Il giorno 8 Marzo sarà, come ogni anno, la "festa" della donna, purtroppo però sempre meno persone considerano tale data una ricorrenza piuttosto che una festa, dimentiche di quelle operaie tessili americane che pagarono con la vita la lotta per i loro diritti. Per questo il collettivo universitario senese DAS_ Dimensione Autonoma Studentesca, convinto che una discussione seria sulla questione di genere non possa prescindere da un'ottica di classe, ha organizzato per il giorno successivo, cioè il 9 Marzo, un dibattito con quelle realtà, in cui l'essere donna continua ad essere spesso una difficoltà, in quelle realtà cioè dove le politiche sulle pari opportunità sono più lente da mettere in pratica o dove a volte non vengono neppure iniziate.
Il tema sarà infatti la questione femminile all'interno delle carceri, sia nel senso proprio del termine, cioè le prigioni, sia intese come CIE (Centri di Identificazione ed Espulsione).
Le carcerate, così come le donne immigrate rinchiuse nei C.I.E., sono due categorie di donne solitamente escluse dai discorsi del femminismo mainstream. Se si parla tanto di emancipazione e libertà delle donne, le protagoniste di questa analisi sono le donne private della libertà nel senso più estremo che questa definizione può assumere.
Si impone subito, per maggiore chiarezza, una precisazione: il carcere è una struttura repressiva a prescindere dal genere. È il concetto stesso di detenzione che situa sia uomini che donne in una condizione di subordinazione e costrizione.
La formazione e l’implementazione delle norme su cui si fonda la concezione stessa del sistema detentivo, non è neutra ma rappresenta un sistema che nasce dai rapporti di forza presenti in una data società. Dato questo assunto possiamo considerare il carcere come un organismo preposto alla difesa di tali rapporti, a beneficio del mantenimento dello status quo.
Mentre sono state fatte molte analisi sulla manifestazione delle dinamiche di classe nei sistemi detentivi, sono meno indagate le modalità con cui le questioni di genere vengono ripresentate, soprattutto in una fase di mutamento del sistema repressivo in cui alle esperienze tradizionali si associano nuove incarnazioni del sistema repressivo.
“Le donne rinchiuse in carcere attualmente in Italia sono circa 2600, il 4% dei detenuti. Di queste poco più di 60 sono internate insieme ai loro figli di età inferiore ai 3 anni. Le detenute in stato di gravidanza oscillano intorno alle 20-30 unità. In Italia sei sono le carceri interamente femminili e sedici gli asili nido funzionanti.
Il problema delle detenute non è tanto quantitativo ma qualitativo. Le donne hanno molti più problemi nell'affrontare la detenzione, problemi che investono sia la sfera psicologica che quella materiale; la vita detentiva, sviluppatasi su criteri espressamente maschili, mette a dura prova le donne in generale e si aggrava se le stesse sono madri. [...]Una maternità interrotta quella nelle carceri, così come interrotta è l’infanzia di quei bambini che tra 0 e i 3 anni vivono reclusi nel carcere, così come segnata per sempre è la vita dei figli fuori con le madri in carcere. Questi figli dietro e fuori le sbarre restano invisibili come le loro madri per la società e le istituzioni.” (cit. appello "Madri per Roma città aperta")
Ancor più preoccupante è però la situazione all’interno dei Centri di Identificazione ed Espulsione (C.I.E.), dove nella più totale assenza di comunicazione con l’esterno, all’oscuro da ogni forma di controllo democratico, la violenza cui le donne, in modo specifico rispetto agli uomini, sono sottoposte, giunge al culmine.
Per affrontare a 360 ° questi difficili temi, in un dibattito, che vuole essere quanto più aperto e inclusivo possibile verso gli studenti e la cittadinanza tutta, abbiamo invitato :
- IMMA BARBAROSSA presidente della Commissione Pari Opportunità del Comune di Bari e promotrice di progetti teatrali nel carcere di Bari;
- ELENA COCCIA avvocato penalista e Presidente del Consiglio Comunale di Napoli;
- MIRELLA SARTORI dell'Associazione Madri per Roma città aperta, attenta ai diritti e alle necessità dei bambini e delle loro madri in carcere;
- ANDREA SEARLE, dell'Associazione NO CIE di Siena.
L'incontro si terrà a partire dalle ore 16.00 presso l'aula 401 al IV piano dell'edificio di San Niccolò (Facoltà di lettere e Filosofia), posto in via Roma 56, Siena.
La cittadinanza tutta è invitata a partecipare.
DAS_Dimensione Autonoma Studentesca
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