mercoledì 1 giugno 2011

La diserzione delle urne avanza ancor

Al ballottaggio per le amministrative parziali 1.627.738 elettori hanno resistito alle sirene della destra e della "sinistra" borghese
La diserzione delle urne avanza ancora: +8,5% alle comunali, +16% alle provinciali
A Napoli quasi metà dell'elettorato diserta le urne. 8 province e 22 comuni capoluogo al "centro-sinistra" e 3 province e 8 comuni capoluogo al "centro-destra". Disfatta del neoduce Berlusconi. Tracolla la Lega. Pisapia e De Magistris eletti rispettivamente sindaci di Milano e Napoli solo col consenso di un terzo dell'elettorato
Combattendo le illusioni elettorali, lavoriamo per liberare l'Italia dal capitalismo, per il socialismo

Alle elezioni per il ballottaggio del 29 e 30 maggio 2011 erano chiamati alle urne 4 milioni di elettori per rinnovare i consigli comunali di 88 comuni, di cui 13 capoluoghi di provincia, e 1 milione e 700 mila per il rinnovo di 5 consigli provinciali. Ebbene ben 1.627.738 elettori alle comunali e 932.005 elettori alle provinciali hanno disertato le urne resistendo alle sirene della destra e della "sinistra" borghese che avevano caricato quest'appuntamento elettorale di un rilevante se non decisivo significato politico nazionale.
L'astensionismo invece avanza ancora rispetto ai già elevati livelli raggiunti al primo turno che si è tenuto il 15 e 16 maggio scorso. Complessivamente la diserzione delle urne è passata alle comunali dal 31,4% al primo turno al 39,9% al ballottaggio (+8,5%). Alle provinciali è passata dal 38,7% al primo turno addirittura al 54,8% al ballottaggio (+16%). Prendendo in considerazione i 13 comuni capoluoghi il record assoluto spetta a Napoli dove quasi il 50 per cento degli elettori ha disertato le urne, precisamente il 49,4%, nonostante il fatto che nel capoluogo campano le "sirene" elettoraliste e partecipazioniste fossero particolarmente assordanti.
Ancora una volta non vi sono particolari differenze fra il Nord, il Centro e il Sud. A Trieste la diserzione tocca il 48,4%; a Varese il 44,5%, a Rimini il 39%, a Cosenza il 44,6% e a Crotone il 43,1%. In questi ultimi due capoluoghi si registra anche l'incremento percentuale maggiore fra il primo e il secondo turno rispettivamente +17,8% e +18,4%.
Alle provinciali spicca il dato di Reggio Calabria dove ha disertato le urne il 65,4% con un incremento del 28,1% rispetto al primo turno. Sopra il 50% la diserzione anche a Pavia (52,5%) e Macerata (50,7%).

Il voto reale ai sindaci
La strepitosa affermazione dell'astensionismo delegittima fortemente le istituzioni rappresentative borghesi, i governi e i nuovi sindaci e presidenti locali, nonché i partiti borghesi che li rappresentano.
Se si prendono in considerazione tutti gli elettori che avevano diritto al voto, e non già i soli voti validi, in genere i neo sindaci sono sostenuti da poco più un terzo dell'elettorato. Per i neo presidenti delle province si rasenta addirittura il quarto dell'elettorato. È anche il caso di Napoli dove Luigi De Magistris ha sì ottenuto il 65,4% dei voti validi, ma che corrispondono solo al 32,6% degli elettori che avevano diritto al voto. Anche a Milano Giuliano Pisapia ha sì ottenuto il 55,1% dei voti validi, ma essi corrispondono al 36,7% dell'intero corpo elettorale.
L'astensionismo ha penalizzato sia la destra che la "sinistra" borghese. Vi è una grande mobilità dell'elettorato. Innanzitutto verso l'astensionismo. Poi, fra una coalizione e l'altra, nel tentativo, in genere, di punire il governo uscente e pronto a fare altrettanto alla successiva tornata elettorale.
L'elettorato non è più disposto a firmare cambiali in bianco a chicchessia e velocemente chiede il conto di quanto promesso e non mantenuto. Né il "centro-sinistra" né il "centro-destra" riescono a contare più su "zoccoli duri" e "roccaforti" inespugnabili. Nonostante in questi ballottaggi ci fossero pochissimi risultati scontati e lo scontro fosse spesso sul filo di lana, gli stessi candidati del "centro-sinistra" che hanno prevalso su quelli di "centro-destra" sono riusciti a stento a confermare i voti che avevano ottenuto al primo turno o addirittura ne hanno persi per strada.
Comunque, in genere, salvo poche eccezioni, tutti i neo sindaci e i neo presidenti di provincia sono stati eletti con molti voti in meno rispetto ai propri predecessori. Specie se si tratta di riconferme. Piero Fassino a Torino ha ricevuto 52 mila voti in meno rispetto al suo predecessore Chiamparino. Luigi De Magistris a Napoli ha ottenuto 40 mila in meno rispetto a Rosa Russo Iervolino. A Reggio Calabria Demetrio Arena, con il "centro-destra", ha ottenuto 22 mila voti in meno rispetto al suo predecessore dello stesso schieramento Giuseppe Scoppelliti.
Alla fine dei conti, fra primo e secondo turno, 22 comuni capoluogo su 30 vanno al "centro-sinistra" e 8 al "centro-destra". Ne avevano rispettivamente 20 e 10 prima di questa tornata elettorale. Il "centro-sinistra" strappa al "centro-destra" Novara, Milano, Trieste, Fermo, Cagliari, Olbia e Villacidro. Il "centro-destra" strappa al "centro-sinistra" Rovigo, Caserta, Catanzaro, Cosenza, Iglesias.
8 su 11 sono le province assegnate al "centro-sinistra" e 3 al "centro-destra. Ne avevano rispettivamente 7 e 4. Il "centro-sinistra" strappa al "centro-destra" Pavia e Macerata. Il "centro-destra" strappa al "centro-sinistra" Reggio Calabria.
Al di là dei numeri, questa tornata elettorale rappresenta una vera e propria disfatta elettorale e politica per il neoduce Berlusconi, specie se si considerano i risultati di Milano, la sua roccaforte storica, e di Napoli dove pure si era speso ripetutamente e personalmente.
Si tratta di un importante avvenimento ma che non deve abbagliare e illudere le masse operaie, popolari e giovanili che i giochi siano ormai fatti. Anche perché Berlusconi ha già fatto sapere di non avere alcuna intenzione di lasciare spontaneamente Palazzo Chigi e che intende sfruttare fino in fondo gli anni di governo che gli restano per completare per quanto più gli sarà possibile il suo disegno neofascista e presidenzialista mutuato dal "piano di rinascita democratica" e dallo "Schema R" della P2 di Gelli, Craxi e del neoduce stesso. Del resto dal '94 ad oggi Berlusconi ha più volte subito delle sconfitte elettorali, ma ciò non ha mai comportato la sua scomparsa dalla scena e tanto meno la fine del suo disegno politico e sociale. Per liberarsene definitivamente e prima che faccia ancora dei gravissimi danni nei due anni che gli rimangono da governare, occorre ricorrere alla piazza, occorre un nuovo 25 Aprile.
Anche la Lega Nord subisce un vero e proprio tracollo. Il dato più significativo è la perdita della propria roccaforte di Novara, città natale del governatore della regione Piemonte, il leghista Roberto Cota. Al "centro-sinistra" sono andate anche tutte le città dove si è votato al ballottaggio in Piemonte. In Lombardia la Lega mantiene solo la sua roccaforte Varese, ma viene sconfitta alla provincia di Mantova e nei comuni di Rho, Desio e Gallarate.
Sul piano elettorale il vento è cambiato. Ossia ora spira più a favore del "centro-sinistra" che del "centro-destra", ma è pur sempre un vento borghese e capitalistico. Non è certo un caso che le due nuove sirene della "sinistra" borghese, Pisapia e De Magistris abbiano ricevuto l'appoggio ufficiale di grandi borghesi e magnati dell'industria, della finanza e dell'editoria. De Magistris persino dall'ex presidente della Confindustria Antonio D'Amato. E i primi atti dei due neopodestà di Milano e Napoli sono eloquenti e non fanno certo ben sperare. Pisapia per prima cosa manda un "abbraccio e un pensiero" ai militari italiani feriti in Afghanistan, senza accennare nemmeno al fatto che lì l'Italia è coinvolta in una guerra imperialista. Ed entrambi telefonano subito al presidente della Repubblica, a significare la loro sudditanza e il loro rispetto delle istituzioni e della massima carica dello Stato borghesi.
Ancor più grave è che i falsi comunisti e trotzkisti, da quelli noti (da Vendola, a Ferrero, Diliberto, alla redazione de "il manifesto"), fino a quelli meno noti (i Carc) hanno svolto un ruolo fondamentale per sostenere, sponsorizzare, accreditare e coprire verso l'elettorato di sinistra i candidati Pisapia e De Magistris, chiedendo quindi agli elettori di sinistra, oggettivamente, di dare fiducia, legittimità e rafforzare il sistema capitalistico e il suo ordinamento istituzionale, nonché i suoi governi.
Milano e Napoli non sono state affatto liberate. Pur comprendendo quelle elettrici e quegli elettori che nella stragrande maggioranza hanno votato il "centro-sinistra" pensando di liberarsi di Berlusconi e di cambiare l'insopportabile realtà politica, sociale ed economica delle città, la verità è che già in passato sono state create delle grandi aspettative politiche ed elettorali che poi alla luce dei fatti si sono dimostrate solo una grande illusione e un grande inganno.
Come quando nel '75 l'allora PCI revisionista superò per la prima volta nella storia la DC e si sparse l'illusione di essere "a un passo dal socialismo", mentre noi marxisti-leninisti sostenevamo l'astensionismo e la rivoluzione socialista. Oppure, più recentemente, con la prima elezione di Antonio Bassolino che aveva promesso il "nuovo Risorgimento" napoletano. Pensiamo quali e quante illusioni hanno prodotto anche fuori d'Italia, l'elezione prima del socialdemocratico Zapatero in Spagna o del capofila dell'imperialismo Obama negli Usa. I fatti successivi parlano da soli.

La vera liberazione
Il fatto è che finché le illusioni elettorali, parlamentari, pacifiste e governative continueranno a tenere congelate le speranze, la forza e le energie della maggioranza della classe operaia e delle masse giovanili e popolari non vi potrà mai essere alcuna liberazione.
Solo continuando a combattere le illusioni elettorali, governative e costituzionali, insistendo sulla tattica dell'astensionismo elettorale e la strategia delle istituzioni rappresentative delle masse fautrici del socialismo, possiamo lavorare concretamente e con successo per dare le ali alla lotta di classe per liberare l'Italia dal neoduce Berlusconi, dal capitalismo, per il socialismo.
Come afferma il comunicato dell'Ufficio stampa del Partito del 31 maggio 2011, "il PMLI non cambia bandiera. Il rosso proletario rivoluzionario non può essere sostituito con l'arancione borghese, riformista e pacifista. Che tutte le combattenti e i combattenti anticapitalisti rivoluzionari si uniscano sotto la bandiera rossa con la falce e martello e l'effige di Mao del PMLI per marciare compatti, con forza e fiducia, verso l'Italia unita, rossa e socialista!".

(Articolo de "Il Bolscevico", organo del PMLI, n. 22/2011)

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