martedì 3 dicembre 2013

PRATO, STRAGE "MADE IN ITALY"

PRATO, STRAGE "MADE IN ITALY"

Abbiamo aspettato prima di prendere la parola sulla  strage  di Prato.
Volevamo cogliere in flagrante l’atteggiamento prevalente sull’ennesima
mattanza di operai, stavolta di nazionalità cinese,  simile ad altre stragi
annunciate (Tyssenkrupp, Mineo, Umbria Olii, Mecnavi, amianto …).
Come e più delle altre volte l’atteggiamento delle istituzioni, dei
politicanti borghesi, degli organi di stampa, è stato quello di un “ente di
protezione degli animali”, nella fattispecie poveri animali esotici.
Il tentativo, smaccato, quello scaricare l’intera colpa sui criminali padroni
cinesi.
Ma sono soltanto loro gli infami responsabili di questo assassinio?
I sette operai cinesi morti nel rogo facevano parte di quell’esercito di
proletari immigrati che oggi costituisce circa il 10% degli occupati nel
nostro paese e produce circa il 12% della ricchezza nazionale. Operai spesso
senza diritti, senza orario, senza sicurezza, senza sindacato, ricattati dai
permessi di soggiorno, usati dai capitalisti per estrarre montagne di
plusvalore e premere sull’intera massa degli operai, così da peggiorare le
condizioni di tutti.
Nella fattispecie operai senza nome, che vendono la loro forza-lavoro per
salari irrisori e a condizioni di lavoro bestiali per produrre merci a basso
costo richieste dalle firme italiane del “fashion”.
Sono queste aziende che dettano modalità e tempi di consegna delle merci,
facendo gestire le galere industriali a padroni e prestanomi cinesi con i
quali spartiscono i profitti.
La fabbrica-dormitorio di Prato è il “nuovo” modello di sfruttamento e
flessibilità che vogliono imporre nella crisi.
E’ l’altra faccia della delocalizzazione (le strategie di molte aziende
tessili, attente alle mutevoli esigenze della ”moda”, esigono tempi rapidi,
specializzazione e vicinanza con la rete dei subfornitori) che serve al grande
capitale, ai grossisti che controllano le filiere produttive e commerciali
alla ricerca del massimo profitto: la sola legge che il capitale conosce.
Per questo le istituzioni spesso chiudono entrambi gli occhi sui “rispettabili
titolari di imprese”, siano essi italiani o stranieri, che realizzano la
spremitura di plusvalore nel cosiddetto sommerso per offrire il ”prezzo
migliore” e realizzare l’affare.
La strage di Prato non è una strage “cinese”, ma una strage “made in Italy”.
Essa svela il volto disumano e criminale di un modo di produzione e
appropriazione di prodotti che poggia sugli antagonismi di classe, sullo
sfruttamento degli operai da parte dei capitalisti.
Se il paese d'origine degli operai sacrificati è la Cina – potenza capitalista
emergente nella quale esistono rapporti sociali di produzione altrettanto
bestiali di quelli subiti dagli operai di Prato  – il luogo in cui questi
operai sono stati immolati per gli interessi dei capitalisti, è l’Italia.
Un “democratico” paese imperialista sulla via del declino, che vede nel
decantato distretto tessile di Prato – al cui interno c’è il distretto sino-
pratese - il modello da applicare per reggere la concorrenza internazionale,
rilanciare l’export e tornare alla “crescita”. E che non vuole mettere a
repentaglio gli investimenti delle multinazionali italiane in Cina con
controlli severi sulle imprese cinesi in Italia. A costo di qualche
lacrimuccia di coccodrillo.
Esprimiamo le nostre condoglianze alle famiglie e ai compagni di lavoro degli
operai assassinati a Prato dal padrone cinese e dalle istituzioni italiane, e
rinnoviamo l’impegno di lotta per l’abolizione dello sfruttamento in Italia,
in Cina e in tutto il mondo.

3 dicembre 2013                  Piattaforma Comunista

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