Dubbi sulla lista d’imbarco dei fusti
La senatrice Granaiola del Pd: è giallo su alcune cancellazioni dai documenti e sul numero di colli che erano sul “ Venezia”
BIDONI TOSSICI IN MARE»DATI DISCORDANTI SULLA QUANTITÀ DI VELENI
La senatrice Granaiola del Pd: è giallo su alcune cancellazioni dai documenti e sul numero di colli che erano sul “ Venezia”
BIDONI TOSSICI IN MARE»DATI DISCORDANTI SULLA QUANTITÀ DI VELENI
da Il Tirreno
di Donatella Francesconi wLIVORNO «I documenti dell'Eurocargo Venezia sollevano più dubbi di quante siano le domande cui rispondono». La senatrice Manuela Granaiola (Pd) commenta così gli approfondimenti richiesti in questi giorni per cercare una luce pasticcio dei bisogni tossici in fondo al mare. Cosa trasportava l'imbarcazione della Grimaldi partita da Catania e diretta a Genova a metà dicembre 2011? Qualsiasi fosse il materiale, in che quantità era imbarcato? Quali controlli erano stati eseguiti a bordo? «Cercando una risposta alle domande che tutti ci siamo fatti – racconta Granaiola – ho raccolto documentazione e risposte che meritano un’interrogazione parlamentare». Autorizzazione di imbarco. L'agente marittimo Giuseppe Marangolo, titolare dell'omonima ditta con sede a Catania, il 15 dicembre chiede alla Capitaneria l'autorizzazione all'imbarco e trasporto di merci pericolose sul Venezia. Autorizzazione che la guardia costiera controfirma e che si compone di una “Lista delle merci pericolose da imbarcare”. Nella casella «nome tecnico delle merce pericolosa» viene indicata la dicitura «catalizzatore in fusti» con classe 4,2 del codice Imdg, quello internazionale per la classificazione del trasporto via mare di merci pericolose. Si tratta di materie soggette ad accensione spontanea entro 5 minuti dal contatto con l'aria. Salta agli occhi, però, che il numero della classificazione porta una correzione a mano. Che non è l'unica nel documento. Infatti, tre sarebbero i lotti imbarcati se non fosse che la prima riga dell'autorizzazione – documento valido per legge – è cancellata e un asterisco a pié di pagina avverte «non caricato». La griglia nella quale riportare tutte le informazioni che costituiscono la carte di identità del trasporto autorizzato prevede anche l'indicazione del numero dei colli. La casella, nel caso del "Venezia", rimane però vuota. Fanno fede i chili di materiale (massa o volume totale è la richiesta). Poiché il volume (come spiega una nota nel documento) va «espresso in litri» ma la tabella riporta l'indicazione Kg, se ne deduce che sul "Venezia" erano imbarcati 19.000 chili netti (26mila lordi) più altri 19mila di catalizzatore in fusti. Quale catalizzatore. Fusti pieni di cosa? Alla richiesta di approfondimento della senatrice Granaiola la risposta arriva dalla Isab Srl (azienda produttrice del materiale trasportato), Direzione manutenzione e costruzioni, nella persona del responsabile del magazzino, Salvatore Morello. Il quale così scrive in una e-mail inviata il 20 dicembre alla guardia Costiera di Livorno: «I due mezzi trasportavano catalizzatore a base di ossidi di nickel e molibdeno da rigenerare. I mezzi che ci risultano imbarcati sul Venezia sono i seguenti: rimorchio AB42546 con 112 fusti per un peso netto di 20.430 chili (peso imballo singolo fusto 18 chili per un totale di 2.016): rimorchio ME05475 con 112 fusti per un peso netto di 20.120 chili». I conti delle quantità sembrano considerare parametri diversi rispetto alla carta di imbarco: di sicuro c'è una spiegazione, commenta Granaiola, ma al momento resta un punto di domanda. Quello che si apprende è che fin dal 20 dicembre doveva essere chiaro che non di cobalto si trattava, come in un primo momento si era detto e scritto (per un intero mese, prima che questo punto venisse chiarito). Sulla natura del catalizzatore resta ancora un punto oscuro: nella relazione che nei giorni scorsi la Prefettura di Livorno ha consegnato alla senatrice Granaiola per riassumere l'intera vicenda, si legge che la presenza di catalizzatore cobalto-molibdeno era «indicata nel documento di trasporto» e che «la stessa Arpat precisava che il catalizzatore Nichel-Molibdeno mostra una solubilità maggiore rispetto a quanto poteva dedursi nelle schede di sicurezza e che ciò potrebbe essere dovuto alla esposizione all'aria della sostanza prelevata da un fusto aperto, presente sulla nave». La domanda, inevitabile, è su cosa sia realmente successo la notte del 17 dicembre a bordo del "Venezia". A quei bidoni carichi di sostanza al cobalto nel documento di trasporto, cobalto di cui nell'autorizzazione all'imbarco non c'è traccia. I controlli. «Viste le domande che restavano senza risposta dall'esame dei documenti – spiega la senatrice – mi sono rivolta direttamente alla Capitaneria di porto di Livorno». Ottenendo una e-mail dal contrammiraglio Ilarione Dell'Anna. Tra le questioni che la senatrice toscana aveva posto, anche quella dell'assenza del parere del chimico del porto nella autorizzazione all'imbarco rilasciata dalla guardia costiera di Catania. Parere per il quale la lista delle merci pericolose da caricare sulla nave prevede un'apposita casella. L'altra questione da chiarire era quella della mancata indicazione del numero dei fusti caricati sulla "Venezia". La Capitaneria scrive a Granaiola: «Nell'autorizzazione all'imbarco manca, in effetti, il numero di colli». Il perché non viene spiegato, ma si aggiunge: «È presente la massa complessiva per unità di carico, intesa in questo caso come semiarticolato che imbarca sulla nave». In fatto di controlli e sicurezza - aggiunge la senatrice Pd - si scopre che «trasportare merci pericolose via mare (anche se attraversano zone protette) non richiede nessuna effettiva ispezione a bordo, che la verifica della idoneità della nave viene effettuata con un controllo di carattere essenzialmente documentale (cioè sfogliando delle carte) e che più approfonditi controlli sono effettuati occasionalmente. È sempre la stessa storia, commenta Granaiola: «Nel nostro Paese occorre l'evento pericoloso per tornare a verificare le procedure e i controlli che avrebbero dovuto impedirne il verificarsi»
CAROLAN (OLT) AL PROPELLER
Il rigassificatore arriva a fine anno
«Il via entro metà 2013. I ritardi? Colpa della fase di costruzione»
Il rigassificatore arriva a fine anno
«Il via entro metà 2013. I ritardi? Colpa della fase di costruzione»
LIVORNO I vertici della Olt, la società del rigassificatore al largo delle nostre coste, conferma le date annunciate per il via all’impianto: l'arrivo è previsto per la fine di quest’anno e l'entrata in funzione per la prima metà del prossimo anno. E’ stato sottolineato nella conferenza organizzata dal Propeller Club che l’amministratore delegato di Olt Offshore Lng Toscana, Peter Carolan, e l’operation manager Giovanni Giorgi hanno tenuto al Yacht Club. L'arrivo del terminale – è stato detto – ha subito dei ritardi imputabili all'approvvigionamento dei materiali e alla fase di costruzione del terminale galleggiante di rigassificazione presso il cantiere navale Drydocks World Dubai. All’incontro erano presenti i rappresentanti delle istituzioni: il presidente della Provincia Giorgio Kutufà, gli assessori comunali Mauro Grassi, Giovanna Colombini e Valter Nebbiai, il prefetto Domenico Mannino e il presidente della Camera di commercio Roberto Nardi. Carolan e Giorgi hanno sottolineato la volontà di «collaborare fattivamente con le imprese del territorio»: il progetto Olt – hanno detto – «garantirà ricadute socio economiche per oltre 400 milioni di euro sul territorio nei prossimi 20 anni». L’azienda ha teso a ribadire di voler «rendere assolutamente trasparente la gestione del proprio operato»: a tal riguardo è stato riferito del «lavoro fatto per essere in grado di ottenere quattro certificazioni (ambiente, sicurezza e salute dei lavoratori, responsabilità sociale e qualità) rilasciate da uno degli enti più autorevoli al mondo, quale Bureau Veritas».
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