Tav: riecco il regime bipartisan
di Giorgio Cremaschi
Eccole di nuovo, puntuali come sempre, ecco che su la Tav si scatenano
l’informazione e la propaganda di regime. Quelle stesse che abbiamo
visto all’epoca dei referendum-ricatto di Marchionne a Pomigliano e
Mirafiori. Oggi come allora c’è il partito unico del progresso e degli
affari, che va dal Pd fino alla Lega, e il sistema unico
dell’informazione, che va da Repubblica fino al Giornale, dalla Rai
fino a La7, tutto passando naturalmente per il Pdl e Berlusconi. Tutti
costoro sostengono la stessa unica tesi: da un lato ci sono il
progresso, lo sviluppo, ci sono i giusti affari, dall’altro c’è la
resistenza conservatrice di piccole minoranze, a volte anche violente
perché urlano troppo.
Solo poche settimane fa la vittoria ai referendum ci aveva fatto
pensare e sperare che la priorità data ai beni comuni, all’ambiente,
alle esigenze dei cittadini e delle persone rispetto al mercato e agli
affari, fosse diventato un patrimonio di tutto il paese. Abbiamo
capito che non è così. Ancora una volta sulla Tav non c’è argomento di
merito, non c’è tentativo di capire le ragioni di chi si oppone. C’è
solo, come per la Fiat, una subalterna, incondizionata acritica
adesione alle tesi di chi sostiene, senza dimostrarlo, che così si fa
il bene di tutti. Così la devastazione del territorio passa in secondo
piano, viene trattata come la richiesta dei lavoratori Fiat di avere
tempi di lavoro più umani e di essere rispettati come persone, anche
dentro la fabbrica. Cosa c’entra tutto questo con le esigenze della
globalizzazione e dell’Europa? Siamo sempre qui. Pensavamo di esserci
liberati, pensavamo di aver cominciato un processo di liberazione del
paese da tutti i regimi, con questo anno di lotte e con le votazioni
che lo hanno rappresentato. Invece siamo solo ancora all’inizio,
saremo davvero liberi quando avremo sconfitto non solo Berlusconi ma
anche quel regime a pensiero unico che unisce il 90% dello
schieramento politico e dell’informazione in vuote formulette e che
coprono operazioni autoritarie. E saremo liberi anche perché con il
popolo della Valle Susa, così come con i lavoratori della Fiat che
dicono no a Marchionne, non stanno piccole minoranze, ma milioni di
persone che vogliono davvero cambiare il paese e che sono arcistufe di
farsi rappresentare ancora da questo partito unico del progresso e
degli affari.
28 giugno 2011
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