Profumo di "modernità"
La beffa (e il danno) del ministro che vuole imporre libri di testo in formato digitale.
Le ultime settimane di incarico del Ministro Profumo stanno producendo una tale raffica di provvedimenti da far dubitare che il governo, e con esso il suo ineffabile ministro dell'istruzione, sia effettivamente giunto al capolinea. Ultimo, in ordine di tempo, il decreto che impone, sia pure con una applicazione graduale, che dall'anno scolastico 2014/2015 i Collegi dei Docenti siano obbligati ad adottare i libri di testo esclusivamente in formato digitale o misto. Si tratta dell'applicazione di una norma risalente alla Gelmini ma sulla quale Profumo ci ha messo di suo l'incrollabile fede nelle virtù taumaturgiche delle nuove tecnologie. Basta leggere, per convincersene, il comunicato stampa del Ministero, ripreso acriticamente quando non con entusiastica condivisione, dai principali mezzi d'informazione. Del resto, il buon Profumo ci ha abituati ad esternazioni di questo tipo. Ricordate quando, appena insediato, di fronte alle proteste di insegnanti, studenti e genitori per le classi sovraffollate, ebbe a dire, con incredibile impudenza, che 36 alunni in una classe sono anche pochi se si fa ricorso alle moderne tecnologie? O anche quando prometteva allegramente un tablet per ogni studente? Nel frattempo trovava anche il modo di smentire se stesso tagliando, per mancanza di fondi, la connessione internet a 1.300 istituti...
In questo caso, però, non siamo di fronte ad una delle tante bubbole buttate lì per rimediare qualche titolo di giornale ma ad un atto concreto che inciderà, e non poco, sull'organizzazione didattica delle scuole e sulla condizione dei suoi studenti. E le contraddizioni, per non dire peggio, non mancano.
La più evidente riguarda la possibilità concreta per milioni di studenti di accedere ai nuovi formati digitali dei libri. Secondo l'ultimo rapporto Censis, l'Italia soffre ancora di un divario digitale che la colloca agli ultimi posti nelle classifiche europee, seguita solo da Bulgaria, Romania,
Grecia e Portogallo. Il 44,5% dei cittadini, in pratica uno su due, è "estraneo all'uso del computer e di internet". Quasi la stessa percentuale (40%) non dispone di una connessione internet e la stessa diffusione della banda larga, indispensabile per operazioni come quelle prefigurate dal decreto, presenta forti squilibri territoriali, con carenze concentrate nelle regioni del Sud ma diffuse praticamente su tutto il Paese. C'è da essere sicuri, dunque, che per moltissimi studenti, specie se provenienti dalle fasce sociali più disagiate, le difficoltà rischiano di essere insormontabili. Sostiene Profumo che in questo modo, grazie alla riduzione del prezzi di copertina, le famiglie (mai nessuno che parli di genitori!) risparmierebbero un centinaio di euro l'anno. Aggiungendo, udite udite, che "I risparmi ottenuti potranno essere utilizzati dalle scuole per dotare gli studenti dei supporti tecnologici necessari (tablet, pc/portatili) ad utilizzare al meglio i contenuti digitali per la didattica e l'apprendimento". Come possano le scuole utilizzare i risparmi dei privati cittadini resta un mistero.
A meno che non pensi che possano andare a rimpolpare i cosiddetti contributi volontari con i quali già i genitori finanziano le scuole in misura superiore a quanto versato dal ministero, spingendo così il sistema scolastico verso un servizio a domanda individuale, di fatto una vera e propria privatizzazione.
Ma c'è un altro aspetto sul quale Profumo dimostra tutta la sua superficialità. Personalmente resto affezionato all'idea che un libro non sia un contenitore di parole scritte da consumare, ma un oggetto da amare, curare, conservare, riprendere in mano anche a distanza di anni e anche solo per sfogliarlo. Dubito che la riproduzione su uno schermo possa dare le stesse sensazioni e indurre nella stessa misura la passione per la lettura. Ma fin qui siamo nell'ambito delle preferenze, tutte legittime, che ciascuno di noi può avere.
Il fatto è che il testo scolastico non è come qualunque altro libro, non basta leggerlo, è uno strumento per mezzo del quale e sul quale studiare. Lo studio, ad esempio, non è necessariamente - anzi, quasi mai - una lettura sequenziale, pagina dopo pagina, capitolo dopo capitolo. Impossessarsi degli argomenti richiede un costante lavoro di feed back, fatto di sottolineature, note a margine, rilettura contestuale di parti già lette. Tutte cose che con i testi digitali, forniti in formato non editabile e con licenze d'uso restrittive, non sarà possibile fare. L'unico modo per aggirare l'ostacolo è stampare le pagine. In pratica, toccherà tornare alla carta, con gli inevitabili costi aggiuntivi, ma in forma più povera ed effimera.
Da tempo tra gli intellettuali e tra gli insegnanti più attenti si è aperta una riflessione sull'impatto delle nuove tecnologie sulla capacità di concentrazione degli studenti e sulla possibilità che esse siano un aiuto o un ostacolo nell'acquisizione di un metodo di studio. La risposta dipenderà da una costante osservazione dei fenomeni sul campo, dalla verifica degli esiti di processi analoghi già vissuti nel recente passato, dal rigore scientifico dell'analisi, al riparo dall'influenza delle lobbies, siano esse quelle dei colossi dell'informatica o quella degli editori.
E le soluzioni dovranno essere calibrate avendo in mente le opportunità di crescita degli studenti.
Sono sicuro che Profumo, prima di firmare il decreto, questi problemi non se li sia neanche posti, l'importante era dimostrare di essere "moderni".
Vito Meloni
Liberazione 28 marzo 2013
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