Riceviamo e volentieri giriamo l'appello di singoli Rsu e lavoratori Cso e Gkn (aziende metalmeccaniche di Firenze) verso il corteo dell'11 febbraio, per discutere del caso Fiat, della difesa del contratto nazionale, dello Statuto dei Lavoratori, in un'assemblea da tenersi giovedì 2 febbraio alle 21 a Campi Bisenzio (Fi).

Fateci arrivare le vostre adesioni all'appello e alla partecipazione all'assemblea
Uniti siamo tutto, divisi siamo nulla!
Coordinamento 20 Maggio 

Contro la dittatura aziendale, protagonismo operaio e democrazia reale
Nel giugno 2010 si teneva il referendum farsa, voluto dalla Fiat, sull’accordo di Pomigliano: in cambio di presunti investimenti, gli operai di Pomigliano dovevano rinunciare a diritti fondamentali, contrattuali e costituzionali, accettare peggioramenti su ritmi di lavoro, turni e pause.
Ci fu detto che era un caso particolare. Dal primo gennaio 2012 invece il “modello Pomigliano” è esteso a tutti gli 86.200 lavoratori del gruppo Fiat.
E siccome al peggio non c’è mai fine, questa volta Fiat non fa tenere nemmeno il referendum. Hanno votato solo le Rsu: 600 persone hanno deciso per 86000 lavoratori. Chi non firma tale accordo è privato dell’agibilità sindacale. Sono quindi “messe fuori dalla fabbrica” Fiom e sindacati di base: sigle che rappresentano la maggioranza relativa degli iscritti al sindacato. 
Sarebbe un errore pensare che questo non ci riguardi. Non si può perdere in Fiat e pensare di tenere botta nelle altre aziende.
Il modello Marchionne è solo la punta avanzata di una strategia più generale. Non a caso i metalmeccanici e i lavoratori del commercio hanno subito contratti separati, senza potersi esprimere con un voto. Non a caso il decreto liberalizzazioni abroga il contratto nazionale nel settore ferroviario e il Governo Monti torna a mettere in discussione lo Statuto dei Lavoratori.
ll punto di arrivo è lo stesso: garantire imargini di profitto della finanza e dei grandi gruppi industriali in un contesto di crisi epocale di questo sistema. Ovunque è lo stesso ricatto: o ti adegui al mercato o vieni spazzato via. Non è più quindi solo in discussione il diritto alla malattia, allo studio, alla casa, alla pensione.
Stanno mettendo in discussione il diritto ad avere diritti e ad organizzarsi sindacalmente. Eppure una resistenza è in campo.
E’ stata indetta una manifestazione nazionale l’11 febbraio contro Marchionne. Ma non solo: dalle lotte in Fincantieri, passando per l’Esselunga e per le diverse aziende in presidio permanente o occupate (Jabil, lotta degli appalti ferroviari...), si moltiplicano le lotte radicali e determinate. Il problema è che queste mobilitazioni vanno collegate tra loro, generalizzate, unite sulla base di un programma.
I vertici Cgil insistono invece con il riavvicinamento ai vertici di Cisl, Uil e persino Ugl, a quelle stesse organizzazioni sindacali che in Fiat sono parte attiva del modello Marchionne.
Un riavvicinamento fatto tutto a discapito della lotta.Così in nome dell’ “unità” con Cisl e Uil, siamo stati chiamati a uno sciopero generale di 3 ore, percepito da buona parte dei lavoratori come insufficiente.
La Toscana non fa eccezione. Anzi, è la capitale di tale concezione sindacale sbagliata. Le direzioni sindacali, legate a doppio filo al potere locale del Partito Democratico, ci cantano la ninna nanna e ci raccontano della favola del “modello toscano” dove diritti e salari sarebbero tutelati dalla “concertazione”.
Per questo noi lavoratori metalmeccanici della Gkn e della Cso rivolgiamo un appello, per la piena riuscita della manifestazione dell’11 febbraio contro Marchionne.
E’ evidente però che una manifestazione nazionale di per sé non può bastare. Per questo è necessario discutere quale prospettiva di lotta da sviluppare prima e dopo l’11 febbraio.
Vi chiediamo di aderire al nostro appello e di partecipare il 2 febbraio a Campi Bisenzio ad un’assemblea che metta al centro la necessità di dare una risposta di lotta adeguata alla crisi e agli attacchi che arrivano da Governo e Confindustria.
Contro la dittatura aziendale, noi non abbiamo altri strumenti che la solidarietà reciproca, il protagonismo e una democrazia reale. Se il modello Marchionne parte dalla negazione dei diritti in fabbrica, per imporla a tutto il resto della società, noi dalla fabbrica vi lanciamo questo appello: fermiamoli nei luoghi di lavoro per fermarli in tutta la società.