giovedì 28 giugno 2012

Ferrero: "Monti è la malattia, non la cura. Accordo Pd-Udc? Contro il centrismo serve un polo delle sinistre"



Ferrero: "Monti è la malattia, non la cura. Accordo Pd-Udc? Contro il centrismo serve un polo delle sinistre"

di Ignazio Dessì
 
L’accordo tra Casini e Bersani comporta presumibilmente lo sbiadimento della foto di Vasto e della speranza di una unione a sinistra capitanata dal Partito Democratico. Al di là delle alleanze però il problema diventa in particolare quello della direzione politica da intraprendere, come spiega in questa intervista il segretario di Rifondazione Comunista Paolo Ferrero, già ex ministro alla Solidarietà Sociale nel governo Prodi. Del resto in Europa si stanno definendo, come in Italia, tre posizioni molto precise e differenti: quella del centrismo moderato, quella della destra populista e quella della vera sinistra, ed è su questo versante che i progressisti del Vecchio Continente saranno chiamati a fare le loro scelte. Il centrismo in cui anche il Pd sta scivolando - va detto - è "espressione del neo-liberismo che ha condotto l'Occidente a una crisi senza precedenti e di cui il nostro premier, Mario Monti, è un degno rappresentante. Per questo lui è la malattia e non certo la medicina".

Onorevole, l’alleanza tra Pd e Udc cancella dunque dallo scenario politico la foto di Vasto e la prospettiva di un Partito Democratico catalizzatore delle istanze della sinistra?
“Fin dall’inizio ero poco entusiasta della foto di Vasto, della quale noi non facevamo parte, mentre dell’accordo tra Casini e Bersani penso sia essenzialmente congeniale a un governo costituente di tipo centrista come quello di Monti. E’ questo in definitiva il vero dato unitario tra i partiti popolari dei vari paesi europei. La scelta che si prospetta in Italia è assimilabile a quella fatta col governo greco e somiglia molto all’ipotesi di grande coalizione in Germania. Il tutto ovviamente sotto la gestione della Banca Centrale Europea. Per questo credo fermamente che la grande divisione politica in Europa, in questo momento, sia tra visione centrista di questo tipo, destra populista e sinistra”.
La distinzione dunque non può essere più tra centrodestra e centrosinistra?
“No, in Italia la distinzione non è più tra centrodestra e centrosinistra ma tra liberismo temperato, di stampo centrista e in stile Bce, da cui lo stesso governo francese di Hollande non si discosta molto, destra populista e sinistra tout cour, con la sua attenzione al ruolo dello Stato nel governo dell’economia, i limiti al mercato dominato dalla finanza e la difesa del lavoro quale diritto universale”.
Per questo lei dice che Monti è la malattia e non la cura? Cosa significa questo, che l’attuale premier rappresenta dei poteri che al popolo italiano non fanno bene?
“Lui per un certo verso incarna gli strati dirigenti e sociali che ci hanno scaraventati in questa crisi, penso in particolare alla finanza e alla grande impresa. Ma c’è da considerare inoltre tutta la linea politica di Monti, perché la crisi non è che il frutto delle politiche neo-liberiste. Le stesse che per vent’anni e in maniera dissennata hanno imperversato, determinando la crisi negli Stati Uniti e il contagio sull’Europa. Sono le politiche di questo tipo che ci hanno portato dove siamo. E Monti pretende di combattere questo disastro accentuando le politiche neo-liberiste, riducendo cioè il peso dello Stato, evitando di mettere regole serie alla finanza e omettendo di sollevare il problema della Banca Centrale che non dovrebbe prestare i soldi solo alle Banche private ma anche agli Stati, come fa la Federal Reserve o la Banca Centrale d’Inghilterra. Il presidente del Consiglio attuale,  insomma, rappresenta in pieno la linea politico-economica che ha portato a questo disastro, per questo è la malattia e non la cura”.
Ma il rimedio a questa patologia cosa può essere? L'alleanza delle sinistre a cui lei chiaramente accennava?
“Sì, bisogna fare sinistra in tutta Europa e, per questo, in Italia noi indirizziamo un appello a Vendola e Di Pietro, ai movimenti e alle associazioni attorno a un assunto molto chiaro: siamo per l’Europa ma essa va cambiata radicalmente. Perché se va avanti così, non solo demolisce tutti i diritti sociali che abbiamo conquistato, ma ci porta anche alla fine dell’euro”.
In cosa sbaglia in particolare la Ue?
“Prendiamo le ultime decisioni adottate in sede europea: si sono accordati sul salvare le Banche private con i soldi pubblici e non si sono messi d’accordo sul salvare gli Stati, le imprese e i cittadini. Possiamo dire allora chiaramente che questa è una porcheria? Una porcheria che socializza le perdite delle Banche e dei finanzieri, di quelli cioè che hanno speculato riempiendosi di derivati e rovinando l’economia? Questa è una ingiustizia da spazzare via e contro cui la sinistra deve schierarsi decisamente. In questo senso il problema non è andare a discutere con Bersani ma proporre un'alternativa, a lui, che incarna ormai solo una politica centrista, e alla destra populista”.
Che atteggiamento avete voi di Rifondazione verso Grillo e il movimento 5 Stelle ritenuti da gran parte dell’establishment politico tradizionale espressioni dell’antipolitica? Pensa si possa trovare un accordo con questo schieramento che tutto sommato incarna una voglia diffusa di cambiamento?
“Intanto penso sia assurdo dire che Grillo è l’antipolitica, perché l’antipolitica sta a Palazzo Ghigi, dove si contrabbandano scelte politiche per scelte tecniche. Quella di Grillo è una proposta politica a tutti gli effetti, e nel merito penso che le motivazioni per le quali molta gente lo vota siano positive. Per me sarebbe quindi utilissimo poter aprire un dialogo con quel movimento e in ogni caso – anche se Grillo dovesse confermare che non discute con nessuno – io continuerò a pensare alla possibilità di una intesa per una alternativa vera, basata su questioni come la moralità dei costi della politica e le scelte economiche”.
Sull’ultimo aspetto però lei ha osservato in più di una occasione che la posizione del comico genovese non è molto chiara.
“Sotto questo aspetto in Grillo vedo più di una contraddizione. Su questioni come la gestione degli enti locali lui dice cose totalmente condivisibili, dalla raccolta differenziata dei rifiuti al no alla cementificazione, ma sotto il punto di vista delle politiche economiche cade spesso in contraddizione, andando dal massimo del liberismo al no al liberismo. Sotto questo punto di vista penso che noi di Rifondazione abbiamo più cartucce e più idee chiare”.
Per esempio?
“ Abbiamo chiaro che in economia serve l’intervento pubblico, che questo non può essere finalizzato genericamente alla crescita ma ad una riconversione ambientale e sociale - compreso il finanziamento della riduzione dell’orario di lavoro e la tenuta del Welfare - e che ciò deve accompagnarsi al controllo democratico. Ovviamente non si tratta di rifare lo stato democristiano, ma di costruire uno stato federale e partecipato, decidendo come funziona in questo contesto il pubblico. Il tutto, inoltre, deve accompagnarsi a una grande azione di redistribuzione del reddito”.
I cittadini si aspettano prese di posizione precise anche sui privilegi dei politici.
“Noi abbiamo avanzato proposte concrete anche su questo fronte, proponendo per esempio un tetto alle pensioni e agli stipendi dei parlamentari e dei funzionari pubblici (massimo 5mila euro)”.
Ma, sinceramente, lei non pensa che anche all’interno del Pd, e soprattutto della sua base, ci sia in definitiva più voglia di sinistra che di centrismo?
“Assolutamente sì, il problema è che quelli al comando attualmente nel Partito Democratico sono gli stessi che hanno comandato negli ultimi 20 anni. Gli stessi che hanno approvato Mastricht, Lisbona e tutti i trattati che ci hanno portato al disastro che stiamo vivendo. La base di quel partito è costituita ancora da lavoratori e pensionati, i più tartassati di questo periodo critico, ma le contestazioni che ci sono nel Pd, a partire da Renzi, arrivano comunque da destra, e la dialettica è prevalentemente presente da quella parte. Anche per tale motivo io credo indispensabile creare un polo delle sinistre, che essenzialmente significa darsi una precisa direzione di marcia e scegliere da che parte stare. Ma per ora, purtroppo, Vendola e Di Pietro hanno essenzialmente seguito il Pd, il partito mazziere, quello che dà le carte. Ecco, io penso che sia ora di smetterla di stare con il cappello in mano e cominciare a costruire una vera sinistra e una vera alternativa politica”.

26 giugno 2012

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