Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano è oggi il principale sostegno del governo Monti, governo della Confindustria e delle banche. E' un fatto incontestabile.
Napolitano investe pubblicamente il “prestigio” della propria immagine pubblica per garantire a Monti il consenso d'opinione necessario a gestire le peggiori operazioni antioperaie e antipopolari. Quanto più tali operazioni sono impopolari, o virtualmente tali, tanto più Napolitano fa irruzione diretta sullo scenario politico per sponsorizzarle in prima persona.
Così è stato in occasione della distruzione delle pensioni d'anzianità. Così è oggi a fronte dell'attacco all'articolo 18 o della gestione del progetto TAV. In ogni passaggio cruciale la presidenza della Repubblica offre il petto a difesa del governo contro l'opposizione sociale (o il rischio che si produca). Di più: Napolitano incoraggia pubblicamente il governo a procedere contro i lavoratori e le resistenze sociali; chiede pubblicamente alla CGIL fedeltà incondizionata al governo e alla concertazione dei sacrifici; delegittima pubblicamente ogni movimento di opposizione di massa al governo, come i No TAV. Con un alto tasso di doppiezza: lo stesso Presidente che interviene da primo attore nel sostenere le ragioni della FIAT e delle banche, italiane ed europee, rifiuta persino l'ascolto dei sindaci della Val di Susa perché la questione non sarebbe ”di sua competenza”. Salvo rivendicare parallelamente la propria... “competenza” nel chiedere ai No TAV la resa incondizionata. Quanta ipocrisia!
Come PCL, non siamo meravigliati del ruolo della presidenza della Repubblica, non avendo mai creduto, a differenza di tutte le altre sinistre, alla “neutralità” di un'istituzione borghese.
Men che meno siamo meravigliati del ruolo specifico di Giorgio Napolitano, figlio legittimo di una storia politica che l'ha sempre contrapposto ai proletari: nella veste di dirigente stalinista contro la rivoluzione degli operai ungheresi nel 1956; nella veste di attivo sostenitore della politica berlingueriana di compromesso storico e di austerità antioperaia negli ultimi anni '70; nella veste di dirigente migliorista filocraxiano del PCI degli anni '80 a sostegno dei licenziamenti FIAT (1980) e contro la scala mobile dei salari ('84/'85); nella veste di fondatore e dirigente liberale del PDS-DS-PD negli anni '90 e nell'ultimo decennio, a sostegno della distruzione progressiva di tutti i diritti conquistati dalle precedenti generazioni del movimento operaio. L'attuale Presidente della Repubblica è diventato tale, col voto di tutti i partiti borghesi, anche in virtù di questo cursus honorum. Ed è comprensibile che voglia concludere degnamente la propria storia quale “salvatore” della patria borghese in cui ha sempre militato. E' umano.
Colpisce, invece, l'ossequiosa reverenza di cui Napolitano continua a godere a sinistra, presso gli stessi gruppi dirigenti della sinistra cosiddetta “radicale”. Nel migliore dei casi si “dissente” rispettosamente (e “con dispiacere”!) dalle “parole” del Presidente. Ma sempre assumendolo come interlocutore istituzionale cui appellarsi con dovizia di riguardi. Sempre aprendo i propri congressi nazionali con la lettura compunta e solenne del comunicato di augurio della presidenza della Repubblica, come nel caso dei congressi del PdCI, del PRC, di Sinistra Popolare, con tanto di applauso di rito. Sempre partecipando in varie forme al clima di ossequiosa reverenza che si deve ad una istituzione superiore, depositaria di un ruolo di rappresentanza costituzionale “universale” e possibile garante di “giustizia”.
Noi non partecipiamo a questo coro.
Siamo rivoluzionari, non riformisti. Combattiamo l'ipocrisia, non la avalliamo. Da marxisti, consideriamo lo Stato e le sue istituzioni, presidenza della Repubblica inclusa, come strumenti di dominio degli industriali e delle banche sulla classe operaia e la popolazione povera. Tanto più denunciamo il diretto ruolo politico di classe che questo Presidente sta svolgendo contro i lavoratori, in un momento drammatico della loro condizione e in un passaggio decisivo della lotta di classe.
Per questo, il Partito Comunista dei Lavoratori intraprende e intraprenderà un'azione pubblica di denuncia costante di Giorgio Napolitano e del suo ruolo. Non c'è reale opposizione a Monti senza un'aperta opposizione a Napolitano. Poniamo e porremo la necessità di una rottura aperta con Napolitano in tutti i movimenti e in tutte le organizzazioni di massa. Ogni viaggio istituzionale di Napolitano in giro per l'Italia vedrà in varie forme la sua contestazione pubblica da parte del PCL. Abbiamo iniziato a Cagliari e Sassari, suscitando scandalo nell'isola e imbarazzo nel Presidente. Proseguiremo ovunque. E chiameremo ovunque le altre sinistre e i movimenti a condividere la contestazione a Napolitano, quale controparte della classe lavoratrice, al pari di Monti, Confindustria, banche.
Partito Comunista dei Lavoratori
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