Contro il fascismo aziendale, lavoratori partigiani!
Il piano Marchionne è ormai una realtà non solo per gli operai FIAT, ma per lʼintero comparto auto. Consiste
nellʼaffermazione di un solo principio: fare del luogo di lavoro un zona franca dove lʼunica regola è dettata
dalla voce del padrone. A Pomigliano nessuno degli iscritti Fiom e sindacati di base viene ripreso a lavorare.
A Mirafiori la Fiom è espulsa dalla fabbrica e deve prendere la propria sede in un camper fuori dai cancelli.
Marchionne è solo la punta più avanzata di un modello che si estende per gradi e ritmi diversi a tutto il
mondo del lavoro. I primi ad esserne investiti sono naturalmente i metalmeccanici, privati del contratto na-
zionale dalla disdetta unilaterale di Cisl, Uil e Federmeccanica nel 2009. Ma la musica non cambia per gli
altri. Le liberalizzazioni tolgono la domenica di riposo ai lavoratori del commercio e abrogano il contratto
nazionale nelle ferrovie. Il modello Marchionne si generalizza perché non è nientʼaltro che il feroce tenta-
tivo di farci pagare la crisi. Non cʼè solo in campo lʼattacco su contratti e diritti, ma anche quello al nostro
salario e al nostro futuro. Aumentano contemporaneamente inflazione e disoccupazione.
Tutto questo è stato possibile grazie alla complicità, dei Governi che si sono susseguiti negli ultimi decen-
ni, usando la precarietà come un grimaldello per livellare i diritti al punto più basso possibile. In questo il
Governo Monti non si distingue dal precedente: abbiamo sostituito il Governo di pagliacci reazionari con
uno di sobri reazionari. Per i lavoratori niente cambia.
Vista lʼincapacità di Berlusconi di gestire gli affari della finanza, la finanza va direttamente al Governo con
lʼunico obiettivo possibile: salvare se stessa, costi quel che costi, in nome di un misterioso interesse genera-
le. Non possiamo perdere questʼultima battaglia, fermiamo Marchionne e i suoi inesistenti piani industriali,
fermiamo il Governo e lo smantellamento dellʼarticolo 18, che - alla faccia di Bonanni - non ha bisogno di
nessuna “robusta manutenzione”.
Ma se quanto abbiamo detto finora è vero, e lo è, che cosa ci fa il gruppo dirigente Cgil al tavolo della trattati-
va con Governo, Cisl e Uil? Quella trattativa va abbondanata immediatamente. In primo luogo perché il sinda-
cato non dovrebbe sedere nemmeno ad un tavolo dove è in discussione lʼarticolo 18. In secondo luogo perché
a quel tavolo ci sono le stesse organizzazioni sindacali che in Fiat stanno contribuendo allʼannientamento
della Cgil stessa. Infine, perchè - forse la Camusso se ne è dimenticata - il Governo Monti ha appena varato
una devastante controriforma pensionistica che rende lʼetà pensionabile italiana tra le più alte in Europa.
Altro che trattative, noi abbiamo bisogno di organizzare una vera e propria resistenza operaia: lotte ad ol-
tranza contro le chiusure aziendali, scioperi a scacchiera e articolati per la riconquista dei contratti nazionali,
assemblee di delegati per coordinare le mobilitazioni e aprirle a tutto il territorio, casse di resistenza per
licenziati politici e aziende in lotta permanente. Lo sciopero generale del 9 marzo della Fiom deve diventare
una tappa di questo percorso. Unʼaltra tappa importante sarà la manifestazione del 31 marzo a Milano
“Occupy Piazza Affari” contro la dittatura della Borse e delle Banche.
Dobbiamo portare nei luoghi di lavoro la stessa tenacia e resistenza delle popolazioni della Val di Susa, in
lotta contro una grande opera voluta da cementifi catori e grandi gruppi fi nanziari. Ma questa prospettiva è
realizzabile solo con una nuova stagione di protagonismo operaio. Più e più volte i lavoratori dovranno pren-
dere atto di questa realtà: il gruppo dirigente sindacale è fossilizzato in un anacronistico mondo di trattative,
concertazione, convegni e patti sociali. Le aziende invece picchiano e picchiano duro, con determinazione
e con una strategia precisa. Sta a noi soccombere al fascismo aziendale o essere i partigiani di una
nuova stagione di diritti e conquiste sociali.
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