giovedì 6 ottobre 2011

La lettera dei 18 “Presidi” e la posizione del Tavolo


La lettera dei 18 “Presidi” e la posizione del Tavolo


È parte integrante dei compiti della scuola essere luogo di formazione civile e guidare gli studenti a conoscere e a valutare con spirito critico i problemi sociali, a partire da quelli della comunità scolastica. In questo senso la scuola, in particolare quella superiore, deve senz’altro, nei limiti dei suoi compiti istituzionali, favorire e valorizzare l’interesse dei giovani per la dimensione politica, sia attraverso lo studio delle materie scolastiche, sia mettendo a loro disposizione i suoi locali in orario pomeridiano per approfondire i problemi della società e della scuola da loro più sentiti e sperimentare le modalità e gli strumenti con cui è possibile partecipare attivamente alla vita democratica.
Gli studenti devono però essere consapevoli che se la politica è cosa seria e importante, devono risultare serie e credibili le forme della loro protesta. Dobbiamo dire in tutta sincerità che non possono risultare tali le occupazioni che si sono ripetute negli ultimi anni, al di là delle ragioni che in sé a volte erano condivisibili, dato che nella scuola i problemi e i motivi di disagio sono da tempo numerosi e gravi. È infatti inevitabile che si dubiti della genuinità delle motivazioni quando la protesta comporta un periodo più o meno lungo di vacanza. Ben altra credibilità avrebbero, anche agli occhi dell’opinione pubblica, attività politico-culturali organizzate dagli studenti durante il pomeriggio, oltre che nelle assemblee e negli attivi di classe in orario scolastico. Esistono poi tanti modi per far conoscere le proprie rivendicazioni, da internet ai volantini, dai comunicati stampa alle petizioni, oltre alle molte forme di pubblica manifestazione, purché rispettose delle leggi e dei diritti altrui.
La “difesa della scuola pubblica” è stata la principale parola d’ordine delle proteste studentesche, come di quelle degli insegnanti e delle organizzazioni sindacali. Proprio perché siamo convinti che la scuola pubblica sia un’istituzione fondamentale per la nostra democrazia, come dirigenti scolastici invitiamo a riflettere sul fatto che la scuola è un servizio pubblico, pagato dai cittadini con le tasse, e che ogni giorno di interruzione delle lezioni è un grave spreco di risorse, oltre che una lesione del diritto allo studio di tantissimi studenti. Senza contare che durante le occupazioni spesso vengono causati gravi danni agli edifici e alle attrezzature delle scuole.
La scuola pubblica, per definizione, non è proprietà né dei dirigenti, né degli insegnanti, né degli studenti, ma si può dire che il “proprietario” è la collettività, che fissa le regole per poterne usufruire. È questo che ne fa un servizio pubblico, a disposizione di tutti nel rispetto di quelle regole. In questo senso nessuna delle componenti della scuola ha diritto di appropriarsene, per qualunque motivo, e di impedirne l’uso ad altri.
La difesa della scuola pubblica e del suo prestigio passa anche da questa consapevolezza, che deve orientare i comportamenti di tutti, incluse le forme di protesta degli studenti. Ribadiamo quindi la nostra disponibilità e il nostro interesse a far sì che essi trovino nella scuola l’opportunità di esprimere le loro idee e far conoscere le loro richieste, ma come dirigenti scolastici abbiamo il dovere di garantire il rispetto delle regole che governano la comunità scolastica, cioè le leggi dello Stato e i Regolamenti di Istituto, di tutelare il diritto allo studio di tutti gli allievi e di preservare l’integrità e la funzionalità delle strutture scolastiche.

I dirigenti scolastici:

1. Valerio Vagnoli, Istituto professionale Saffi di Firenze
2. Patrizia D’Incalci, Liceo Scientifico Rodolico di Firenze
3. Emilio Sisi, Istituto Professionale Marconi di Prato
4. Roberto Curtolo, Istituto Tecnico Calamandrei e Liceo Agnoletti di Sesto Fiorentino
5. Massimo Primerano, Liceo Classico Michelangiolo di Firenze
6. Anna Maria Addabbo, Liceo Art. di Porta Romana di Firenze e Liceo Art. di Sesto Fiorentino
7. Luca Guerranti, Scuola media L. da Vinci di Poggibonsi e Ist. Sup. Carducci di Volterra
8. Daniela Venturi, Istituto Superiore Pertini di Lucca
9. Andrea Marchetti, Istituto Superiore di Figline Valdarno
10. Enio Lucherini, Liceo scientifico Copernico di Prato
11. Elisabetta Bonalumi, Liceo Pascoli di Firenze
12. Rolando Casamonti, Dirigente scol. utilizzato presso l'Ufficio Scolastico Prov. di Firenze
13. Luigi Pansino, già Dirigente Scolastico
14. Maria Delle Rose, Istituto professionale Cellini di Firenze
15. Ruggiero Dipace, Istituto tecnico Carrara di Lucca
16. Maria Francesca Cellai, Istituto tecnico Marco Polo di Firenze
17. Tiziana Torri, Direzione Didattica di Pontassieve
18. Gianfranco Carloni, Dirigente Scolastico, membro della Delivery Unit dell’Usr toscano

La posizione del Tavolo
Se non fosse che la scuola e l'istruzione sono questioni terribilmente serie, sarebbe sufficiente scrollare le spalle per liberarsi degli argomenti utilizzati dai 18 Dirigenti scolastici, lettera che ha suscitato reazioni molto indignate fra gli studenti e le studentesse, come testimonia la risposta di quelli degli istituti superiori di Pontedera.
Invece occorre metterne a nudo l'inconsistenza per evitare le trappole dei luoghi comuni. Il testo si apre con la proposta a ragazzi e ragazze di usufruire degli spazi scolastici in orario pomeridiano «per approfondire i problemi della società e della scuola da loro più sentiti e sperimentare le modalità e gli strumenti con cui è possibile partecipare attivamente alla vita democratica» . Forse ai nostri Dirigenti è sfuggito che non ci sono più custodi per aprire le scuole: alle medie inferiori è pressoché generalizzata la scelta di chiudere il sabato, costringendo adolescenti di 11, 12  e 13 anni a tour de force fino alle 14. Poco importa che per molti di loro, usciti di casa fra le 7.00 e le 7.45, il pranzo è posticipato alle 14.30, nel migliore dei casi, o alle 15.00. Né preoccupa che fare lezione di matematica o di italiano alla sesta ora significhi perdere tempo. Né tanto meno sfiora i nostri Dirigenti che vi è un investimento importante, finanziario e culturale, nella scuola dell'infanzia e primaria a favore dell'educazione alimentare, di comportamenti e abitudini corrette dal punto di vista della salute. Appena i ragazzi passano alla media inferiore tutto ciò si perde, giustificando così il prossimo taglio di quelle risorse oramai inutili da spendere!
E questa tendenza a contenere l'orario scolastico entro venerdì ha preso piede anche negli istituti superiori, senza che ne sia indicata alcuna motivazione pedagogica o didattica, saturando i tempi di ragazzi e ragazze, in particolare di quelli che vengono da comuni lontani, e impedendogli di fatto l'esercizio della “generosa” concessione del pomeriggio.
Le occupazioni scolastiche, pur nella loro ritualità, sono forme estreme di porre l'attenzione sui mali della scuola, sui danni prodotti da politiche scellerate, mascherate da ammodernamenti. Contrariamente a quanto sostengono i 18, gli studenti sono consapevoli che lo spettacolo quotidiano della politica non è cosa seria e importante, né ritengono efficaci e credibili le forme della protesta che suggeriscono loro i Dirigenti scolastici: «da internet ai volantini, dai comunicati stampa alle petizioni, oltre alle molte forme di pubblica manifestazione, purché rispettose delle leggi e dei diritti altrui». Le riporto per ricordare che i 18 fingono di non sapere che il Consiglio di Stato, lo scorso 29 luglio, ha rigettato il ricorso del Ministero dell'Istruzione avverso alla sentenza del TAR del Lazio, confermando l'illegitimità delle circolari sugli organici per gli anni scolastici 2009-2010 e 2010-2011. Cioè, i tagli di svariate migliaia di cattedre e di posti per il personale ATA sono fuori dalla legge, e lo dice un tribunale!
La difesa della scuola pubblica passa attraverso il rispetto rigoroso delle regole per tutti, invece gli studenti e le studentesse sono costretti in aule sovraffollate, insufficienti per accoglierli, in deroga alle norme di sicurezza; sono divisi in altre classi quando un proprio insegnante è assente; non hanno diritto all'ora alternativa quando decidono di avvalersene sempre per mancanza di risorse. Infatti alla nostra istruzione è riservata una quota della spesa pubblica così bassa che il nostro Paese si colloca al 29° posto fra i 34 più sviluppati, come ci ricorda l'Ocse. Ma siamo al 3° posto per quanto concerne le spese militari! 
Come si dialoga, come si discute con chi non rispetta la legge? Come si dialoga, come si discute con chi è artefice di questa colossale ingiustizia nell'allocazione delle risorse?
I 18 Dirigenti non lo dicono, e forse a loro non importa tutto ciò. Sollecitano, con la loro lettera, a venire allo scoperto, quel fronte già connivente con le “scelte politico-culturali” dei ministri Tremonti e Gelmini che ha perseguito e persegue il compito di distruggere la scuola pubblica. Un fronte che si candida all'interlocuzione con chi governerà il Paese, ma al quale imporre la propria agenda, le proprie priorità: le occupazioni, appunto. A loro non interessa parlare della scuola e delle risorse necessarie a farla funzionare, non interessa parlare dei diritti all'istruzione e del compito costituzionale della scuola. Altrimenti avrebbero occupato loro gli istituti che dirigono dinanzi allo scandalo di scuole ridotte così male!  

Nessun commento:

Posta un commento

ShareThis

Ultimo numero:

ViceVersa n.35

Post più popolari