LETTERA APERTA A NAPOLITANO
Caro Presidente, il voto non si neutralizza
Signor Presidente, il governo ha posto la fiducia in parlamento per esercitare, con modalità inedite, una forzatura al fine di far passare un decreto che "neutralizza" il referendum abrogativo della legge che ripropone il nucleare nel nostro paese. Tralasciamo qui ogni considerazione politica sul disprezzo con il quale la sovranità popolare viene umiliata nel nostro paese e non entriamo nel merito delle valutazioni giuridiche in base alle quali la Corte di Cassazione deciderà nella sua autonomia. Ci poniamo invece un problema che, pur nella sua ovvietà fin qui poco considerata, pensiamo sollevi una questione costituzionale.
Noi pensiamo che se il precedente inaugurato dal governo in questa occasione si affermasse, una espressione determinante della sovranità e del potere popolare - il referendum - sarebbe nel nostro paese di fatto liquidato. In una parola, se di fronte ad ogni richiesta di referendum avanzata dai cittadini ed accolta dagli organi istituzionali preposti la contromossa dell'esecutivo fosse un provvedimento a maggioranza di sospensione (per un breve periodo) della legge in questione, verrebbe sospeso anche il potere abrogativo o convalidativo di cui il popolo è titolare qualora si raggiungesse il quorum in regolari votazioni. Se poi il marchingegno per la prima volta introdotto nell'esperienza repubblicana viene addirittura accompagnato dall'intenzione dichiarata di riproporre la legge di cui si è chiesta l'abrogazione in un tempo successivo, quando si «saranno calmate le acque», il referendum diventerebbe un istituto a discrezione della maggioranza parlamentare, che i cittadini non potrebbero mai riprendere nelle loro mani.
Signor Presidente, la domanda non è di poco conto e non riguarda soltanto la sua facoltà di firmare o respingere un provvedimento. La Costituzione riconosce al Popolo italiano un solo mezzo per esercitare la propria volontà di cambiare le leggi espresse durante una legislatura dalla maggioranza dei parlamentari da lui votati. All'istituto del referendum sono stati posti dalla Costituente vincoli che si rivelano più stringenti nella situazione attuale, al punto da rendere il raggiungimento del quorum un fatto di per sé straordinario, se si considera la scarsa informazione che gli italiani residenti e quelli all'estero continuano a ricevere. Ma oggi, con il voto anomalo di sospensione e rimando di un Parlamento costretto alla fiducia, rischia di essere definitivamente "neutralizzato" .
Signor Presidente, noi possiamo rivolgerci solo a Lei, per chiederLe di prendere in esame in tutte le sue implicazioni la prospettiva da noi temuta. Fidiamo in una sua parola e in un suo intervento.
Mario Agostinelli, Luciana Castellina, Paul Ginsborg, Emilio Molinari (la lettera è firmata anche da Gianni Tamino, per un errore di stampa non è stata elencata)
L'appello di LIBERTA' E GIUSTIZIA
Giù le mani dai referendum
27 maggio 2011
In Italia negli ultimi quindici anni vari elementi essenziali di una democrazia moderna sono venuti a mancare. La manipolazione dei media, l’iniezione di ingenti risorse patrimoniali a servizio di una parte politica o di un singolo candidato, la preselezione dei candidati affidata solo ai segretari dei partiti … Tutto ciò ha contribuito a dare alla democrazia italiana un aspetto drogato, sbilanciato, sempre più lontano da una classica democrazia liberale, fondata su ‘fair, just and free elections’.
A queste ferite si rischia ora di aggiungerne un’altra, piena di conseguenze: lo scippo dei referendum. In un sistema di democrazia rappresentativa, esiste sempre il pericolo che il cittadino rimanga troppo distante dai palazzi di governo, diventi spettatore passivo e sempre più scettico. I referendum sono uno dei pochi meccanismi al di fuori delle elezioni che gli permettono di far sentire la propria voce. Ora, in modo dichiaratamente strumentale, il governo Berlusconi vuole liquidare il referendum sul nucleare, mettendo così a gravissimo rischio il raggiungimento del quorum per gli altri due.
Qui viene a sollevarsi una questione costituzionale. Se la prassi usata dal governo in questa occasione dovesse diventare un precedente per ripetersi regolarmente in futuro, il referendum come strumento democratico verrebbe eliminato. In altre parole, se ad ogni richiesta di referendum fatta dai cittadini, la risposta della maggioranza parlamentare fosse quella di ritirare temporaneamente la legge in questione, per far venir meno le ragioni del referendum, dichiarando l’intenzione di riproporre la legge successivamente quando si saranno “calmate le acque”, il referendum perderebbe la sua funzione e non potrebbe mai più avere luogo. Tanto più che, per il referendum sul nucleare, l’argomento del clima di allarme creato dall’incidente di Fukushima è un argomento fallace, perché non si può subordinare lo svolgimento di un referendum a una valutazione del governo circa l’idoneità o meno delle circostanze contingenti.
LeG denuncia questa ennesima insidia e chiama i cittadini a contribuire a un movimento unitario di opinione pubblica che informi e diffonda l’allarme per un furto di democrazia che ci riguarda tutti, oltre ogni schieramento di appartenenza politica.
Gustavo Zagrebelsky, Paul Ginsborg
Gae Aulenti, Giovanni Bachelet, Sandra Bonsanti, Filippo di Robilant, Umberto Eco, Aldo Gandolfi, Giunio Luzzatto, Claudio Magris, Stefano Pareglio, Simona Peverelli, Elisabetta Rubini, Salvatore Veca.
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