Recuperato per caso il primo bidone
E’ rimasto impigliato nella rete della barca impegnata nel monitoraggio dei fondali. Castalia: pescatori a rischio
E’ rimasto impigliato nella rete della barca impegnata nel monitoraggio dei fondali. Castalia: pescatori a rischio
da Il Tirreno
di Giulio Corsi wLIVORNO
Blù, leggermente ammaccato e con molte venature di ruggine. I tre simboli del pericolo ancora ben evidenti sul suo fusto nonostante quasi quattro mesi passati negli abissi tra Gorgona e Calambrone: estremamente infiammabile, tossico, pericoloso per l’ambiente. Un biglietto da visita spaventoso. Il primo dei 198 bidoni maledetti è emerso per caso dai 430 metri di profondità su cui si trovava insieme a due rimorchi e a tonnellate di veleno dalla notte del 17 dicembre 2011. Aperto, purtroppo. E vuoto.
A tirarlo su la rete del motopeschereccio che Castalia sta utilizzando per effettuare le analisi sul pesce che vive sui fondali al largo di Calambrone. Una cosa è certa: non capiteranno altri 197 casi di pesca “fortunata” e dunque quel piano per il recupero dei 96 bidoni e dei 18 sacchetti contenenti il materiale tossico che già sono stati individuati, e per il ritrovamento di quelli ancora dispersi, che Grimaldi dovrebbe presentare dopo domani, è di un’urgenza assoluta. La situazione è ancora grave e pericolosissima, non solo dal punto di vista ambientale per la contaminazione che nichel, vanadio e molibdeno possono produrre su pesci e crostacei, ma anche per l’eventualità che qualche pescatore, al Calambrone, fuori dalla vasta area vietata alla pesca per consentire le operazioni di ricerca e recupero, o altrove, ovunque siano finiti i cento bidoni-fantasma, possa raccoglierne uno con la propria rete. Senza considerare la possibilità che le correnti possano farne spiaggiare alcuni, il che a due mesi dall’inizio della stagione non è esattamente lo spot dei sogni per i balneari di Calambrone, Tirrenia e pure di Livorno. E’ stata una fortuna che la barca che per caso ha agganciato il bidone con la sua rete a strascico fosse proprio quella utilizzata da Castalia per portare avanti le operazioni di pesca, finalizzate al monitoraggio di Arpat e Ispra. Il 28 dicembre la capitaneria aveva diramato un vero e proprio vademecum, dando dettagliatissime disposizioni da adottare nel caso in cui uno dei 198 bidoni tossici caduti dall’Eurocargo Venezia, fosse stato avvistato su una spiaggia oppure raccolto dalla rete di qualche sfortunato pescatore. Utilizzo di guanti e calzari di gomma, tuta cerata, massima attenzione per evitare l’esposizione dell’equipaggio, chiusura di tutti boccaporti e immediata partenza verso l’approdo più vicino. Roba da film, vista in Cassandra Crossing o titoli del genere, e diventata d’improvviso realtà. Da allora però l’allarme per il possibile ritrovamento del materiale chiuso all’interno di quei bidoni - capace al contatto con l'aria di infiammarsi e sprigionare polveri e gas nocivi - sembrava essere passato in secondo piano, messo in un cantuccio dalle difficoltose operazioni di recupero dei fusti da parte di Minerva Uno e dalle analisi sul mondo sottomarino effettuate dall’Arpat e dall’Ispra. E invece nel fine settimana quel vademecum è tornato prepotentemente di attualità: perché la rete a strascico poteva essere quella di qualunque peschereccio operante nel nostro mare. «E’ chiaro che se i pesacatori non entreranno nell’area vietata non potranno correre il rischio», sottolinea in un primo momento Lorenzo Barone, capo delegazione di Castalia. Correggendo però, subito dopo, il tiro: «A meno che il centinaio di fusti mancanti non sia stato portato altrove dalle correnti». E finendo con l’ammettere candidamente: «Se questo è capitato, non posso negare che il rischio per quei pescatori sarebbe assolutamente reale
«Per ora nessun rischio per la salute»
I primi campionamenti di Arpat e Istituto superiore di sanità tranquillizzano, le indagini continuano
I primi campionamenti di Arpat e Istituto superiore di sanità tranquillizzano, le indagini continuano
LIVORNO Come sta il pesce che vive sui fondali di Calambrone su cui sono finiti quei due maledetti rimorchi carichi di veleno? E’ una delle questioni aperte di questa storia che da dicembre sta tormentando chi ha a cuore il nostro ambiente. Le risposte di Arpat per ora sono tranquillizzanti, ma è chiaro che non possono bastare i primi test. «I risultati non indicano particolari anomalie, in particolare le concentrazioni rilevate di nichel e vanadio sono in linea con le concentrazioni attese e coerenti con quanto rilevato nel corso degli ultimi anni - sottolineavano dall’Agenzia dopo le rilevazioni di fine gennaio -, il molibdeno non era stato finora ricercato in quanto la normativa non prevede soglie e valori standard di qualità ambientale, ma le concentrazioni rilevate nei vari punti sono coerenti fra loro e in linea con quanto atteso». Per quanto riguarda i pesci e crostacei, nella notte tra il 23 e il 24 febbraio, operatori di Arpat si sono imbarcati su un motopeschereccio d’altura per effettuare due pescate a nord-ovest e ovest dell’Isola di Gorgona su un fondale di circa 450 metri. Le valutazioni di tipo tossicologico sui campioni di pesci e crostacei, analizzati dall’Istituto zooprofilattico sperimentale sono state richieste dalla Regione Toscana all’Istituto Superiore di Sanità secondo cui non si evidenziano rischi per la salute umana attraverso il consumo dei prodotti ittici sottoposti a campionamento». (g.c.)
Nessun commento:
Posta un commento