Cuochi e camerieri della "riforma" del lavoroUn bilancio dell'azione dei sindacati, in vista delle mobilitazioni in autunno
Gli operai Fiom contestano Landini
Nella foto a sinistra gli operai Fiom contestano Landini.
A sinistra Landini riceve la solidarietà della Fornero
di Fabiana Stefanoni
Guarda qui i video degli operai Fiom
che contestano Landini a Bergamo
ULTIM'ORA. Chi sta con Landini e chi sta con gli operaiAvevamo già chiuso questo articolo, in cui facciamo riferimento alla dura contestazione subita a Bergamo da Landini, quando è esplosa la polemica su internet, nella Rete 28 Aprile e dintorni.
"Venduto" hanno apostrofato Landini (che andava a un convegno con la Fornero) un folto gruppo di operai della Fiom, giustamente indignati per la linea di subalternità del gruppo dirigente Fiom che non ha indetto lo sciopero generale contro le misure di Monti e della Fornero.
Da che parte stare? Noi stiamo chiaramente con gli operai, contro Landini e la burocrazia.
Ma, a conferma dell'analisi che facevamo nell'articolo, a difesa di Landini si schiera invece il resto della cosiddetta "sinistra" della Cgil.
Giorgio Cremaschi difende la pubblicazione del video di contestazione a Landini sul sito della Rete 28 Aprile e aggiunge che vanno indagate le ragioni dei lavoratori ma al contempo si dice dispiaciuto della contestazione e assicura che è una cosa di estrema minoranza.
Ancora più netta la posizione di Sinistra Critica: il portavoce Cannavò in un articolo sul sito Megafonoquotidiano si lamenta per un gesto "poco comprensibile". A quale gesto si riferisce? Incredibilmente a quello degli operai! non a quello di Landini di non indire lo sciopero.
Mentre scriviamo, la "riforma" del lavoro sta per essere approvata alla Camera: Monti ha chiesto un'accelerazione dei lavori e il voto di fiducia, per poterla servire su un piatto d'argento alla Troika in occasione del Consiglio europeo del 28 giugno. Si tratta di uno dei più pesanti attacchi alla classe lavoratrice dal dopoguerra ad oggi: l'articolo 18 verrà di fatto cancellato, lasciando il via libera a licenziamenti indiscriminati.
I cuochi: governo, padronato, Pd e burocrazie sindacali
La ricetta che ci offre il governo è simile a quelle cucinate da altri governi europei, in particolare dai governi dei cosiddetti Piigs (cioè i Paesi che hanno il debito pubblico più alto e che rischiano di trasformarsi in semicolonie: Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna). Esiste, tuttavia, una differenza non da poco: negli altri Paesi, l'iter di approvazione della "riforma" è stato accompagnato da mobilitazioni di massa di grandi dimensioni, scioperi generali, lotte radicali. In Grecia, sono decine gli scioperi generali proclamati negli ultimi mesi, spesso accompagnati da veri e propri assalti al parlamento. In Spagna, la "riforma" del lavoro e i tagli del governo Rajoy si scontrano con una dura resistenza della classe lavoratrice: dallo sciopero generale del 29 marzo, che ha visto scendere in piazza milioni di persone, alla straordinaria lotta dei minatori delle Asturie, passando per gli scioperi prolungati dei lavoratori dei trasporti e le oceaniche manifestazioni in difesa della scuola pubblica.
In Italia le cose vanno molto diversamente. La "riforma" Monti-Fornero è accompagnata da sciopericchi di poche ore proclamati dalla Cgil, al limite con qualche presidio davanti alle prefetture o qualche azione meramente simbolica. Si tratta di azioni perdenti in partenza: è evidente che il governo non si farà certo spaventare da qualche presidio o manifestazione locale. Appare sempre più chiaro alle avanguardie di lotta che la burocrazia del più grande sindacato italiano, la Cgil, ha deciso da subito di buttare la spugna e di dare per approvata la "riforma". La Camusso non ha chiamato i lavoratori ad un'opposizione degna di questo nome: la Cgil non ha proclamato lo sciopero generale, limitandosi a scioperi territoriali e di categoria, in città diverse in giorni diverse, spesso solo di poche ore.
Per capire come mai la Cgil ha rinunciato a opporsi alla riforma del lavoro bisogna volgere lo sguardo al parlamento: il Partito democratico, a cui il gruppo dirigente maggioritario della Cgil è strettamente legato, è tra i partiti che sostengono la "riforma" del lavoro, così come i piani di austerità di Monti e della Troika. E' un partito che si prepara a governare, nella prossima legislatura, in rappresentanza della grande borghesia italiana: per questo sta dando un segnale importante a Confindustria, mostrando di essere in grado di attuare manovre antioperaie al contempo garantendo una relativa pace sociale. La Cgil è parte integrante di questo gioco burocratico e sua anzitutto è la responsabilità del fatto che la classe lavoratrice in Italia subisce oggi una pesante sconfitta senza combattere.
In Italia le cose vanno molto diversamente. La "riforma" Monti-Fornero è accompagnata da sciopericchi di poche ore proclamati dalla Cgil, al limite con qualche presidio davanti alle prefetture o qualche azione meramente simbolica. Si tratta di azioni perdenti in partenza: è evidente che il governo non si farà certo spaventare da qualche presidio o manifestazione locale. Appare sempre più chiaro alle avanguardie di lotta che la burocrazia del più grande sindacato italiano, la Cgil, ha deciso da subito di buttare la spugna e di dare per approvata la "riforma". La Camusso non ha chiamato i lavoratori ad un'opposizione degna di questo nome: la Cgil non ha proclamato lo sciopero generale, limitandosi a scioperi territoriali e di categoria, in città diverse in giorni diverse, spesso solo di poche ore.
Per capire come mai la Cgil ha rinunciato a opporsi alla riforma del lavoro bisogna volgere lo sguardo al parlamento: il Partito democratico, a cui il gruppo dirigente maggioritario della Cgil è strettamente legato, è tra i partiti che sostengono la "riforma" del lavoro, così come i piani di austerità di Monti e della Troika. E' un partito che si prepara a governare, nella prossima legislatura, in rappresentanza della grande borghesia italiana: per questo sta dando un segnale importante a Confindustria, mostrando di essere in grado di attuare manovre antioperaie al contempo garantendo una relativa pace sociale. La Cgil è parte integrante di questo gioco burocratico e sua anzitutto è la responsabilità del fatto che la classe lavoratrice in Italia subisce oggi una pesante sconfitta senza combattere.
I camerieri socialdemocratici
E sul versante della sinistra Cgil, Fiom in testa? I metalmeccanici hanno dimostrato una grande volontà di opporsi con la lotta alla "riforma" del lavoro. Quando la Fiom ha proclamato scioperi e manifestazioni, in molte città gli operai non solo sono scesi in piazza in massa, ma hanno anche dato vita ad azioni spontanee di dura lotta: blocchi del traffico, occupazioni di tangenziali e autostrade, scontri con la polizia.
Ma questa disponibilità alla lotta ha trovato un freno nelle direzioni della Fiom, Landini in primis. Dopo aver costruito una grande campagna per lo sciopero generale, dichiarando la propria disponibilità a farlo "con o senza la Cgil", il segretario dei metalmeccanici si è di fatto accodato alla Camusso, limitandosi ancora una volta ad azioni di sciopero frammentate e limitate o a qualche innocuo presidio a Roma sotto i Palazzi del potere (presidio smobilitato in cambio di incontro con i rappresentanti del governo durante il quale nulla si è ottenuto per i lavoratori). Questo dimostra la subalternità della direzione di Landini al progetto governista della sinistra di Vendola che punta a un nuovo centrosinistra nonostante le precedenti disastrose esperienze dei governi Prodi.
Un po' più a sinistra, in zona Rifondazione, Cremaschi - che ha dato le dimissioni dal Comitato centrale della Fiom andando in pensione - ha tuonato ancora più forte di Landini per chiedere alla Cgil di proclamare lo sciopero generale. Di fatto Cremaschi coordina ancora la Rete 28 aprile, cioè un'area di sinistra nella Cgil che, dopo essersi sciolta insieme alla Fiom nell'area congressuale di minoranza La Cgil che vogliamo, è stata resuscitata per il fallimento del tentativo di trasformare l'area congressuale in un'area programmatica (molti pezzi dell'area sono rientrati in maggioranza). La Rete 28 aprile oggi sembra si stia arenando: i principali dirigenti della Rete sembrano più interessati a guadagnare posti nell'apparato dirigente della Cgil e della Fiom che a farsi promotori di una reale alternativa sindacale. Cremaschi, di fatto ancora il portavoce di quest'area, appare più che altro interessato alla costruzione di un suo ruolo politico in vista della prossima tornata elettorale. Fatto sta che quando lo sciopero generale è stato proclamato dai sindacati di base (pur con tutti i limiti, che vedremo), molti di quelli che lo richiedevano hanno fatto finta di nulla o hanno contribuito ben poco a costruirlo.
Ma questa disponibilità alla lotta ha trovato un freno nelle direzioni della Fiom, Landini in primis. Dopo aver costruito una grande campagna per lo sciopero generale, dichiarando la propria disponibilità a farlo "con o senza la Cgil", il segretario dei metalmeccanici si è di fatto accodato alla Camusso, limitandosi ancora una volta ad azioni di sciopero frammentate e limitate o a qualche innocuo presidio a Roma sotto i Palazzi del potere (presidio smobilitato in cambio di incontro con i rappresentanti del governo durante il quale nulla si è ottenuto per i lavoratori). Questo dimostra la subalternità della direzione di Landini al progetto governista della sinistra di Vendola che punta a un nuovo centrosinistra nonostante le precedenti disastrose esperienze dei governi Prodi.
Un po' più a sinistra, in zona Rifondazione, Cremaschi - che ha dato le dimissioni dal Comitato centrale della Fiom andando in pensione - ha tuonato ancora più forte di Landini per chiedere alla Cgil di proclamare lo sciopero generale. Di fatto Cremaschi coordina ancora la Rete 28 aprile, cioè un'area di sinistra nella Cgil che, dopo essersi sciolta insieme alla Fiom nell'area congressuale di minoranza La Cgil che vogliamo, è stata resuscitata per il fallimento del tentativo di trasformare l'area congressuale in un'area programmatica (molti pezzi dell'area sono rientrati in maggioranza). La Rete 28 aprile oggi sembra si stia arenando: i principali dirigenti della Rete sembrano più interessati a guadagnare posti nell'apparato dirigente della Cgil e della Fiom che a farsi promotori di una reale alternativa sindacale. Cremaschi, di fatto ancora il portavoce di quest'area, appare più che altro interessato alla costruzione di un suo ruolo politico in vista della prossima tornata elettorale. Fatto sta che quando lo sciopero generale è stato proclamato dai sindacati di base (pur con tutti i limiti, che vedremo), molti di quelli che lo richiedevano hanno fatto finta di nulla o hanno contribuito ben poco a costruirlo.
Lo sciopero generale del 22 giugno
Organizzare uno sciopero generale in Italia sembra un'impresa impossibile: le burocrazie sindacali hanno fatto di tutto per non proclamarlo, le dirigenze dei sindacati "di base" hanno fatto di tutto per proclamarlo nel peggiore dei modi. Inizialmente annunciato per l'8 giugno, poi rimandato al 22 giugno a causa (così si è detto) del terremoto, lo sciopero generale del sindacalismo "di base" (Cub, Usb, Usi, Si. Cobas, ecc.) è nato depotenziato in partenza. Non tutte le molteplici sigle del sindacalismo alternativo hanno proclamato lo sciopero: la Confederazione Cobas, ad esempio, non lo ha proclamato, probabilmente perché presente soprattutto nella scuola (e la scuola a fine giugno non sciopera). Inoltre, l'Emilia Romagna è stata pretestuosamente esclusa dallo sciopero del pubblico impiego e dei trasporti "per l'emergenza terremoto". Questa scelta, sostenuta soprattutto da Usb (che in Emilia Romagna ha un certo peso nel pubblico impiego), ha significato piegare la testa di fronte alla logica interclassista dell'unità con i padroni nella ricostruzione: in Emilia Romagna c'erano e ci sono, invece, più ragioni che altrove per proclamare lo sciopero generale, visto l'alto numero di vittime operaie del profitto per il terremoto. Il risultato è stato che solo la Cub ha proclamato lo sciopero del privato in questa regione.
Nonostante i limiti, è stato giusto e necessario proclamare lo sciopero generale: è stato un gesto politico importante, anche in vista delle mobilitazioni del prossimo autunno. Proclamare uno sciopero generale contro lo smantellamento dell'articolo 18 e contro la "riforma" del lavoro era un atto doveroso, che ha smascherato i "parolai" dello sciopero generale, dimostrando chi veramente era disponibile a costruire lo sciopero generale "con o senza la Cgil". E' quello, ad esempio, che è avvenuto in Spagna in occasione dello sciopero generale del 29 marzo: inizialmente lo sciopero è stato proclamato dai soli sindacati di base, poi la pressione delle lotte ha costretto anche gli apparati dei sindacati concertativi ad aderirvi.
In Italia le cose sono andate in modo molto diverso. Se Landini ha fatto orecchie da mercante, Cremaschi ha dato la propria adesione individuale allo sciopero, lo ha definito uno sciopero "giusto" ma si è limitato a un appello molto vago e ben poco incisivo: "chi può partecipi a quella giornata di lotta". La verità è che la Rete 28 aprile non ha dato alcuna adesione ufficiale allo sciopero e, soprattutto, non ha fatto nulla per costruirlo. Gli attivisti sindacali della Rete, a partire da quelli delle organizzazioni centriste, come Pcl e Falcemartello, hanno preferito non mettere a rischio le loro poltrone negli apparati Fiom e Cgil: nessuna campagna per lo sciopero è stata organizzata, in pochissimi nella Rete 28 aprile, a parte i militanti del Pdac, hanno dato la pubblica adesione allo sciopero del 22 giugno. In alcuni territori, come in Emilia Romagna e a Modena in particolare, gli attivisti della Rete 28 aprile (area Falcemartello) nelle riunioni hanno espresso contrarietà all'adesione allo sciopero, sostenendone l'inutilità e l'inopportunità. Si tratta di un atteggiamento gravissimo, che dimostra come i piccoli gruppi centristi (pensiamo al silenzio che sempre caratterizza gli esponenti del Pcl che occupano posti nell'apparato Cgil) nei momenti cruciali della lotta di classe si accodano alle burocrazie, a discapito della lotta.
Nonostante questo, sono arrivate significative adesioni da realtà di fabbrica, dalla Piaggio alla Thyssenkrupp. Particolarmente importante l'adesione dei delegati Fiom (non riconosciuti dall'azienda) della Ferrari di Maranello (che qui pubblichiamo), che hanno partecipato con il loro striscione alla manifestazione di Milano il 22 giugno: un'adesione importante anche perché viene da una provincia, Modena, dove la propaganda padronale ha avuto la meglio su quasi tutte le organizzazioni del movimento operaio, che hanno dichiarato la non belligeranza nei confronti dei padroni, accodandosi alla logica truffaldina dell'unità col carnefice nella ricostruzione (se Usb non ha proclamato lo sciopero del pubblico impiego, anche la Fiom ha rinunciato nelle ultime settimane a organizzare manifestazioni e scioperi "per l'emergenza terremoto").
Nonostante i limiti, è stato giusto e necessario proclamare lo sciopero generale: è stato un gesto politico importante, anche in vista delle mobilitazioni del prossimo autunno. Proclamare uno sciopero generale contro lo smantellamento dell'articolo 18 e contro la "riforma" del lavoro era un atto doveroso, che ha smascherato i "parolai" dello sciopero generale, dimostrando chi veramente era disponibile a costruire lo sciopero generale "con o senza la Cgil". E' quello, ad esempio, che è avvenuto in Spagna in occasione dello sciopero generale del 29 marzo: inizialmente lo sciopero è stato proclamato dai soli sindacati di base, poi la pressione delle lotte ha costretto anche gli apparati dei sindacati concertativi ad aderirvi.
In Italia le cose sono andate in modo molto diverso. Se Landini ha fatto orecchie da mercante, Cremaschi ha dato la propria adesione individuale allo sciopero, lo ha definito uno sciopero "giusto" ma si è limitato a un appello molto vago e ben poco incisivo: "chi può partecipi a quella giornata di lotta". La verità è che la Rete 28 aprile non ha dato alcuna adesione ufficiale allo sciopero e, soprattutto, non ha fatto nulla per costruirlo. Gli attivisti sindacali della Rete, a partire da quelli delle organizzazioni centriste, come Pcl e Falcemartello, hanno preferito non mettere a rischio le loro poltrone negli apparati Fiom e Cgil: nessuna campagna per lo sciopero è stata organizzata, in pochissimi nella Rete 28 aprile, a parte i militanti del Pdac, hanno dato la pubblica adesione allo sciopero del 22 giugno. In alcuni territori, come in Emilia Romagna e a Modena in particolare, gli attivisti della Rete 28 aprile (area Falcemartello) nelle riunioni hanno espresso contrarietà all'adesione allo sciopero, sostenendone l'inutilità e l'inopportunità. Si tratta di un atteggiamento gravissimo, che dimostra come i piccoli gruppi centristi (pensiamo al silenzio che sempre caratterizza gli esponenti del Pcl che occupano posti nell'apparato Cgil) nei momenti cruciali della lotta di classe si accodano alle burocrazie, a discapito della lotta.
Nonostante questo, sono arrivate significative adesioni da realtà di fabbrica, dalla Piaggio alla Thyssenkrupp. Particolarmente importante l'adesione dei delegati Fiom (non riconosciuti dall'azienda) della Ferrari di Maranello (che qui pubblichiamo), che hanno partecipato con il loro striscione alla manifestazione di Milano il 22 giugno: un'adesione importante anche perché viene da una provincia, Modena, dove la propaganda padronale ha avuto la meglio su quasi tutte le organizzazioni del movimento operaio, che hanno dichiarato la non belligeranza nei confronti dei padroni, accodandosi alla logica truffaldina dell'unità col carnefice nella ricostruzione (se Usb non ha proclamato lo sciopero del pubblico impiego, anche la Fiom ha rinunciato nelle ultime settimane a organizzare manifestazioni e scioperi "per l'emergenza terremoto").
Un bilancio del 22 giugno
Lo sciopero generale del 22 giugno, dobbiamo dirlo con franchezza, nonostante la buona riuscita in alcune fabbriche e soprattutto nei trasporti, non ha avuto la capacità di risvegliare le masse, ancora troppo imbrigliate nelle maglie degli apparati burocratici dei sindacati concertativi e della Fiom. Le manifestazioni di Milano e Roma sono state manifestazioni combattive, ma piccole e poco partecipate (in entrambe, vogliamo sottolinearlo, il Pdac è stato tra i pochi partiti presenti quello con una presenza maggiore di attivisti). E' la dimostrazione che i sindacati di base, stretti nella morsa di settarismo, frammentazione e autoreferenzialità, non riescono oggi ad apparire come un'alternativa credibile. Tuttavia, è stato giusto proclamare lo sciopero: i lavoratori e le avanguardie operaie si ricorderanno di chi ha scioperato contro la "riforma" del lavoro e chi invece si è limitato a belle parole. Si sono gettati semi che potranno fruttare nel momento in cui anche in Italia comincerà una nuova stagione di lotte.
Da segnalare che il 22 giugno c'è stata anche un'altra iniziativa di lotta, promossa dalla Rsu Fiom della Same di Treviglio a Bergamo nel pomeriggio: una manifestazione nazionale per contestare la Fornero. L'iniziativa, sostenuta anche dai sindacati di base, dai partiti della sinistra (tra cui il Pdac), dal movimento studentesco, ha visto la partecipazione di importanti realtà di fabbrica sia della bassa bergamasca sia di altre regioni (dalla Piaggio di Pontedera alla Gnk di Firenze). Soprattutto, in quell'occasione non è stata contestata solo la Fornero, ma anche - fatto significativo - lo stesso Landini, proprio dagli stessi operai della Fiom. E' un piccolo segno che qualche cosa si sta muovendo e che l'aggravarsi della crisi potrà portare a breve, anche nel nostro Paese, a una ripresa della mobilitazione, nonostante il freno delle burocrazie. (23/6/2012)
Da segnalare che il 22 giugno c'è stata anche un'altra iniziativa di lotta, promossa dalla Rsu Fiom della Same di Treviglio a Bergamo nel pomeriggio: una manifestazione nazionale per contestare la Fornero. L'iniziativa, sostenuta anche dai sindacati di base, dai partiti della sinistra (tra cui il Pdac), dal movimento studentesco, ha visto la partecipazione di importanti realtà di fabbrica sia della bassa bergamasca sia di altre regioni (dalla Piaggio di Pontedera alla Gnk di Firenze). Soprattutto, in quell'occasione non è stata contestata solo la Fornero, ma anche - fatto significativo - lo stesso Landini, proprio dagli stessi operai della Fiom. E' un piccolo segno che qualche cosa si sta muovendo e che l'aggravarsi della crisi potrà portare a breve, anche nel nostro Paese, a una ripresa della mobilitazione, nonostante il freno delle burocrazie. (23/6/2012)
ADESIONE ALLO SCIOPERO DEL 22 GIUGNO DEI DELEGATI FIOM DELLA FERRARI
I delegati Fiom-Ferrari (non riconosciuti da Fiat) danno la loro adesione allo sciopero generale del 22 Giugno proclamato dai sindacati di base.
Adesioni: Daniele Manzini, Sauro Palazzi, Paolo Ventrella, Michele Adorni, Elvis Fischetti, Pasquale Marano, Ferdinando Parisi, Silvano Merighi
Adesioni: Daniele Manzini, Sauro Palazzi, Paolo Ventrella, Michele Adorni, Elvis Fischetti, Pasquale Marano, Ferdinando Parisi, Silvano Merighi
(questo articolo è una anticipazione del numero estivo di Progetto Comunista, in uscita ai primi di luglio).
Partito di Alternativa Comunista
Lega Internazionale dei Lavoratori - Quarta Internazionale
Nessun commento:
Posta un commento