Se la proprietà comune diventa una bestemmia
Di Francesco Draghi e Andrea Malpezzi, da Il Becco
Il nostro è il Paese delle ricorrenze e della retorica. Anche quest’anno, puntuale come il Ferragosto, è arrivata la ricorrente campagna sul degrado cittadino contornata da tutta la più vieta retorica sui bei tempi antichi, atteggiamento da conte Frescobaldi, noto imitatore non professionista di organo a canne e a tempo perso proprietario di azienda agricola, personaggio che a suo tempo ad Alto Gradimento faceva concorrenza al professor Aristogitone e a Patrocloooo.
Conduce la campagna sul degrado cittadino La Nazione, organo ufficiale della FederMummie fiorentine, un giornale che ancora è indeciso se dare notizia delle dimissioni di Quintino Sella, in attesa che il sor Bettino (Ricasoli non Craxi) suggerisca la linea editoriale da seguire, d’altra parte vanno compresi, per comunicare da Brolio col calesse ce ne vuole del tempo.
Alla voce del quotidiano cittadino da un po’ di tempo si è aggiunta la voce (autorevole anziché no) dell’Arcidiocesi fiorentina.
L’Amministrazione comunale diretta dal Kennedy di Troghi si è trovata spiazzata, pronta a reagire a qualsiasi attacco da sinistra, anche la più moderata, è rimasta incerta, titubante, stordita sotto il fuoco amico.
A reagito (ri)annunciando l’assunzione di 100 vigili urbani, l’istituzione della squadra antidegrado, misure repressive dell’accattonaggio, del consumo di alcolici, più altri divieti quanto basta, come l’aglio nelle ricette.
Tuttavia nessuno, ma proprio nessuno, si è posto la più semplice delle domande: se c’è degrado, quali ne sono le cause?
La domanda è così semplice da essere imbarazzante! La Nazione, l’Arcidiocesi, l’Amministrazione cittadina, così pronti ad affrontare con la retorica della bella frase ad uso e consumo dei media ogni questione, di fronte alla semplicità non sanno più cosa dire.
La Nazione potrebbe dirci ad esempio perché così sollecita a denunciare il degrado cittadino, non denuncia mai una politica urbanistica che di fatto ha svuotato di residenti e di funzioni culturali il Centro storico, riducendolo a vetrina per turisti mordi e fuggi, dove la fanno da padroni la rendita e le catene del lusso.
L’Arcidiocesi potrebbe dirci ad esempio come ha utilizzato i 1.175.341,51 euro (unmilionecentosettantacinquemilatrecentoquarantuno virgola cinquantuno) di contributi dagli oneri di urbanizzazione per edifici di culto, ricevuti da parrocchie ed altri enti religiosi da essa dipendenti, come risulta dai relativi atti dirigenziali del Comune di Firenze; in definitiva dovrebbe dirci se questi soldi hanno contribuito o meno a diminuire il degrado, se non altro dei luoghi di culto.
L’Amministrazione comunale, l’attuale come la passata, che sicuramente è la principale responsabile del degrado cittadino dovrebbe dirci se intende continuare la politica finora seguita, fatta da un mix di repressione (la squadra antidegrado) e di concessione ai poteri forti (affitto e chiusura di Ponte Vecchio).
La verità è che questa giunta di enfant prodige concepisce la lotta al degrado come materia di ordine pubblico, sollecitata in questo dal quotidiano citato che ancora si meraviglia come per l’accattonaggio non sussistano più le pene severe dei tempi di Gian Gastone, non guarda alle cause, ma agli effetti.
Per inciso vorrei a questo punto chiedere al lettore se si sovviene della discussione a suo tempo animata sulle cosiddette “ronde padane”, anch’esse pensate per combattere il degrado e miseramente naufragate nel ridicolo e buon per loro nell’oblio.
Le cause stanno soprattutto in una politica che ha fatto del privato, del “particolare” avrebbe detto un nostro famoso concittadino, l’alfa e l’omega di ogni azione politica: privatizzazioni, liberalizzazioni, precarizzazioni; … ed anche: corruzioni, concussioni, … .
L’aggettivo collettivo è diventato una bestemmia, una parola indicibile, da non pronunciarsi in società, soprattutto in presenza di signore e di bambini, così che tutto quanto è collettivo (ovvero di tutti), in primis la Città (con la maiuscola) può essere svenduto, occupato, violentato, così che piano piano i cittadini perdano ogni cognizione di questa loro proprietà collettiva e indivisibile. Ecco la vera causa del degrado, assieme a tutte le storture sociali prodotte dalla stessa mentalità espropriatrice di ogni bene comune e di ogni diritto.
Ma noi fiorentini, della città e del contado, si sa siamo abituati alla bestemmia, ed allora pronunciamone una bella sonora: o la città torna ad essere proprietà collettiva o qualsiasi iniziativa contro il degrado si riduce a vecchia e vieta retorica.
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