Essere palestinesi: una tragedia senza fine
Israele risponde alla richieste di “giustizia sociale” con la militarizzazione della protesta, nel nome del solito alibi della “sicurezza”
Giovedì 18 Agosto Israele ha cominciato una nuova offensiva contro la Striscia di Gaza, quale pretesto ha trovato ?
Semplice: quella stessa mattina si sono verificati 3 attentati a Eilat, nel Sud di Israele, al confine con l'Egitto: sono stati presi di mira una macchina e due autobus che trasportavano truppe speciali dell'esercito israeliano.
Nessuna indagine, nessuna identificazione, non si aspetta nemmeno la rivendicazione dell'azione: Israele accusa subito i Comitati di Resistenza Popolare (che immediatamente dichiarano la loro estraneità ai fatti) e dopo nemmeno cinque ore sferra un primo attacco a Gaza, in cui perdono la vita 7 membri della PRC, inclusi il leader e il luogotenente.
Secondo fonti israeliane, l’esercito era stato avvertito in anticipo del piano del commando, ma un presunto “errore operativo” ha fatto sì che gli assalitori potessero attraversare indisturbati il confine e sparare contro i mezzi israeliani.
Non è così scontato che fossero palestinesi, né tanto meno Gazawi; ma Israele continua, senza alcuna prova, a rivolgere le sue accuse contro Gaza e a massacrarne la popolazione.
Viene quindi da chiedersi: per quale motivo ad essere sterminati sono e saranno sempre il milione e mezzo di civili palestinesi che vivono in quello che è diventato il più grande campo di concentramento di questo mondo?
Le motivazioni sono tante e varie. Ad esempio non è un caso che questa nuova operazione venga fatta durante un periodo di estrema crisi del Governo di Netanyahu. La popolazione israeliana sta mettendo alle strette l'attuale leadership e cosa c'è meglio di un nemico comune per tenere tutti uniti? Alla fine non è una novità per lo Stato di Israele scagliarsi contro quel nemico comune che è da sempre uno dei pochi motivi di coesione nazionale. Così i giovani israeliani dovranno presto passare dalle loro tende sul Boulevard Rotschild a Tel Aviv a quelle dei campi militari dei Territori Occupati. Poi si aggiunge il fatto che a settembre verrà dichiarato lo Stato Palestinese e si rendeva necessaria una dimostrazione della pericolosità dei suoi cittadini per la sicurezza di Israele.
Partono gli F16, i droni e gli Apache dell’aviazione israeliana; i bombardamenti a tappeto distruggono le case, le fabbriche e i parchi giochi dove – secondo loro - hanno trovato rifugio i presunti “terroristi”. Spargono morte ovunque: 15 sono i deceduti, 44 i feriti, tra cui 11 bambini e 10 donne. I corpi rivelano ferite da armi sconosciute.
La violenza del secondo esercito del mondo, non può essere di certo paragonata alla violenza della resistenza palestinese, rudimentale nei mezzi, esasperata da 63 anni di occupazione, da crimini contro l'umanità subiti e rimasti impuniti, dalle vessazioni quotidiane ...
Ma il mondo sta a guardare e conta i morti come fossero caramelle, senza dire né fare nulla. Si guardano altri esseri umani morire alla televisione, ma continuiamo a vivere la nostra vita, in un silenzio assordante per chi invece non può permettersi il lusso di condurre una vita al riparo dalle preoccupazioni. E forse non ci renderemo conto mai abbastanza di quanto il nostro silenzio sia complice di massacri.
Marta e Sami
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