domenica 27 novembre 2011

DA BERLUSCONI A MONTI: STESSA MUSICA PER I LAVORATORI




DA BERLUSCONI A MONTI:
STESSA MUSICA PER I LAVORATORI
 

di Alberto Madoglio (PdAC)
 
Qualche settimana dopo la vittoria di Berlusconi alle elezioni del 2008, il segretario del Pd, Bersani, affermò in una trasmissione televisiva che l’Italia era stata sommersa da uno tsunami di melassa, dichiarazione colorita per dire che il governo in quel periodo godeva di una piena e larga fiducia da diversi settori della società italiana. Ma al confronto di quello che sta accadendo per il governo Monti, il favore del quale godeva Berlusconi più che a uno tsunami assomiglia a un placido ruscello di montagna.
 
Borghesi e riformisti tessono le lodi del governo MontiUn governo di unità nazionale come non se ne vedevano da tempo, con la sola opposizione parlamentare, al momento, della Lega che però ha già affermato che valuterà caso per caso il proprio voto. Il sostegno entusiasta di tutti i mezzi di informazione (se si eccettuano quelli di stretta ortodossia o di famiglia, berlusconiana), dei grandi potentanti economici nazionali e stranieri (Confindustria, Bce, Ue, Fmi), e delle cancellerie mondiali. Monti viene ricevuto con tutti gli onori da Sarkozy, Merkel, Cameron e a breve anche da Obama,  non come un socio di minoranza, ma come uno che si appresta a essere tra i principali protagonisti dell’attacco ai lavoratori su scala planetaria, con buona pace di chi, anche a sinistra, in queste settimane ha sbraitato contro un fantomatico complotto mondiale a danno del Belpaese.
Tutta questa benevolenza però non è esclusiva delle classi dominanti e dei loro mezzi di informazione. Anche le organizzazioni dei lavoratori, politiche e sindacali, si sono unite al coro di chi vede in Mario Monti il salvatore della patria.
Il leader incontrastato di Sel, Nichi Vendola, ha detto che il nuovo esecutivo verrà giudicato di volta in volta, seguendo in questo senso lo stesso atteggiamento del partito di Bossi. Ben oltre si è al momento spinta la Cgil. Basti pensare che la programmata manifestazione nazionale del sindacato prevista per sabato 3 dicembre è stata sostituita da una più innocua assemblea nazionale dei quadri dirigenti: in uno degli autunni più duri per i lavoratori italiani, in cui la crisi continua a colpirli pesantemente, non avremo la classica manifestazione del più forte sindacato italiano, nemmeno nella forma di un corteo pacifico convocato su una piattaforma ultra moderata, come sempre è successo in passato.
 
Sinistra radicale o ultima ruota del carro dei padroni?Nemmeno dalle organizzazioni che dovrebbero porsi a sinistra di quelle sopraccitate, viene portato avanti un discorso differente. La Federazione della sinistra (Rifondazione e Pdci) formalmente si colloca all’opposizione dell’esecutivo, ma continua a coltivare speranze di poter essere in futuro riammessa, in qualche modo, nell’alleanza di centrosinistra che si candida a vincere le elezioni nel 2013; quindi le sue lamentele si limitano a qualche borbottio. Anzi: per non disturbare troppo Monti, Paolo Ferrero ha pensato bene di fare manifestazioni... contro la Merkel. E, con un rigurgito nazionalista, ha organizzato nei giorni scorsi persino un presidio contro "le ingerenze" della Germania... e a difesa (evidentemente) della minacciata autonomia... dell'imperialismo italiano.
Peggio ancora fa uno dei principali sindacati di base, Usb. Dopo non aver aderito allo sciopero generale proclamato da Cub, Cobas e Coordinamento Immigrati lo scorso 17 novembre, ha addirittura revocato lo sciopero che in un primo tempo aveva indetto per il 2 dicembre. La direzione neostalinista di quel sindacato, così pronta ad espellere suoi dirigenti che si battono per una linea coerentemente classista e anticoncertativa, allo stesso modo è veloce a capitolare al clima di union sacrée che sta crescendo nel Paese.
Certo, anche Cgil e Sel non evitano del tutto di levare qualche timida critica al nuovo esecutivo, alla sua composizione ministeriale o alle sue linee generali di azione espresse in parlamento al momento della fiducia. Ma anche per loro vale il discorso fatto per il partito di Paolo Ferrero: critiche sì, ma senza disturbare troppo il manovratore.
 
L’union sacrée è diretta contro i lavoratoriE sì che motivi per criticare e opporsi al nuovo governo ve ne sarebbero, tanti e tali da lanciare subito una mobilitazione generale del mondo del lavoro per evitare che a un governo dei padroni, Berlusconi, se ne sostituisca un altro, magari più garbato nei modi e nel linguaggio, ma che si appresta a fare politiche uguali se non peggiori dell’esecutivo che lo ha preceduto. Ci torna alla mente uno scritto di un ex deputato socialista svizzero, il quale affermava che i crimini più efferati contro l’umanità a volte vengono commessi da chi indossa i guanti bianchi (1).
Ennesima riforma delle pensioni, con aumento dell’età per poterne beneficiare, e riduzione dell’assegno al quale si ha diritto una volta terminato di lavorare. Aumento dell’Iva, che come ogni tassa ad aliquota fissa colpisce maggiormente i redditi più bassi, e in questo caso si parla di un aumento dell’aliquota più bassa, quella che grava sui consumi quotidiani. Riforma del mercato del lavoro, con meno garanzie per chi lavora e maggiore facilità di licenziamento per le imprese. Massicce dosi di privatizzazioni e liberalizzazioni, per tentare di sollevare le finanze delle imprese nazionali colpite da quasi quattro anni di recessione economica. Difesa della "riforma" Gelmini, cioè della sostanziale distruzione della scuola pubblica. Conferma del blocco degli aumenti salariali per milioni di lavoratori pubblici. Questo è al momento quello che il governo Monti ci riserva per l’immediato futuro, salvo che un ulteriore peggioramento della congiuntura economica internazionale, dato ormai per certo, non imponga anche per l’Italia scelte ancora più pesanti come quelle che hanno dovuto subire i lavoratori greci, spagnoli, portoghesi e irlandesi.
 
I padroni non perdono tempo
Che questo non sia un governo di “tutti i cittadini”, come qualche allocco, o meglio qualche farabutto in mala fede, vuole farci credere, lo hanno capito molto bene i padroni. Non si erano ancora spenti gli applausi bipartisan dei parlamentari borghesi, che la maggiore banca del Paese, e una delle più importanti d’Europa, Unicredit, annunciava il taglio di oltre 5000 dipendenti nei prossimi 3 anni, mentre dal versante dell’industria, l’ineffabile Marchionne,  annunciava che dal prossimo 1 gennaio la Fiat avrebbe disdetto unilateralmente gli accordi siglati con i sindacati, per applicare a tutte le fabbriche del gruppo il contratto di Pomigliano.
 
Monti è la soluzione? No, il problema è il capitalismoNo, a nostro avviso non c’è proprio nulla da "verificare" per dare un chiaro giudizio sul governo Monti. Si tratta dell’estremo tentativo fatto dalla borghesia nazionale di darsi un governo in grado di farla uscire dalle secche della crisi mondiale. Di avere un governo che invece di cercare lo scontro frontale con i sindacati, senza per altro ottenere risultati, li coinvolga direttamente nelle politiche criminali di rapina che si appresta a varare. La borghesia italiana è consapevole che al momento la combattività della classe operaia è a un livello inferiore rispetto a quella di altri Paesi europei o a quella che ha fatto la rivoluzione in Tunisia e Egitto, ma sa bene che questa situazione potrebbe non durare per molto tempo. Ecco spiegato il tentativo di coinvolgimento diretto delle maggiori organizzazioni del movimento operaio nella gestione della dure scelte che dovrà fare nelle prossime settimane.
Ma non è assolutamente detto che questa scommessa dei padroni risulti vincente. Gli eventi di questo anno ci mostrano che nessun apparato di potere, sia esso politico, sindacale o addirittura militare, può far molto di fronte alla forza esplosiva della protesta di massa. I regimi di Ben Ali, Mubarak, Gheddafi e forse domani dello stesso Assad, nulla hanno potuto di fronte alle rivoluzioni scoppiate nei loro Paesi: difficile che un governo Monti, pur sostenuto da Cgil, da Sel e dall’insipienza del Prc, possa subire una sorte diversa di fronte a una molto probabile esplosione sociale in Italia. Esplosione che pensiamo sia probabile, se non certa, appunto perché gli attacchi contro i lavoratori, i giovani, le donne, gli immigrati sono destinati ad intensificarsi in futuro, e perché, come prova la ripresa della rivoluzione in Egitto proprio in queste ore, più le speranze di un ricambio reale sono alte, e più quando queste sono disattese, la rabbia popolare cresce e diventa incontrollabile.
 
Costruiamo nel vivo delle lotte una direzione rivoluzionaria dei movimentiTuttavia sarebbe sbagliato sedersi e aspettare che la lotta di classe  esploda da sola. Certo essa cresce a prescindere dalla volontà e dalla presenza di organizzazioni rivoluzionarie, ma come la storia ci insegna, senza una forte organizzazione comunista rivoluzionaria, anche la più radicale lotta dei lavoratori è destinata a fallire. Padroni e burocrati sindacali si stanno preparando allo scontro, cercando di garantire che il dominio della borghesia sia garantito anche in futuro. Anche i proletari si devono preparare. Ma non per affidare il loro futuro ad un governo di centrosinistra, magari diretto da Bersani e Vendola che, in nome degli "interessi del Paese", continui a garantire solo i profitti per la borghesia. I proletari devono creare le condizioni per cui all’ennesimo governo di banche, imprese, e multinazionali tricolori, si sostituisca un vero governo dei lavoratori, che espropri la proprietà privata dei mezzi di produzione, gestisca l’economia non nell’interesse di pochi sfruttatori ma in quello di milioni di sfruttati, e che sia basato non sulla democrazia parlamentare borghese, che oggi più che mai si dimostra essere unita per difendere gli interessi del capitale, ma su organismi di democrazia diretta, consigliare, che l’esperienza ha dimostrato essere, dalla rivoluzione d’Ottobre del 1917, gli unici che possono realmente rappresentare le esigenze della maggioranza della popolazione.
E’ questo il programma che come Partito di Alternativa Comunista cercheremo di propagandare nei movimenti, nelle lotte, davanti alle fabbriche e alle scuole,  in ogni luogo in cui si lotterà nei prossimi mesi.

(1) Jean Ziegler , “I Banchieri svizzeri uccidono senza le mitragliatrici”, da Il Libro Nero del Capitalismo, Tropea Editore, 1999.
 
 
 

Nessun commento:

Posta un commento

ShareThis

Ultimo numero:

ViceVersa n.35

Post più popolari