martedì 6 maggio 2014

Decreto legge Renzi-Poletti. Ovvero: sfrontata legalizzazione della precarietà

Decreto legge Renzi-Poletti.
Ovvero: sfrontata legalizzazione della precarietà
Grande strombazzamento governativo sugli 80 euro in busta paga, quando, con la miseria che ci è stata scaraventata addosso, avremmo bisogno almeno del doppio.
E ne avrebbero bisogno i pensionati, lasciati invece a bocca asciutta, mentre precari e disoccupati avrebbero bisogno di centinaia di migliaia di posti di lavoro, possibili solo attraverso reali investimenti.
Per esempio, nel risanamento del territorio, per renderlo ecologicamente compatibile con la salute della popolazione e al riparo dalle calamità dette naturali, ma in realtà provocate dalla devastazione selvaggia in corso a opera di ogni tipo di potere, istituzionale o illegale che sia. Basta pensare all’ “Alta Velocità” in Val di Susa e in Liguria, o alla cosiddetta “Terra dei fuochi” in provincia di Caserta.
Già, ma per fare questo, il signor Renzi e la sua cinguettante “compagnia di giro” non dovrebbero recuperare quegli 80 euro attraverso la riduzione della spesa pubblica sociale (spending review infinita e sempre contro chi lavora o è pensionato!) e attraverso l’aumento del gettito IVA (ancora noi, soprattutto noi, a essere tartassati!), ma dovrebbero smettere di regalare miliardi alle imprese con la detassazione, ridurre a poche decine di migliaia di euro all’anno gli stipendi e le pensioni da nababbi dei dirigenti pubblici e anche privati, istituire un’imposta seria sui patrimoni alti e medio-alti.
È certo che di quello strombazzamento il governo ha estrema necessità, non solo per nascondere la sua composizione interna (ministro del lavoro è un padrone di alto rango, il signor Poletti, a capo di quell’impero imprenditoriale che è la Lega Nazionale Cooperative; ministro dello sviluppo economico e delle attività produttive è la signora Guidi, membro di una famiglia dirigente di lungo corso di Confindustria. E questo è tutto dire!), ma anche perché ci si distragga rispetto alla spietatezza delle sue politiche di welfare (scuola, università, sanità, assistenza sociale) e di quelle relative al mercato del lavoro (il decreto legge Renzi-Poletti in fase di approvazione parlamentare e il cosiddetto jobs act).
Per ora, per evitare (ma non ci riuscirà di certo!) un sovraccarico di nausea, ci si limita a ficcare il naso nella parte del decreto legge Renzi-Poletti relativa ai contratti a termine.
Con questo decreto questi contratti diventano “a-causali”, possono cioè essere attivati senza una causa specifica, anche se l’azienda non ha esigenze temporanee, ma permanenti.
Quindi, l’unica finalità di questo contratto consiste nel tenere il lavoratore sotto ricatto, imponendogli di tutto di più (compresa la rinuncia a farsi rispettare o a scioperare, pena il non farsi rinnovare o prorogare il contratto) e negandogli la speranza di passare a tempo indeterminato dopo 36 mesi.
Infatti, perché questo possa accadere, occorrerebbe che, dopo 36 mesi, il datore di lavoro gli faccia un altro contratto, che non gli farà mai, visto che al suo posto potrà assumere un altro precario. E così via. Un canto del cigno del contratto a tempo indeterminato e della stessa dignità del lavoratore!
Il decreto, inoltre, che consente all’azienda di prorogare per 5 volte lo stesso contratto a termine, le permette, nell’arco dei famigerati 36 mesi, di stipulare altri contratti a termine, in cui utilizzare altre 5 proroghe. Come dire: un ricatto per ogni proroga, oltre che per ogni stipula di nuovo contratto!
Ma quante assunzioni a termine il decreto prevede che un’azienda possa effettuare? Fino alla copertura del 20% sull’organico a tempo indeterminato, parrebbe la risposta.
E invece no. Perché questo tetto potrà essere tranquillamente superato, senza che l’azienda in questione sia costretta a trasformare in contratti a tempo indeterminato i contratti a termine il cui numero superi quella cifra, diritto finora consentito per legge e riconosciuto da sentenze della Corte di Cassazione.
In compenso, al posto della trasformazione in contratto a tempo indeterminato, l’azienda sarà semplicemente raggiunta da una semplice sanzione amministrativa!!!
E non finisce qua, perché nel conteggio di quel 20% non sono compresi gli inserimenti dei lavoratori precari prestati in affitto alle aziende dalle agenzie interinali attive un po’ ovunque sul territorio.
Quanto continueremo a sopportare senza battere ciglio tutte queste meraviglie?
COBAS LAVORO PRIVATO
ciclinpr. v. s. lorenzo 38 – pisa – 5/5/2014

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