ai privati dei Servizi Idrici, che solo alla vigilia delle ultime amministrative si dichiarava per un “Si” e per un “No” ai due referendum sull'acqua; quel Bersani orgoglioso autore della più grande ondata di cosiddette liberalizzazioni del Paese; quel Bersani sostenitore nella proposta Lanzillotta, ovvero della versione di centro-sinistra - e niente affatto migliore - del decreto Ronchi, i referendari dell'ultim'ora derubricano la portata politica di questi referendum a “segnale” della cosiddetta società civile alle istituzioni e alla “politica” cui competerebbe, ora, correggere l'evidente scollamento tra il paese ed il “palazzo”, magari aprendo la discussione proprio sulla proposta di legge “Bersani” e facendo mostra di ignorare la proposta di legge di iniziativa popolare su cui il Forum dei Movimenti per l'Acqua ha raccolto oltre 423.000 firme.
Quello che va in primo luogo compreso e quindi affermato con forza è che il 12 e 13 giugno (ma in realtà in tutto il percorso referendario) il “paese” non ha inviato nessun segnale.
Il 12 e 13 giugno i cittadini si sono ripresi il diritto sovrano e costituzionale a decidere loro delle loro vite e lo hanno fatto in maniera inequivocabile, sconfessando le istituzioni della cosiddetta democrazia rappresentativa.
In un momento in cui all'interno delle istituzioni di questo Paese ad una democrazia formale non corrisponde un livello accettabile o quantomeno decente di democrazia reale, una pratica, imposta e praticata dai cittadini, di democrazia partecipata rappresenta una novità politica di portata epocale.
Il 12 e 13 giugno non c'è stato alcun “segnale”, il popolo sovrano si è espresso e peraltro nella sua maggioranza assoluta.
E come si è espresso ha una valenza rivoluzionaria.
Il 12 e 13 giugno la maggioranza assoluta del popolo italiano ha messo in mora il centro-destra e il centro-sinistra; ha messo in mora l'Europa di un trattato costituzionale fondato sul mercato; ha messo in mora l'onnipotenza e l'onnipresenza del mercato.
Ha affermato che i beni comuni ed i servizi essenziali non sono e non possono essere mercificabili. Che deve esistere uno spazio pubblico in cui siano i cittadini a decidere sulla base di priorità che non sempre, anzi quasi mai, sono di carattere economico.
Ha lavato via, con un'inondazione di “SI”, quel pensiero unico che per decenni ha rappresentato lo spartito su cui centro-destra e centro-sinistra da almeno venti anni suonano la medesima musica.
Ha detto che un altro modo di concepire il vivere comune non è solo possibile, ma praticabile da subito.
E' rivoluzionario perché tutto questo rappresenta nella sua devastante dimensione numerica il rovesciamento del paradigma stesso della “modernità”.
Non possiamo aspettarci che il palazzo ed il suo sistema dell'informazione colga o racconti questa narrazione.
Sta a noi in primo luogo assimilarla e farne la base della nostra nuova agenda di lavoro, non farci irretire dal canto delle sirene e mettere a frutto il patrimonio di questa straordinaria vittoria.
Per anni abbiamo camminato nel deserto e il 12 e 13 giugno abbiamo scoperto che la traversata era finita e ci siamo trovati di fronte il mare.
Ora dobbiamo imparare a navigare sapendo che cercheranno di impedirci l'imbarco; che in alto mare tenteranno i respingimenti; che per noi organizzeranno centri di identificazione su qualche isola sperduta.
Dobbiamo imparare a navigare perché loro hanno la forza ma un intero popolo ha dalla sua la ragione.
E allora ,,,, Alle vele! e, in mancanza di vento, ai remi!
Severo Lutrario
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