«Fiora, abbiamo perso un’occasione»
Il sindaco di Castell’Azzara spiega perché non è andato all’assemblea dell’acquedotto: «Solo problemi interni al Pd»
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di Fiora Bonelli
CASTELL’AZZARA Il comune di Castell’Azzara, dopo aver disertato la firma del patto territoriale della sanità, non si è presentato nemmeno lo scorso 29 luglio alle elezioni dei membri per il rinnovo Cda. Questa scelta, spiegata dallo stesso sindaco Marzio Mambrini, si regge su motivazioni politiche precise: intanto, secondo il primo cittadino, il rinnovo si è consumato su problemi tutti inerenti al Pd o quasi, e sulla conta delle poltrone. Ma soprattutto a Mambrini non va giù che il servizio idrico sia considerato mera realtà economica e non come parte della pubblica amministrazione. «Dal dibattito in corso in questi giorni sul rinnovo del consiglio di amministrazione dell’Acquedotto del Fiora, tutto o quasi incentrato sui problemi interni al Pd, è restata assente la notizia della decisione di non partecipare al voto assunta dal Comune di Castell’Azzara e spiegata dallo stesso sindaco in assemblea». Dove il primo cittadino è partito dal fatto che «nonostante il suo comune sia piccolo e quindi con un pacchetto azionario irrilevante, sentiva l’obbligo di motivare la scelta di non partecipare alla elezione del rinnovo del cda di Fiora». Che è la seguente: «Oggi più che mai è indispensabile fare ricorso all’etica della responsabilità di mandato: gli amministratori devono cioè chiedersi se con le azioni e gli atti che intraprendono vengano soddisfatti al meglio gli interessi dei cittadini e dei comuni consorziati. Un pensiero, questo, in antitesi con quello del Fiora, che ha sostenuto che il settore dei servizi pubblici non deve essere percepito come una parte della pubblica amministrazione, ma come realtà economica». Mambrini ricorda invece come contro questa filosofia il suo Comune si sia speso molto, con l’approvazione di un ordine del giorno nel marzo 2010 con cui si riconosceva il servizio idrico come privo di rilevanza economica e successivamente, il 16 giugno del 2010, con una variazione al proprio statuto comunale per il riconoscimento dell’acqua come bene comune pubblico. «Il rinnovo del CdA del Fiora poteva quindi essere una ghiotta occasione per ripensarne la mission societaria – commenta duramente Mambrini – per ridefinirne obiettivi ed interessi pubblici, dando vita ad un percorso partecipativo. Crediamo che si sia perduta una occasione di riflessione collettiva su cosa vorremmo da una delle società a maggioranza pubblica più “chiacchierata” e meno “digerita” dai cittadini. Purtroppo il dibattito, consumatosi in luoghi diversi da quelli che avremmo auspicato, si è incentrato solamente sulle “poltrone”, demandando al poi le altre questioni». Infine, la staffilata finale: «In ultimo – da amiatini – ci sentiamo di ricordare al nuovo Cda che l'Amiata, lo si sa, è la fabbrica dell'acqua: la quasi totalità delle 203 sorgenti che assicurano all'Ato 6 più o meno 28 milioni di mc di acqua, sono in Amiata. La legge Galli deve garantire la riproducibilità della risorsa idrica e quindi bisogna convenire che una fabbrica abbisogna di personale che vi lavori, perché l'acqua non è un prodotto che c'è a prescindere: per realizzarlo occorre un presidio attivo del territorio, politiche di conduzione del bosco e di salvaguardia ambientale» «In altre parole – conclude il sindaco Mambrini –, occorre garantire la permanenza dell'attività umana in Amiata. Confidiamo che i nuovi dirigenti di Acquedotto del Fiora sappiamo dare vita anche ad azioni di questa natura».
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