giovedì 27 settembre 2012

n+1 - Newsletter numero 190, 22 settembre 2012


  n+1
 
Rivista sul "movimento reale che abolisce lo stato di cose presente"
 
Newsletter numero 190, 22 settembre 2012
 
Supplemento alla rivista n+1
Direttore responsabile: Diego Gabutti
Registrazione al tribunale di Torino n. 5401 del 14 giugno 2000
 
 
 
Instabilità strutturale
 
In ogni rivoluzione, la fase insurrezionale si accompagna al collasso del potere statale. Dai paesi della cosiddetta Primavera araba alla Grecia, dalla cina alla Spagna, dal cile agli Stati Uniti, i salariati del pubblico impiego sono scesi in piazza insieme con i proletari e spesso prima di loro. Nel subbuglio interclassista tipico dei periodi critici, quando la maggioranza della popolazione che ha qualcosa da perdere tende a ribellarsi, persino la sbirraglia militarizzata protesta contro i "tagli" o comunque contro un disagio. Gli "eserciti di popolo" sono sempre stati una delle chiavi delle rivoluzioni, ed è per questo che la borghesia tende oggi a sostituirli con volontari stipendiati, quando non addirittura con eserciti mercenari privati. Ma se anche questi sostituti incominciano a diventare inaffidabili, chi difenderà "lo stato di cose esistente"?
 
 
 
Apologia dell'impotenza
 
Minatori asserragliati in gallerie profonde, operai arrampicati su torri industriali, disoccupati che si danno fuoco o minacciano di farlo, aumento generale dei suicidi: un catalogo della disperazione che mostra il sopravvento dell'autolesionismo sulla lotta di classe. Il nostro avversario capitalista non potrebbe volere di più. E schiera al proprioservizio il Barnum della politica, il corporativismo sindacale, il giornalismo piagnoso, il pretume reclutatore per l'Aldilà. Si adopera nel diffondere questa apologia dell'impotenza affinché nulla cambi, affinché ognuno rimanga isolato nel suo cubicolo sociale, per carità, lontano dalle piazze e dalla lotta unitaria. Crede che tutto ciò sia una valvola di sicurezza contro la crescente pressione, mentre è solo un tappo micidiale.
 
 
 
Un altro mondo è possibile
 
Occupy Wall Street ha festeggiato il suo primo compleanno con una serie di manifestazioni in centinaia di città, non solo americane. Dicono che il movimento stia attraversando una crisi interna. Può darsi. In effetti ha dovuto produrre velocemente degli anticorpi di fronte alla minaccia di derive politicantesche e intellettualoidi. Come tutti i movimenti compositi deve affrontare una dura selezione per l'emergere di un programma. Tuttavia reggono bene i suoi caratteri essenziali, come il rifiuto di leadership personalizzate, l'anonimato, il rifiuto di rivendicazioni e quindi di trattative, il deciso antiparlamentarismo. L'apparente utopismo della dicotomia violenta 1-99% è in realtà un appello ai diseredati affinché si sveglino dallo stato di zombie (Wake up!). Tutti questi caratteri utili ai fini dello sviluppo anti-politicantistico e anti-forma, non sono graditi da chi osserva il movimento da nemico o anche solo dall'esterno, e la mancanza di consenso interclassista sembra isolare il movimento, il quale agisce per adesso come se avesse difficoltà a gestire cose più grandi dei suoi orizzonti immediati. In realtà, più che a una crisi, è di fronte a una biforcazione: o evolve o si estingue (ma non possono estinguersi le ragioni che l'hanno prodotto).
 
 
 
Salvare il capitalismo?
 
Il Presidente del consiglio Monti afferma: "Siamo tutti 'casta' perché finora abbiamo difeso i nostri interessi particolari. Adesso dobbiamo concentrarci sull'interesse generale se vogliamo avere qualche probabilità di salvezza". Dopo di che aggiunge che per l'interesse generale il suo governo ha dovuto prendere misure che deprimono ancora di più l'economia invece di sollevarla. A vantaggio di risultati futuri, si capisce. Naturalmente la leva su cui agire sarà, oltre alla macelleria sociale in via di attuazione, qualche magia che faccia aumentare la produttività. Complimenti! In una crisi di sovrapproduzione! L'esimio tecnico non spiega come si fa, prima deprimendo l'economia e poi licenziando operai affinché gli occupati rimasti siano più produttivi, ad aprire il luminoso orizzonte della ripresa. Suggeriamo un modello collaudato: nell'interesse capitalistico generale, lo Stato dovrebbe livellare violentemente le pretese di capitalisti e operai al fine di gestire in prima persona l'intera economia. Per non aver grane basterà non chiamarlo fascismo.
 
 
 
Sudafrica è il mondo
 
In agosto, in un distretto minerario del platino, la polizia sudafricana ha ucciso 45 minatori in sciopero, ne ha feriti 200 e arrestati 270. Negli scontri sono rimasti uccisi anche due poliziotti e cinque vigilantes armati. Siccome lo sciopero era stato dichiarato illegale dal governo, tutti gli scioperanti sono stati incriminati per omicidio, rispolverando una legge del vecchio apartheid. Sembrava che la violenta lezione e una proposta di aumento salariale spegnessero la lotta, ma i minatori, per quanto disperati nel loro isolamento, non si sono dati per vinti: hanno formato un "comitato di guerra" per coordinare la lotta e sono riusciti ad allargare lo sciopero ad altre miniere, fino a coinvolgere 50.000 operai. L'intera "cintura del platino" è stata paralizzata. Dopo 5 settimane di sciopero i sindacati sono riusciti ad imporre la loro linea accordandosi per un aumento salariale del 22%. Lo sciopero è rientrato, ma la rabbia è rimasta quella di prima.
 
 
 
Tecnologia dell'autodistruzione
 
Il mercato è ingolfato di merci invendute. I consumatori, sempre più blanditi da pubblicità ossessive, convinti o meno, sono senza soldi; e non possono d'altra parte nemmeno indebitarsi più di quanto consenta l'attuale livello di incoscienza, specie negli Stati Uniti, dove il loro debito ormai eguaglia il PIL. Con la centralizzazione del capitale, i marchi globali, sempre più assetati di profitto, diminuiscono di numero e impongono nei loro settori un ambiente monopolistico, gettando sul mercato un vortice di modelli che si differenziano dai precedenti solo per... ragioni di marketing. Nei settori tecnologici di punta la cosiddetta corsa all'innovazione consiste nel produrre merci in grado di legare il cliente al fornitore, in modo da rifilargli prodotti che funzionano solo in sistemi chiusi. Così si scatena la guerra per i brevetti fino a coinvolgere addirittura gli stati, mentre il consumatore non si accorge che, poco per volta, smette di acquistare una merce-oggetto rinnovabile a stagioni e finisce per pagare un canone a vita.
 
 
 
Vento nazionalista sul Pacifico
 
Cina, Giappone, Corea, Vietnam, Taiwan e Filippine hanno surriscaldato l'estate - già calda di suo - con una montante ondata nazionalistica. Piccoli affioramenti di roccia nell'Oceano Pacifico sono diventati il pretesto per uno scontro generalizzato. Ci sono state manifestazioni in ognuno di questi paesi contro ogni altro, prese di posizione dei governi, campagne giornalistiche. E' ovvio che la rivendicazione di scogli, piccoli e sperduti quanto si vuole, è legata alla definizione di acque territoriali sotto le quali potrebbe esserci petrolio o gas, ma potrebbe sembrare un tantino esagerato quel giornale cinese che suggeriva di saltare le vie diplomatiche e lanciare qualche missile atomico sul Giappone. Comunque Honda e Toyota hanno chiuso le loro fabbriche in Cina. E a Londra il seriosissimo The Economist ha ventilato un parallelo fra la Cina d'oggi e la Germania di un secolo fa in quanto la controversia per un pezzetto di roccia nell'Oceano potrebbe rivelarsi non meno micidiale dell'assassinio di un arciduca.
 
 
 
Quaranta miliardi di dollari al mese per comprare spazzatura
 
Terza ondata di "accomodamenti quantitativi" lanciata dalla Federal Reserve degli Stati Uniti: la banca centrale americana comprerà dalle banche private, fino a scadenza ignota, altri titoli subprime (quelli che hanno innescato la crisi attuale) per 40 miliardi di dollari al mese. Questo acquisto di "spazzatura" è stato annunciato insieme alla notizia che l'economia americana si sta riprendendo e che il costo del denaro continuerà ad essere pari o vicino allo zero. Poiché naturalmente occorre trasformare la prevista ripresa da "timida" a "vigorosa". Dopo quattro anni di iniezioni di liquidità per migliaia di miliardollari siamo alla confessione che tutto ciò non è servito a niente; anzi, le banche responsabili del disastro continueranno a ridere satolle.
 
 
 
NEWS DAL WEB
 
 
* * *

Nessun commento:

Posta un commento

ShareThis

Ultimo numero:

ViceVersa n.35

Post più popolari