lunedì 5 marzo 2012

Il giorno dopo: il Vernetto rivive la notte violenta


Il giorno dopo: il Vernetto rivive la notte violenta

di Massimiliano Borgia da Luna Nuova del 02/03/2012 – pagg. 4-5

La Prefettura risarcirà i danni al bar ristorante "La Rosa Blu", di Chianocco, dove i reparti delle forze dell'ordine hanno fatto irruzione mercoledì sera sfondando la porta d'ingresso. L'intervento è stato documentato con un video giornalistico che ha trovato ampia diffusione sul web.«La titolare del locale - ha informato ieri una nota della questura - è stata già contattata da personale della locale Compagnia ca­rabinieri e resa edotta della normativa e procedura da avviare presso la Prefettura per la quantificazione del danno subito in occasione dell'intervento di polizia (rottura vetrata e serratura porta d'ingresso) e relativa richiesta di risarcimento». La Questura invita chi ha riscontrato danni a «do­cumentare o formalizzare il tutto presso gli uffici di polizia o dell'arma dei ca­rabinieri, nonché presso la Prefettura di Torino, qualo­ra gli stessi siano riferibili all'intervento della forza pubblica».


Paoletta, quegli attimi dentro il suo ristorante non li dimenticherà mai.«Ave­vamo il ristorante pieno di clienti - ricorda - Quando abbiamo visto che fuori c'era la gente che scappava e la polizia che caricava, abbiamo chiuso a chiave. Ma ad un certo punto ab­biamo visto alle vetrate la polizia che voleva entrare. Nel locale tutti si sono messi a gridare. Ero talmente agi­tata che non trovavo più le chiavi delle seconda porta. Gli ho fatto segno che stavo aprendo la porta principale, ma i poliziotti hanno buttato giù tutto e hanno fatto irruzione. Erano nervosi. Ho ancora negli occhi le facce delle clienti che piangevano. Sembrava di vivere un film. Ma per fortuna non ci sono state violenze. Hanno solo chiesto i documenti a tutti».

Ma, il giorno dopo, questa prima vera carica della polizia vissuta dagli abitanti della valle di Susa, per Vernetto di Chianocco è come un incubo da cui ci si risveglia a fatica. Questi miti valsusini, ora sono più arrabbiati che mai. L'effetto dell'oscuro appello al dialogo del ministro Cancellieri lo si vede in un bar, alla pausa pranzo: un furgone di celerini, con accento veneto, parcheggia. Nel bar ci sono operai e i soliti avventori. Partono parole che non ti aspetteresti da questa gente nei confronti delle forze dell'ordine. Fino al:«Io, scusate, il caffè, vado a berlo fuori, non sto qui con questi». Alle 8 del mattino, al bar più avanti, era impossibile provare a prendere le ragioni delle forze dell'ordine.

Tutti riferiscono della fila di auto devastate al passaggio dei reparti«Chi abita qui ha il po­sto auto dentro il giardino o in garage. Erano le macchine dei No Tav. Gli hanno spaccato i vetri. C'erano proprio i segni dei manga­nelli sulle carrozzerie». Ma di auto sfasciate nemmeno l'ombra.«Quando è passato tutto sono tornati a portarsele via». Veramente, vetri in terra non se ne vedono. Ma si vede che comunque quella porzione di statale 25 è stato un campo di battaglia. La polizia presidia lo svincolo mentre una pala meccanica della Sitalfa e i cantonieri rimuovono macerie e cumuli di immondizia accatastata dal servizio ristoro del presidio.

«Quando abbiamo visto la fuga dei No Tav in molti gli abbiamo offerto rifugio in casa nostra - ricordano Elio e Renato, due pensio­nati - Avevamo i No Tav in casa e i poliziotti che urlavano ai nostri cancelli. Un vicino ha anche salvato un asinello che era stato portato dai No Tav. Mio suocero dice che nemmeno durante i rastrellamenti ha visto una cosa del genere. Abbiamo aperto a tutti quelli che ci chiedevano di salvarli. Abbiamo aperto a tutti meno che alla polizia. Non discutiamo la legittimità dell'intervento della polizia, ma non era necessario usare i manganelli in quel modo. Chi cadeva veniva manganellato.E ' vero che la polizia deve fare il suo lavoro, ma c'è modo e modo. Pensi che ho visto dal balcone che un gruppo di poliziotti si è accorto di una Punto bianca con due persone dentro che cercavano di andare via. Gli hanno tirati giù di forza e gli sono volati addosso».

Ma il vero incubo sono stati i lacrimogeni. Una cappa che si è infilata dappertutto, da cui si sono salvati solo quegli alloggi con i doppi serramenti. I filmati documentano chiaramente gli spari contro le case. I No Tav scappavano nei prati e oltre la ferrovia mentre scattava la caccia all'uomo. Ma i lacrimogeni contro le case sono stati sparati subito, allo sgombero della folla sulle rampe dell'autostrada. Ora si vedono gli involucri di gas Cs esausti nei cortili e negli orti, vicino alle cucce dei cani e ai giochi dei bambini. «Sentivo battere i lacrimogeni sui vetri». Urla un anziano dal balcone. Poi scende a tranquillizzare il cane: «Ce li hanno sparati sui balconi e sui tetti. Ci sono "bossoli "fin oltre la ferrovia».

Emilio Sibille, titolare della grande ferramenta, aveva già subìto il rogo di circa 200 sacchi di pellet lunedì sera. Da un po' di tempo ha installato una veranda di pannelli solari. «Questi qui - mostrando gli involucri dei lacri­mogeni - avrebbero anche potuto spaccarmi i pannelli. Se fossero caduti lì sopra avrei avuto un danno enorme. E poi era tutta una nuvola. Faceva davvero paura».

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