CASO FIAT: IL CAPITALE NON HA NAZIONE, COME LA
SUA EVASIONE FISCALE
30 Gennaio 2014
Il parassitismo del capitale non ha confini, né pudore.
La Fiat ha prosperato per decenni grazie a gigantesche regalie pubbliche dello Stato italiano e dei suoi diversi governi di ogni colore. Ha “ripagato” con chiusura di fabbriche ( a partire da Termini Imerese e Irisbus), con l'abbattimento delle produzioni ( cassa integrazione generalizzata), con l'attacco frontale alle condizioni del lavoro e ai diritti sindacali ( piano Marchionne/ Pomigliano), sino all'espulsione della FIOM dalle proprie aziende.
Oggi il nuovo grande gruppo FIAT/Chrysler - consentito dalle regalie pubbliche del governo Obama ( a carico dei contribuenti americani), dalle generose elargizioni delle banche USA ( coi soldi dei risparmiatori americani), dal coinvolgimento delle quote del sindacato in Chrysler ( con grandi sacrifici paralleli di salari, ferie, lavoro, diritti degli operai americani)- ha completato la propria marcia gloriosa trasferendo in Olanda la propria sede legale e a Londra la propria sede fiscale. Per quale nobile ragione? Per gonfiare il portafoglio dei propri azionisti.
In Olanda gli azionisti stabili hanno il doppio diritto di voto, a vantaggio di Exor, holding degli Agnelli, e della sicurezza del suo controllo . A Londra gli azionisti godono di tasse evanescenti: le cedole non hanno ritenuta alla fonte e l' imposta sul reddito d'impresa è al 20% dal 2015 contro il 27,5% italiano ( già frutto del taglio dell'IRES di ben 7 punti da parte di Prodi nel 2007). Inoltre godono di un ulteriore abbassamento fiscale sino al 10% per chi porta marchi e brevetti. Mentre l'associata Chrysler negli Usa paga le tasse nel Delaware, uno Stato considerato alla stregua di un paradiso fiscale.
“Ma la Fiat continuerà a pagare sulle produzioni in Italia” dicono.. i suoi giornali patriottici. Peccato che la produzione in Italia è ormai il 10% della produzione mondiale del gruppo. Contro la balla spaziale dei 20 miliardi di investimenti in Italia promessi dal Marchionne nel 2010.
Il vero investimento della Fiat è nello sfruttamento dei suoi operai e nell'evasione fiscale dei suoi azionisti. L'unico valore che conosce è la massimizzazione del profitto, al di là di ogni confine. Come l'intero sistema capitalista, in Italia e nel mondo.
La rivendicazione della nazionalizzazione della FIAT, senza indennizzo per i suoi grandi azionisti e sotto il controllo dei lavoratori, si conferma oggi più che mai come l'unica risposta reale al cinismo della famiglia Agnelli e dei suoi managers miliardari. L'unica misura in grado di proteggere il lavoro e i suoi diritti da rapinatori ed evasori senza frontiere. La società italiana ha già pagato la Fiat, sotto ogni profilo. E' ora di riprendersela. La lotta per un governo dei lavoratori pone l'esproprio della FIAT al primo posto.
La Fiat ha prosperato per decenni grazie a gigantesche regalie pubbliche dello Stato italiano e dei suoi diversi governi di ogni colore. Ha “ripagato” con chiusura di fabbriche ( a partire da Termini Imerese e Irisbus), con l'abbattimento delle produzioni ( cassa integrazione generalizzata), con l'attacco frontale alle condizioni del lavoro e ai diritti sindacali ( piano Marchionne/ Pomigliano), sino all'espulsione della FIOM dalle proprie aziende.
Oggi il nuovo grande gruppo FIAT/Chrysler - consentito dalle regalie pubbliche del governo Obama ( a carico dei contribuenti americani), dalle generose elargizioni delle banche USA ( coi soldi dei risparmiatori americani), dal coinvolgimento delle quote del sindacato in Chrysler ( con grandi sacrifici paralleli di salari, ferie, lavoro, diritti degli operai americani)- ha completato la propria marcia gloriosa trasferendo in Olanda la propria sede legale e a Londra la propria sede fiscale. Per quale nobile ragione? Per gonfiare il portafoglio dei propri azionisti.
In Olanda gli azionisti stabili hanno il doppio diritto di voto, a vantaggio di Exor, holding degli Agnelli, e della sicurezza del suo controllo . A Londra gli azionisti godono di tasse evanescenti: le cedole non hanno ritenuta alla fonte e l' imposta sul reddito d'impresa è al 20% dal 2015 contro il 27,5% italiano ( già frutto del taglio dell'IRES di ben 7 punti da parte di Prodi nel 2007). Inoltre godono di un ulteriore abbassamento fiscale sino al 10% per chi porta marchi e brevetti. Mentre l'associata Chrysler negli Usa paga le tasse nel Delaware, uno Stato considerato alla stregua di un paradiso fiscale.
“Ma la Fiat continuerà a pagare sulle produzioni in Italia” dicono.. i suoi giornali patriottici. Peccato che la produzione in Italia è ormai il 10% della produzione mondiale del gruppo. Contro la balla spaziale dei 20 miliardi di investimenti in Italia promessi dal Marchionne nel 2010.
Il vero investimento della Fiat è nello sfruttamento dei suoi operai e nell'evasione fiscale dei suoi azionisti. L'unico valore che conosce è la massimizzazione del profitto, al di là di ogni confine. Come l'intero sistema capitalista, in Italia e nel mondo.
La rivendicazione della nazionalizzazione della FIAT, senza indennizzo per i suoi grandi azionisti e sotto il controllo dei lavoratori, si conferma oggi più che mai come l'unica risposta reale al cinismo della famiglia Agnelli e dei suoi managers miliardari. L'unica misura in grado di proteggere il lavoro e i suoi diritti da rapinatori ed evasori senza frontiere. La società italiana ha già pagato la Fiat, sotto ogni profilo. E' ora di riprendersela. La lotta per un governo dei lavoratori pone l'esproprio della FIAT al primo posto.
PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI
Partito Comunista dei Lavoratori - Empoli
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