IL GRANDE BALZO ALL’INDIETRO: PERCHÉ L’ISTRUZIONE È STATA LIQUIDATA IN ITALIA
di Roberto Ciccarelli - 26 marzo 2013
Dieci miliardi di tagli al bilancio di scuola e università tra il 2008 e il 2012. Otto miliardi e cinquecento milioni di tagli alla scuola (il 10,4 per cento del budget complessivo) e 1,3 miliardi di euro all’università (su un totale di 7,4 miliardi nel 2007, 9,2%), per la precisione. Nella spending review presentata dal governo Monti si sono programmati altri tagli per 5,2% all’intero sistema dell’istruzione.
A tanto ammonta il salasso delle politiche dell’austerità volute dall’ex ministro dell’Economia Tremonti per rispondere all’imperativo del pareggio di bilancio. Questo tesoro espropriato all’istruzione è servito a finanziare i «capitani coraggiosi» che, secondo Berlusconi, avrebbero salvato l’Alitalia dall’acquisizione di Air France. Cosa avvenuta anni dopo. I francesi hanno già in mano il 25% della compagnia di bandiera che barcollerà ancora pochi mesi sull’orlo del fallimento.
Per i tre anni e mezzo di governo Berlusconi il taglieggiamento operato da Tremonti è stato nascosto sull’altare dell’onor di patria, oppure nascosto dietro i fumogeni della meritocrazia o della riduzione degli sprechi sbandierati lanciati dall’ex ministro Gelmini. L’idea di finanziare il default delle aziende di stato decotte, insieme a quella di sostenere l’«austerità espansiva» (i tagli alla spesa pubblica per investimenti sono «risparmi» che finanziano la crescita) è stata sostenuta anche dal governo Monti che non è riuscito a salvare l’ultima tranche di 300 milioni di euro di tagli dall’ultima legge di stabilità. Decisione che oggi mette a rischio la sopravvivenza di 20 atenei, vissuta però come il naturale decorso di una malattia incurabile.
Lo denuncia la terza indagine annuale dell’associazione dei dottorati italiani (Adi). I dati parlano chiaro: da almeno tre anni è in atto un’espulsione di massa dei ricercatori precari dalle università. Solo 7 «cervelli» su 100 possono aspirare ad un posticino nell’università. Il restante 93% viene espulso per sempre. Nell’arco di cinque anni le borse di studio di dottorato di ricerca sono diminuite del 24,33% passando dalle 5.045 del 2008-2009 a 3.804 del 2012-2013, con una media di borse per ateneo che passa da 245,4 nel 2008 a 185,7 del 2013. per quanto riguarda le singole universita’ la variazione percentuale va da un +3.6% della ‘Sapienza’ di Roma (da 585 borse a 606), al -68.1% dell’Universita’ di Catania (da 251 borse a 80). (leggi qui)
Da oggi questa finzione non sarà più possibile. La Commissione Europea ha pubblicato uno studio che quantifica, almeno in percentuali ma non con i dati assoluti, l’entità dei tagli all’istruzione del governo di centrodestra e di quello «tecnico». Tagli che hanno prodotto il sacrificio di quasi 100 mila cattedre in tutti i gradi delle scuole, dalla materna alle superiori. L’Italia è tra i paesi europei che hanno tagliato di più nel corso della crisi e per dare una risposta alla crisi insieme a Grecia, Ungheria, Lituania e Portogallo (paesi che “risparmiano oltre il 5% sui fondi destinati fino al 2007). I paesi che hanno tagliato dall’1 al 5% sono Estonia, Polonia, Spagna e Regno Unito (Scozia).
I tagli hanno inciso principalmente sul numero e la retribuzione degli insegnanti. In Italia, il loro numero è calato dell’11,1%, mentre in Germania è aumentato del 13%, in Finlandia del 12,9%, in Svezia del 21,9%). Le loro retribuzioni sono state congelate o ridotte in 11 paesi, e il nostro paese mantiene un solido primato negativo. Peggio hanno fatto solo la Grecia (dove il taglio all’istruzione è stato del 20%) e la Slovacchia (15%). La riduzione degli insegnanti, e quello ai bilanci, ha prodotto la chiusura o l’accorpamento di scuole, come dei corsi di laurea per ragioni meramente di bilancio, non per l’efficienza propagandata.
L’atto di accusa della Commissione è inequivocabile: «La riduzione del numero degli insegnanti in Italia è una conseguenza e un risultato programmato di una riforma, la legge 133/2008, approvata nell’estate del 2008, prima del consolidarsi della crisi».La stessa tempistica è stata rispettata dalla Gran Bretagna dove l’istruzione ha subito lo stesso, programmatico, ridimensionamento. Giuseppe De Nicolao sostiene che il livello dei tagli ha riportato l’Italia al finanziamento per istruzione (primaria, secondaria e terziaria) di 13 anni fa. A questa osservazione si può aggiungere una notazione sul contesto in cui è avvenuta questa riduzione, oltre che la rinuncia ad investire i “risparmi” per ristrutturare gli edifi ci scolastici oppure nella formazione degli insegnanti, o nell’assunzione dei precari, ad esempio.
Il contesto è quello delle politiche di austerità che, in proporzioni diverse in Grecia Spagna Portogallo e Italia, hanno inciso sugli investimenti pubblici, e in particolare su quelli dell’istruzione. L’esito di queste politiche è stato quello di abbattere il Pil di sette punti, e bruciare 600 mila posti di lavoro sostiene Bankitalia. Androulla Vassilou, greca, commissario europeo all’Istruzione, sollecita a nuovi investimenti nella formazione terziaria per rimediare alla disoccupazione giovanile e rispondere alla «concorrenza globale». La truffa è stata scoperta. Nessun dubbio ha ancora sfiorato la Commissione che sia stata ideata usando la dottrina dell’austerità che oggi condanna l’Europa alla recessione.
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