La scuola iniqua
di Benedetto Vertecchi
da Tuttoscuola
30 settembre 2013
Si dice che di buoni sentimenti siano lastricate le vie dellinferno. Aggiungerei che la quantità di buoni sentimenti esibiti sui diversi aspetti del funzionamento della scuola (da quelli istituzionali e organizzativi a quelli didattici) è tale da fornire non solo i materiali occorrenti per provvedere al lastricato, ma anche per assicurarne unadeguata manutenzione. Infatti, se dovessimo prendere per buone le dichiarazioni dintenti che si sono succedute circa la funzione della scuola, il suo ruolo nellassicurare luguaglianza delle opportunità educative, il contributo che essa potrebbe fornire al superamento delle differenze fra allievi appartenenti a diversi strati sociali, il diritto di tutti ad acquisire le conoscenze necessarie per partecipare consapevolmente alla vita politica e sociale nel mondo contemporaneo, potremmo immaginare che lutopia descritta da Bacone nella Nuova Atlantide si sia finalmente realizzata e che nella società contemporanea la scuola costituisca una sorta di Casa di Salomone, che rischiara col proprio apporto di conoscenze e valori le varie manifestazioni della vita associata.Evidentemente qualcosa deve esserci sfuggito, se oggi, guardandoci intorno, non solo non intravediamo nulla che richiami alla nostra memoria le caratteristiche della mirabile istituzione uscita dalla penna del grande Cancelliere, ma abbiamo limpressione del contrario, e cioè che il cammino virtuoso che talvolta aveva fatto pensare alla scuola come ad una istituzione capace di assicurare una certa misura di equità non solo si sia arrestato, ma abbia avuto inizio un movimento retrogrado, che ci riporta a concezioni della natura umana e dei destini sociali che si credevano superate. La grande crescita dei sistemi scolastici nellOttocento e nel Novecento (compresa, anche se con ritardo rispetto ad altri paesi, quella del sistema scolastico ita liano) è stata resa possibile, se non dal superamento, almeno da unattenuazione delle interpretazioni deterministiche circa i processi di sviluppo nella prima parte della vita. In altre parole, è del tutto inutile provvedere alleducazione formale di bambini e ragazzi che si considerano per natura incapaci di apprendere. Senza troppo sottilizzare nella ricerca di giustificazioni teoriche, la spinta sociale allistruzione ha assunto un carattere antinaturalistico, quando ha affermato la necessità di sottrarre allignoranza e alla superstizione quegli strati maggioritari delle popolazioni che da secoli vi soggiacevano. Quando tale spinta si è incontrata con lirruenza militaresca della cultura del positivismo limpegno per listruzione ha assunto le caratteristiche di una ve ra e propria guerra: il nemico da battere era lanalfabetismo, il territorio da conquistare erano le quote di popolazione che permanevano in uno stato di soggezione e di mortificazione mentale che si trascinava da secoli.I nodi teorici dello sviluppo scolastico che in un primo tempo si era evitato di affrontare emersero tuttavia non appena, proprio per il diffondersi dellalfabetizzazione, incominciarono ad emergere le contraddizioni di società (è il caso dellItalia) che avevano intrapreso inconsapevolmente un cammino di equità, respingendone però le implicazioni sociali e politiche. Un conto era infatti offrire a tutti i bambini (o, almeno, a gran parte di loro) i primi rudimenti dellistruzione, altro conto accettare che tali rudimenti potessero essere considerati da parti più o meno consistenti della popolazione il primo passo di un percorso a conclusione del quale poteva intravedersi per alcuni la perdita di una condizione di favore e per altri il raggiungimento di traguardi di equità. Quel che i deterministi nostrani avevano omesso di considerare era che la spinta allequità doveva essere considerata intrinseca alla crescita dei sistemi distruzione formale, come sarebbe dovuto apparire evidente se si fosse considerato che la prima, grande spinta allalfabetizzazione (quella conseguente alla riforma religiosa di Lutero) aveva avuto lintento di assicurare a tutti i cristiani le medesime opportunità di accesso alle Scritture: è come dire che la componente dinamica di quella prima alfabetizzazione si qualificava come una sorta di equità delle condizioni per la salvezza.Assistiamo oggi ad un ritorno di determinismo, anche se variamente imbellettato. In breve, si assumono decisioni che possono essere giustificate solo dallassunzione preliminare di differenze tra gli individui per ciò che riguarda il loro potenziale di apprendimento. Se il determinismo tradizionale faceva derivare dalla natura la ragione delle differenze tra gli individui, quello attuale ha lasciato cadere ogni reticenza: il successo nellistruzione varia in modo concomitante alle condizioni sociali degli allievi. Solo la riproposta rituale dei buoni sentimenti che si è soliti associare alleducazione scolastica impedisce di affermare, sic et simpliciter, che solo una parte favorita degli allievi trarrà dalla scuola benefici che potranno segnare positivamente il corso successivo della vita. Nelleducazione si è affermata una linea di pensiero che vorrebbe essere realista, e che a mio giudizio è invece iperrealista: per essa occorre prendere atto di aspetti fenomenici delleducazione.
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martedì 1 ottobre 2013
La scuola iniqua
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