lunedì 28 novembre 2011

Relazione congresso provinciale PRC Firenze


RELAZIONE VIII CONGRESSO PROVINCIALE FIRENZE
Care compagne e compagni,
colgo l’occasione di questo nostro VIII congresso provinciale per fare un ringraziamento sincero e sentito a tutti i compagni e le compagne che in questi anni hanno continuato a lavorare per mantenere in piedi il nostro partito, per permettere che il partito della rifondazione comunista esistesse per l’oggi e il domani.
Un ringraziamento sincero anche agli ospiti presenti al nostro congresso in rappresentanza di istituzioni, partiti, organizzazioni sindacali e associazioni.
Infine, ma per questo non meno sentito, un saluto e un ringraziamento alle compagne e ai compagni che hanno contribuito all’organizzazione di questo nostro congresso e ai dirigenti e ai soci di questo circolo che ci ospita.
In questi giorni, una notizia pubblicata in sordina dai giornali ci rivela, secondo l’organizzazione non governativa “Save the Children” che in India quasi due milioni di bambini muoiono prima del quinto anno di vita per malattie facilmente curabili come dissenteria e polmonite.
Malattie che sarebbero estinguibili se l’acqua fosse potabile, l’acqua risorsa indispensabile alla vita, (come abbiamo sostenuto, in tutti questi anni, insieme al movimento dell’acqua) che deve essere riconosciuta come bene comune e, dunque, sottratta alle leggi del mercato senza se e senza ma.
In Italia abbiamo vissuto un’inversione di tendenza straordinaria rispetto al pensiero unico appiattito sul Dio mercato con la vittoria dei referendum tra cui ricordo i due quesiti che, di fatto, ponevano il tema della ripubblicizzazione dell’acqua.
Una vittoria che ci pone in sintonia con le lotte di liberazione nel mondo, perché come ricordavo prima in India si continua a morire per mancanza di acqua potabile, nonostante quel paese abbia vissuto una delle lotte più importanti contro la privatizzazione di questo bene insieme a un movimento importante di donne che difendevano la terra e la possibilità di vivere dei suoi frutti opponendosi e cacciando via la grande multinazionale Nestle che voleva appropriarsi di questa risorsa vitaleA proposito delle lotte delle donne, nel ricordare come siano le prime a pagare la crisi, anche per l’attacco che questa comporta ai quei diritti fondamentali che riguardano più da vicino la riproduzione sociale, vorrei ricordare a tutte/i noi che oggi  venerdì 25 novembre è la giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Il problema della violenza maschile sulle donne  -in particolare in ambito domestico – è, infatti, un fenomeno in continuo aumento che in questi ultimi anni è andato sommandosi alla violenza omofobica. Oggi, anche a Firenze, si sono svolte e si stanno svolgendo manifestazioni a cui, nonostante l’impegno del nostro congresso, abbiamo voluto aderire con una nostra presenza.
Dicevamo l’India, l’India che vanta una crescita economica da record, è uno dei paesi emergenti nell’economia mondiale. La stridente contraddizione tra questi due dati dimostra come la crescita economica, quando non è accompagnata da una maggiore giustizia sociale e una più equa redistribuzione del reddito, impedisce d all’umanità di fare qualsiasi passo in avanti sul terreno del progresso. Progresso, che non è fatto solo di conquiste economiche ma di conquiste sociali, culturali e civili.
Così come, in India e in altre parti del mondo lo scintillante sistema capitalistico-occidentale non solo non è riuscito a garantire un riscatto sociale ma ha posto le condizioni perché la vita, in tanti paesi, scendesse sotto la soglia della sopravvivenza.
Al tempo stesso, il capitalismo nei paesi avanzati è in crisi non solo sul terreno economico -colpito al cuore da una crisi finanziaria senza precedenti-, ma risulta sempre più incapace di dare risposte convincenti sul terreno dell’ambiente e della stessa democrazia.
Sia laddove c’è crescita economica, anche a livelli record, sia laddove la crisi è grave, profonda, e rischia di travolgere interi Stati, crescono le disuguaglianze sociali, le nuove povertà e intere generazioni vedono in pericolo il loro futuro.
Il mondo sta attraversando, infatti, la più grave crisi economico- finanziaria degli ultimi ottant'anni. Questa è una crisi provocata da un eccesso di produzione e da un’economia caratterizzata da un’arrembante speculazione finanziaria e da un indebitamento forte delle famiglie.
La responsabilità della crisi è delle banche d’affari, dei detentori di capitali che speculano sulla pelle viva del lavoro, delle lavoratrici e dei lavoratori, nonché del mancato intervento e controllo da parte degli Stati che al contrario hanno sostenuto questo politiche. Uomini e donne non possono circolare liberamente nei paesi ma i capitali si!
Ci troviamo in una situazione in cui da un lato coloro che in questi anni si sono arricchiti continuano a decidere le politiche economiche degli Stati e non vogliono sborsare un centesimo per risolvere la situazione, dall’altro abbiamo i lavoratori e larghe masse popolari, che in questi anni si sono impoveriti, alle quali si vuol continuare a far pagare, attraverso la cancellazione di diritti conquistati con le lotte.
Dallo scoppio della crisi i vari governi, in primo luogo quello americano seguito da quelli dell'Unione Europea, hanno sborsato ingentissime quantità di denaro pubblico per sostenere le principali società finanziarie, assicurando tra l’altro una totale impunità e immunità alla finanza speculativa, quando, ad esempio, vi è stata l’esplosione della bolla dei titoli “tossici”. Fatto che ha rilevato al mondo il grande bluff su cui hanno prosperato le maggiori istituzioni finanziarie.
Di fronte alla crisi la ricetta data da Obama ha gettato su un’Europa, che tentava di far stare insieme sostegno all’alta finanza ed economia sociale di mercato di impronta Tedesca, la responsabilità del cosiddetto debito sovrano mondiale nonostante che nel caso Europeo il debito pubblico fosse, nella maggior parte dei casi, inferiore a quello degli Stati Uniti.
La crisi finanziaria di Wall Street si è così trasformata, nel corso del 2011, in un vero e proprio attacco al sistema politico-economico dell'Unione Europea, costringendo, quest’ultima, ad arroccarsi intorno alla difesa della moneta unica, in quanto priva di una qualsivoglia proposta alternativa.
Nel caso della Grecia, un'economia drogata dall'ingresso del Paese nell'euro, ha così rappresentato il tallone d'Achille dell'Unione e un’occasione ideale per la leadership europea, imperniata su Germania e Francia, di allinearsi fedelmente alla politica nordamericana di supporto alla finanza internazionale, senza riuscire a elaborare strategie diverse come insegnano, oggi, il caso Argentina e il caso Islanda.
Sulla Grecia, e poi sull'Italia, si è quindi concentrato l'attacco della speculazione finanziaria nel corso dell'estate 2011, grazie ad un'accurata regia delle società di rating e dei maggiori gruppi finanziari: assumere il controllo di questi Paesi diventa ora strategico, affinché il salvataggio della finanza speculativa, sostenuto dalla moneta europea, non travolga economie come quella francese e tedesca; proprio quando, come suo ultimo atto alla guida del Financial Stability Board, Mario Draghi stilava la lista delle 29 banche a livello mondiale (11 europee) troppo grandi per fallire.
Oggi, i due anelli politicamente più deboli dell'Unione Europea, Grecia e Italia, (ma è in grosso pericolo anche la Spagna e non è tranquilla, per la verità, neanche la Francia) vengono posti sotto il controllo delle istituzioni comunitarie e del Fondo Monetario Internazionale, dinanzi al rischio di reazioni e resistenze "politiche" nei due Paesi, in Grecia il referendum proposto di Papandreu ed in Italia i tentativi di guadagnare tempo di un Berlusconi, sbeffeggiato dai partner comunitari, si impongono candidati "tecnici" alla direzione dei governi: quali tutori degli interessi finanziari internazionali.
La sovranità popolare e degli Stati, che sono stati alla base dell’ideologia liberal-democratica fino dal 1789, vengono messi in soffitta a favore di governi tecnici che non rispondono più ai propri cittadini ma ai mercati, alle borse, alle istituzioni finanziarie internazionali.
Non colpisce che si sia finalmente arrivati a mostrare che il re democratico "è nudo" dinanzi al potere patologicamente acquisito, nel corso del XX secolo, dal capitalismo finanziario internazionalizzato. Non sorprende, nemmeno, che il mondo dei grandi interessi economici, di orientamento sia massonico che cattolico, plauda oggi all'ipotesi Monti in Italia. Da questo punto di vista, ci troviamo di fronte a un passaggio storico importantissimo.
E’ singolare che tutto questo avvenga nel nostro paese a 150 anni della sua unità, i cui festeggiamenti sono stati ampiamenti sostenuti dal Presidente Napolitano, tra l’altro, grande elettore del governo Monti.
Nel mondo si assiste a una ripresa della lotta di classe che assume forme diverse ma che lascia intravedere una speranza di cambiamento. La primavera araba che, fra luci e ombre, ha messo in evidenza come un movimento di popolo sia riuscito a far cadere regimi che duravano da decenni.
Persino negli Stati Uniti la polizia è intervenuta per reprimere presidi pacifici che manifestavano contro le Banche, le Borse e, in generale, contro i responsabili della crisi. I movimenti degli “Indignati” si stanno organizzando in tutta Europa con manifestazioni imponenti, soprattutto in Spagna e Grecia dove più duri sono i tagli alla spesa sociale e maggiori e sempre più esose le richieste dell’Unione Europea.
Cresce quindi il numero di coloro che dicono di non voler pagare il debito.
Il 15 ottobre scorso eravamo in cinquecentomila a Roma, orgogliosi di mostrare le nostre bandiere, per urlare il nostro dissenso alle politiche di questa Europa delle banche e non dei popoli, contro il dimezzamento della sovranità popolare, per la difesa della Costituzione e, soprattutto, per dire che: “Noi il vostro debito non lo paghiamo!”.
Mentre noi teniamo il nostro congresso il quadro politico nazionale è completamente mutato: Berlusconi si è dimesso ed è nato il governo di Mario Monti sostenuto da un larghissimo schieramento parlamentare.
Sarebbe fin troppo facile citare il Principe di Salina (il Gattopardo): “tutto deve cambiare affinché tutto rimanga come prima”, ma, in effetti, ben pochi cambiamenti si intravedono rispetto al passato, se non nello stile. Le politiche economiche e sociali si mantengono sempre e comunque nella scia dell’ideologia liberista e nel primato del capitale.
Il PRC era, ed è tuttora, per lo svolgimento di elezioni anticipate, unica occasione per uscire dalla crisi attraverso la via maestra della democrazia.
La nuova situazione politica presenta comunque due elementi su cui occorre riflettere:
1.   la forte contraddizione che si apre nella teoria bipolarista e maggioritaria, voluta per costruire l’alternanza degli schieramenti -basandosi sul primato dei programmi e sull’ideologia-, vede oggi attuarsi il massimo del consociativismo e l’annullamento delle differenze programmatiche di fronte ai diktat della BCE;
2.   si è concretizzato quel “governo amministrativo” che era il cavallo di battaglia di Guglielmo Giannini, fondatore e leader della formazione di destra dell’Uomo Qualunque, il quale riteneva sufficiente un ragioniere per governare l’Italia . Oggi, di ragionieri, … e di prefetti, … e di ammiragli, ne abbiamo un intero governo;

Ma, noi siamo consapevoli che la tecnica non è mai neutrale! Dietro un governo tecnico si nascondono tutte quelle scelte che le forze politiche vogliono fare senza però assumersene le responsabilità!
E, allora, è chiaro a quale volontà politica risponderà l’attuale governo, è ben chiaro, visto fra l’altro che appartengono tutti alla medesima scuola di pensiero economico.
L’impegno immediato che abbiamo quindi come Partito della Rifondazione Comunista e come Federazione della Sinistra è quello di lavorare da subito alla costruzione del coordinamento delle forze politiche e sociali che si oppongono al governo Monti per affermare che “noi il debito non lo paghiamo”. Per affermare che si devono colpire gli speculatori, le grandi banche, i patrimoni miliardari, gli evasori fiscali, tagliare le spese militari, le grandi opere inutili e dannose e rispettare la volontà popolare espressa dai referendum.
Su questa base deve fondarsi la nostra opposizione al governo Monti, che, se per competenza e presentabilità è certo lontano anni luce dall’esperienza berlusconiana, minaccia esserne la continuazione sul piano pratico, dando il via libera alle misure contenute nella famosa lettera della BCE che contribuiranno ad aumentare le disparità sociali.
Riteniamo, inoltre, che per un cambio effettivo di politica economica per uscire dalla crisi non possa più essere rinviato un confronto serrato, anche con il centrosinistra, a prescindere dalla collocazione istituzionale sui seguenti punti:
Occorre una politica fiscale che colpisca le rendite e non i salari, i grandi patrimoni e non i bassi redditi, i consumi ecologicamente dannosi e non i consumi pubblici e i servizi sociali.
E’ possibile garantire, in questo modo, un flusso costante di risorse da destinare da una parte all’abbattimento del debito e dall’altra a dare protezione sociale a chi è colpito dalla crisi e a rilanciare un’economia diversa, fondata su un nuovo modello di sviluppo.
Serve una tassa sui patrimoni milionari (che ci porterebbe oltre 10 miliardi di
euro di entrate), bisogna portare la tassazione delle rendite al 23%.
Nel contempo, è necessario ridurre del 20% la spesa militare e cancellare il programma dei 131 cacciabombardieri F35 (che ci costano più di 16miliardi di euro). Questi sono passi obbligati in tempi di crisi: in Germania e in Gran Bretagna sono state ridotte le spese militari, in Italia, ancora no.
Servono misure per rilanciare l'economia attraverso un programma di "piccole opere" (cancellando Ponte sullo Stretto e TAV), di sostegno alla green economy, garantire la manutenzione e la conservazione del territorio e degli assetti idrogeologici, necessità dimostrata anche dagli ultimi tragici eventi
La lotta al precariato, il sostegno alle pensioni più basse, il recupero del fiscal drag e il reddito di cittadinanza sono misure assolutamente necessarie in questa fase.
L'Italia con questo governo e con le politiche fatte negli ultimi tre anni rischia di “uscire” dalla crisi peggio di come ci è entrata.
In questa fase in continua evoluzione si sono tenuti i congressi di circolo, in preparazione di quello provinciale, che hanno rilevato tre fatti di grande valore politico:
1.   che il PRC, anche se fuori dal Parlamento e oscurato nell’informazione, è tuttora capace, sia pure con diversa intensità, di una presenza e di un radicamento sul territorio ben più esteso di quello di molte delle numerose sigle consultate da Mario Monti in vista della formazione del suo governo e che pure vantano una loro rappresentanza parlamentare;
2.   che l’ampio consenso ricevuto dalla mozione 1 (335 voti pari al 73,63%) dimostra che la base del PRC, della cui presunta contrarietà alla linea dei gruppi dirigenti si sono spesso richiamate le minoranze interne, condivide la linea politica della segreteria nazionale, che il gruppo dirigente provinciale ha sostenuto e portato avanti con convinzione;
3.   che gli intervenuti nel dibattito hanno posto la necessità di farla finita con un dibattito, infinito e improduttivo, di questioni tutte interne al nostro Partito, e a dedicare maggiori energie e maggiore attenzione per uno sviluppo dell’iniziativa politica.
Gli anni che ci separano dal 7° congresso sono stati, senza ombra di dubbio, i più difficili che il PRC abbia attraversato nella sua ventennale esistenza.
La sconfitta elettorale del 2008, l’esclusione dal Parlamento nazionale, gli effetti devastanti dell’ennesima scissione, l’esclusione dal Parlamento europeo, il persistente oscuramento mediatico, sono i fatti salienti che hanno caratterizzato questo periodo.
La federazione fiorentina del PRC, fino in fondo, ha cercato una gestione unitaria con le altre mozioni. Eravamo, e siamo convinti della necessità di questo, anche a seguito di un passato congresso lacerante e di una scissione che ha prodotto conseguenze dentro e fuori dal partito. Questo non è stato voluto, non per responsabilità di questa maggioranza, per cui il gruppo dirigente che ha guidato il partito, fino a questo congresso, si è messo faticosamente all’opera per affrontare i problemi più urgenti: contenere i danni della scissione, ridare un minimo di operatività e di visibilità al Partito, garantire la nostra presenza sui problemi cittadini, costruire la Federazione della Sinistra, affrontare i problemi finanziari.
Nonostante le difficoltà piccole e grandi, politiche, organizzative, logistiche, siamo riusciti a conseguire alcuni risultati concreti:
1.   abbiamo limitato i danni della scissione, non solo evitando ostracismi e scomuniche verso quei compagni che pur sostenendo al VII congresso la mozione Vendola, sono rimasti nel Partito ma, al contrario, attraverso un accordo politico chiaro e trasparente, abbiamo recuperato molti di loro all’impegno e all’attività politica;
2.   abbiamo riallacciato il filo dei rapporti con le istanze di base sia garantendo il sostegno ai circoli che lo richiedevano, soprattutto nel caso di eventi organizzati dai singoli circoli, sia istituzionalizzando di fatto forme di consultazione come l’assemblea dei segretari di circolo;
3.   siamo tornati a organizzare importanti appuntamenti provinciali quali le due feste svoltesi a Scandicci, che hanno garantito, non solo una boccata d’ossigeno sul piano delle risorse economiche ma, soprattutto, visibilità e relazioni di massa;
4.   abbiamo provveduto a organizzare centralmente iniziative di grande richiamo, spesso con la presenza del compagno Paolo Ferrero e di altri compagni, fra le quali, voglio ricordare quella con De Magistris che, di lì a poco, sarebbe diventato il nostro candidato e poi sindaco di Napoli;
5.   abbiamo mantenuto rapporti continui con le altre forze della coalizione che aveva sostenuto Valdo Spini alle ultime elezioni amministrative sulle questioni di grande interesse cittadino quali il piano strutturale, il bilancio, le infrastrutture, i servizi pubblici, il sociale. Ciò non di meno, non abbiamo esitato un attimo a separare la nostra strada da quella dello stesso Spini;
6.   abbiamo dato un contributo importante alla costruzione della Federazione della Sinistra provinciale e della Casa della Sinistra di Firenze e Fiesole, una rarissima esperienze, in Italia, dove gli organismi non sono stati fatti sulla base della ripartizione per quote pattizie tra i soci fondatori, infatti, il suo gruppo operativo è scaturito dal sacrosanto principio una testa un voto!
7.   abbiamo affrontato con decisione le questioni finanziare, attuando i seguenti drastici provvedimenti:
·      rinunciando a qualsiasi apparato politico e tecnico, anche ai massimi livelli di direzione nessuno è retribuito;
·      provvedendo a risolvere la questione dell’apparato tecnico, senza ledere i diritti maturati dalle due compagne interessate e garantendo a una di esse la corresponsione del TFR dovuto. Con il mese di dicembre la compagna vedrà saldate tutte le sue spettanze;
·      lasciando, con grande rammarico, la storica sede di via dei Conciatori, per noi rivelatasi troppo onerosa per i costi delle utenze, nonché poco funzionale alle esigenze del Partito, richiedendo e ottenendo dal Comune di Firenze una nuova sede a condizioni più vantaggiose, meno onerosa, più funzionale alle nostre esigenze e più visibile;
·      diminuendo in maniera drastica il disavanzo del nostro conto, grazie al contributo dei diversi circoli che hanno aderito al conto banca.
  1. Inoltre abbiamo seguito l’esplosione e l’evoluzione della crisi sociale ed economica nella Provincia di Firenze, a fianco dei lavoratori.
Aumenta la precarietà, il lavoro nero, marginale e sottopagato in tutta la provincia di Firenze tanto da obbligare la CGIL ad aprire uno sportello contro le illegalità e le violazioni normative fatte sulla pelle di lavoratori, che sempre più si trovano a sottostare a ricatti e ad accettare condizioni al ribasso pur di portare uno stipendio a casa.
E’ notizia di stamani che l’Inps che nei primi nove mesi in Toscana ha recuperato 21 milioni di euro in contributi evasi. Gli accertamenti dell’Inps, da gennaio a settembre, hanno consentito l’individuazione di 3.764 lavoratori in nero.
Su questi aspetti Rifondazione Comunisti richiama al massimo dell’impegno la politica, le istituzioni, le forze sociali perché si contrasti anche queste illegalità che violano il diritto al lavoro, lo statuto dei lavoratori, i contratti e le leggi sulla sicurezza e prevenzione.
Esprimiamo invece ancora una forte preoccupazione per le migliaia di vertenze aperte sul territorio nate per contrastare chiusure, dismissioni e delocalizzazioni, privatizzazioni ed esternalizzazioni.
Siamo vicini ai lavoratori del Maggio Musicale, a quelli di ATAF, di Meridiana, di Agile Eutelia, della Brunelleschi, della Sun Chemical, della Metal Tech e di tante altre.
Il 5 dicembre Rifondazione Comunista sarà in piazza con i lavoratori di ATAF che hanno dichiarato sciopero contro l’arroganza di una proprietà che vuol procedere alla svendita e che a tutt’oggi non ha presentato alcun piano industriale.
Salutiamo invece con soddisfazione la ripartenza di Easy Green, l’ex Zanussi Elettrolux, ottenuta grazie ad una lotta instancabile dei lavoratori, della RSU e dei sindacati.
Così come salutiamo con soddisfazione il fatto che alla Richard Ginori, la proprietà si è dovuta rimangiare un provvedimento disciplinare contro un rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
Infine, visto le sciocchezze che ho letto in questi mesi sulla questione della LAIKA, vorrei chiarire una volta per tutte che guardiamo con molta attenzione alla nascita del nuovo stabilimento ma non possiamo che essere fiduciosi e soddisfatti che continui la produzione e si salvaguardi i posti di lavoro.
Tutto ciò, naturalmente, non è sufficiente ma, almeno, ci consente di guardare con maggiore fiducia al futuro e di poter impostare per l’avvenire un’attività efficace e sistematica.

In conclusione, io penso che nella attuale situazione sarebbe, comunque, un errore dare per definitivamente perse per una battaglia antiliberista e di giustizia sociale le masse che ancora seguono il Partito Democratico.
La vicenda che vede opporsi, in merito alla risposta da dare alla lettera della BCE, il responsabile economico di quel partito all’area più marcatamente centrista dimostra chiaramente come nel PD, anche a livello di gruppo dirigente, si agitano posizioni politiche e umori non sempre convergenti.
Ugualmente, sul piano locale dobbiamo cogliere le differenze che corrono tra le diverse anime presenti nel PD e saper intervenire sulle contraddizioni che lo agitano.
Alle forze politiche che governano gran parte degli enti locali della nostra provincia rinnoviamo la nostra disponibilità al dialogo e al confronto, in quanto, siamo convinti che la fase di emergenza attraversata dagli enti locali, e che comunque difficilmente sarà superato sotto l’attuale governo, comporti la presa di iniziative il più possibile condivise.
In particolare, è indispensabile respingere tutti insieme l’attacco alle autonomie locali che si concretizza nei tagli ai bilanci, nella riduzione del numero dei consiglieri, nell’obbligo di privatizzare i servizi, nella progressiva sottrazione di capacità decisionale su come destinare le risorse per il bene della comunità.
Se non rovesciamo questo andamento, spesso confuso con la legittima lotta agli sprechi, si rischia di non avere più niente di cui discutere.
In particolare, per quanto riguarda la scadenza più immediata, ovvero i bilanci di previsioni 2012 ci dichiariamo disponibili ad avviare, fin d’ora, un confronto, su i seguenti punti:
  1. attuare misure di “rigore sociale”, introducendo o rafforzando a livello comunale criteri di equità e progressività nei tributi e nelle tariffe;
  2. stabilire un “paniere” di servizi: assistenza sociale, integrazione al reddito, diritto allo studio, servizi all’infanzia, contributi all’affitto, non autosufficienza, servizi agli anziani, i cui stanziamenti non siano diminuiti;
  3. garantire il diritto alla mobilità attraverso una gestione pubblica del trasporto locale, mantenere i collegamenti che rivestono forte valore sociale anche quando non siano economicamente remunerativi;
  4. evitare il ricorso al cosiddetto “project financing” per non condizionare la gestione delle opere realizzate agli interessi del privato;
  5. riconsiderare i piani delle grandi opere previste sul territorio della Provincia di Firenze, in particolare nella piana fiorentina, subordinandone la loro realizzazione a criteri di utilità, economicità, effetti sull’ambiente e sulla salute;
  6. attuare politiche sui beni comuni, a partire dalla gestione dei servizi idrici integrati, in linea con il risultato del referendum del 12 e 13 giugno.

Le scelte che stanno di fronte agli enti locali sono essenzialmente politiche non semplicemente tecnico-contabili. Gli amministratori locali sono di fronte a un bivio: o si limitano a svolgere il compito dettato dai governi o si riappropriano del loro ruolo fondamentale di base democratica dello Stato e di rappresentanza dei bisogni dei cittadini!
Vogliamo aprire un dibattito vero, confrontandoci sullo stato sociale, sull’ambiente, sulle grandi opere, sull’assetto del territorio, senza per questo essere condizionati da pure esigenze di tattica elettorale.
In ogni caso, sia ben chiaro che noi rimaniamo su una posizione di chiara e netta opposizione al sindaco Matteo Renzi. Vuoi perché le politiche che persegue poco si discostano da quelle del Partito delle Libertà, vuoi perché rappresenta, a livello nazionale, l’ala più conseguentemente democristiano-dorotea del PD, vuoi perché chiuso com’è in una visione di Firenze piccola, piccola, da cartolina, che ignora totalmente le grandi questioni sociali e ambientali che attraversano la città e il territorio metropolitano e che non possono essere risolte con i soli interventi mediatici.
Questo confronto deve anche tendere a superare quel concetto, secondo il quale i luoghi deputati della politica sono esclusivamente quelli istituzionali. Il confronto deve servire anche a ridefinire o rilanciare altri luoghi della politica: le formazioni sociali, l’associazionismo, i movimenti, come soluzione al degrado della vita politica stessa.
Al tempo stesso, è necessario stare all’interno dei diversi movimenti, a partire da quelli che si battono per la pace, contro ogni forma di razzismo e di discriminazione, contro il neoliberismo e per un’altra politica economica.
Ai movimenti e ai comitati che agiscono in città e nella piana il PRC lancia la proposta di avviare assieme, ciascuno con le proprie idee e le proprie proposte, una grande iniziativa aperta e plurale per costruire una reale alternativa all’attuale amministrazione cittadina, che sia capace di proporsi per il governo cittadino.
Nell’ambito dei movimenti, noi non pretendiamo di esercitare alcuna egemonia ne di orientarli a soluzioni politiche che essi non condividono ma, al tempo stesso, respingiamo la loro richiesta di azzerare e perdere la nostra identità. Rispettiamo la loro esperienza, il loro impegno, la loro identità ma, altrettanto, chiediamo per noi.
Non è più tempo di mascherarsi dietro il finto anonimato. Sta crescendo, in Italia, un’antipolitica pericolosa. Dietro gli slogan destra e sinistra sono uguali, tutti i partiti sono corrotti, si nasconde la soluzione di “un uomo solo al comando” e si nasconde la soluzione di risposte autoritarie e di riduzione degli spazi democratici, come la conclusione della manifestazione del 15 ottobre di ci ha dimostrato.
Noi vorremmo organizzare dei veri e propri “stati generali” della società civile fiorentina, dei movimenti, dell’associazioni e dei partiti della sinistra, che siano capaci di elaborare superando le differenze una vera e propria idea di una Firenze diversa: solidale, sociale e vivibile.
Resta inteso che i rapporti con le altre forze politiche e i movimenti dovranno essere tenuti in accordo con la Federazione della Sinistra, verso la quale noi opereremo per organizzarla e radicarla sul territorio, non mancando di portare alla discussione degli organismi le proposte che abbiamo formulato in questa sede.
E ben chiaro, a questo punto, che i compiti che attendono i nuovi gruppi dirigenti possono essere -ridando dignità e valore alla militanza nel partito valorizzando tutte le compagne e tutti i compagni che danno il loro contributo all’organizzazione e alla attività dello stesso-, così riassunti:
1.   rafforzamento e radicamento del partito nei territori e nei luoghi di lavoro ridandogli visibilità e capacità di azione politica e provvedendo, laddove necessario, alla costituzione di organismi intermedi;
2.   costruzione della Federazione della Sinistra e dell’unità della sinistra di alternativa, coinvolgendo i vari soggetti presenti in città e nella provincia;
3.   rinnovamento dei gruppi dirigenti anche attraverso un’adeguata formazione degli stessi;
4.   riorganizzazione della vita interna del partito sulla base della più ampia partecipazione alle decisioni e alle scelte;
5.   costruzione di una valida alternativa al Sindaco Matteo Renzi, chiedendo per questo obiettivo anche un contributo di carattere politico e organizzativo al Partito a livello nazionale;
6.   Rafforzare e rilanciare l’idea del Partito Sociale estendendo l’idea dei GAP e attuando anche nuove forme di mutualismo e di solidarietà concreta.
Care compagne e cari compagni, ricordiamoci che il nostro partito ha tanti nemici ma i più insidiosi e i più pericolosi sono l’indifferenza e la rassegnazione. Il primo compito, se pur difficile, che dobbiamo porci è quello di combattere queste due tendenze ridando fiducia a ogni lavoratrice e ogni lavoratore nella propria capacità di lottare per un’altra società.
Grazie
Il Segretario
 Andrea Malpezzi

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