Rifiuti, i Comuni concordi: piano regionale da riscrivere
Anni di gestazione per un risultato deludente: il piano regionale toscano dei rifiuti “manca di prospettiva e coraggio”, secondo un numero crescente di amministratori ed esponenti politici. Il dissenso non alberga più soltanto nei partiti minori come Sinistra Ecologia e Libertà, Federazione della Sinistra e Italia dei Valori, ma ormai anche nel Partito Democratico sono molte le voci che chiedono un cambio di rotta. E' apparso chiaro ieri (16 novembre) durante l'incontro intitolato Per una politica innovativa nella gestione dei rifiuti in Toscana, che si è svolto a Capannori nell'auditorium del distretto sanitario di piazza Aldo Moro. Sono state oltre sessanta le adesioni appena pubblicizzato l'evento e il passo successivo sarà l'approvazione di un documento in dieci punti, con il quale riaprire il confronto con la Regione Toscana. Sono prioritari la moratoria sugli inceneritori, con conseguente cambio di destinazione dei finanziamenti e le politiche di riduzione dei rifiuti.
Organizzata da Eugenio Baronti, responsabile nazionale del gruppo di studio sui rifiuti del Forum Ambiente di SelBeta, alla conferenza hanno partecipato anche i consiglieri regionali Monica Sgherri, capogruppo della FdS e Mauro Romanelli di Sel, oltre al sindaco di Capannori Giorgio Del Ghingaro. Dalla Versilia sono arrivati amministratori e esponenti politici di Pietrasanta, Camaiore, Massarosa e Viareggio; tutti e tre gli Ambiti territoriali ottimali (Ato Costa, Ato Centro e Ato Sud) sono stati rappresentati o direttamente con la partecipazione o con l'adesione alla conferenza.
Baronti ha parlato di “tre piani interprovinciali fotocopia”, caratterizzati dalla previsione di un aumento dei rifiuti prodotti pro-capite, malgrado la diminuzione della quantità generale ormai assodata. A niente pare sia servita quell'apertura alla strategia Rifiuti Zero che il presidente della Regione Enrico Rossi aveva manifestato nell'incontro aperto ai comitati, avv enuto proprio a Capannori, nel maggio scorso: alla fine, ha detto Baronti, il piano regionale si basa sugli scenari del 2009, “ormai, la Preistoria, ma così si calcolano ancora oltre 600 chilogrammi di spazzatura a testa nel 2020”.
La Toscana, complessivamente, non è poi così virtuosa se la media regionale di raccolta differenziata nel 2012 è stata appena del 40 per cento (dati Ispra), mentre Veneto e Trentino Alto Adige superano il 60 per cento. Accanto ai Comuni ricicloni (21 hanno raggiunto o oltrepassato il 65 per cento stabilito dalla normativa europea), convivono gli altri con percentuali anche molto più basse.
A livello regionale è una situazione molto disomogenea, ma le differenze ci sono anche all'interno di ciascun Ato, sia in termini di efficienza e metodo della raccolta, sia dal punto di vista impiantistico e della natura delle società incaricate del servizio.
Di fronte ad una realtà comp lessa, “c'è bisogno di uno sforzo di modernità - ha detto il sindaco Del Ghingaro - perché non si possono vanificare gli sforzi di tanti amministratori e cittadini che in questi anni hanno raggiunto buoni risultati”. Il primo cittadino del Comune che ospita il Centro Ricerca Rifiuti Zero, ha spiegato di aver inviato una nota ad Ato Costa e ai Comuni che lo compongono, "per spingerli a cambiare idea".
“Non perdo le speranze - ha concluso Del Ghingaro - sono certo che alla fine la Regione cambierà il piano". Intanto la spaccatura fra i Comuni sta paralizzando Ato Costa - che unisce le Province di Lucca, Massa Carrara, Pisa e Livorno - il cui presidente, Marco Filippeschi, sindaco di Pisa, sembra esser rimasto solo a difendere l'idea di privatizzare il 45 per cento della newco Reti Ambiente.
"Una battaglia di civiltà che i Comuni hanno portato avanti meglio che non i grandi organismi come Ato Costa". il vicesindaco di Pisto ia Daniela Belliti (Pd) ha bocciato così la politica degli enti di secondo livello, che allontanano le decisioni dai cittadini e "antepongono gli interessi dei diritti acquisiti a quelli delle comunità locali".
Le ha fatto eco il vicesindaco di Viareggio Gloria Puccetti, che ha detto: "Dobbiamo uscire da Ato, dall'Autorità Idrica, dal Consorzio dei trasporti Ctt Nord, bisogna tornare alle gestioni locali vicine ai territori". Davide Dalle Mura, assessore all'Ambiente di Camaiore, ha definito i Comuni "esattori delle tasse dello Stato, dei call center svuotati di competenze a favore degli Enti come Ato che non sono stati eletti dai cittadini".
Non solo di spazzatura si parla ma di una rivoluzione culturale, dicono gli amministratori; un ragionamento che in Versilia nasce dalla ferita aperta dell'inceneritore di Falascaia a Pietrasanta, tema che ancora ieri a Capannori ha provocato scintille fra Fabio Lucchesi del Centro Rifiuti Zero e Monica Sgherri della FdS.
“Occorre fermare subito tutti i processi autorizzativi - ha continuato Belliti - perché una volta avuto il via libera certe opere vanno realizzate per forza, ma così viene meno il ruolo di guida della programmazione regionale”. L'esempio è quello dell'inceneritore di Case Passerini vicino Firenze, partito prima ancora che venisse approvato il piano interprovinciale di Ato Centro.
“E se facesse comodo, a certe aziende, che non venisse riconosciuto loro il diritto a realizzare le opere? - ha detto Mauro Romanelli -. In caso di difficoltà economico-finanziarie, ad un'azienda potrebbe convenire fare ricorso contro lo stop tardivo di una precedente autorizzazione, piuttosto che sobbarcarsi l'onere di costruire davvero un impianto”.
"Avere cura di ogni molecola", questo è il nuovo approccio degli amministratori No inc, per dirlo con le parole di Giulio Mangani, sindaco Pd di Montespertoli, un Comune che raggiunge l'84 per cento di raccolta differenziata, dietro solo a Montelupo Fiorentino che nel 2012 ha segnato il record nazionale con l'85 per cento.
A Montespertoli il ciclo dei rifiuti si chiude grazie all'impianto di compostaggio Casa Sartori che riceve la frazione organica dai Comuni gestiti da Publiambiente e quelli provenienti dalle altre province toscane, Lucca compresa. Non manca neppure la discarica, che dovrebbe chiudere nel 2017 o forse nel 2020. Nel frattempo produce energia grazie al biogas – cioè il metano - che si forma nel processo di decomposizione.
Altra cosa è chiudere il ciclo bruciando i rifiuti, che è in sintesi il punto centrale del piano regionale. Un messaggio "pericoloso", lo ha definito Monica Sgherri, soprattutto se applicato ai rifiuti speciali. Sono i due terzi della produzione, il doppio dei rifiuti urbani e a questi possono essere assimilati, secondo certe regole.
“E' qua che vanno individuate le alternative all'incenerimento - ha detto Sgherri -, in favore del riciclo e del riuso delle materie prime seconde. Partendo dalla de-assimilazione ai rifiuti urbani, in modo da poter controllare e valutare il flusso dei materiali”.
Baronti ha parlato di “tre piani interprovinciali fotocopia”, caratterizzati dalla previsione di un aumento dei rifiuti prodotti pro-capite, malgrado la diminuzione della quantità generale ormai assodata. A niente pare sia servita quell'apertura alla strategia Rifiuti Zero che il presidente della Regione Enrico Rossi aveva manifestato nell'incontro aperto ai comitati, avv enuto proprio a Capannori, nel maggio scorso: alla fine, ha detto Baronti, il piano regionale si basa sugli scenari del 2009, “ormai, la Preistoria, ma così si calcolano ancora oltre 600 chilogrammi di spazzatura a testa nel 2020”.
La Toscana, complessivamente, non è poi così virtuosa se la media regionale di raccolta differenziata nel 2012 è stata appena del 40 per cento (dati Ispra), mentre Veneto e Trentino Alto Adige superano il 60 per cento. Accanto ai Comuni ricicloni (21 hanno raggiunto o oltrepassato il 65 per cento stabilito dalla normativa europea), convivono gli altri con percentuali anche molto più basse.
A livello regionale è una situazione molto disomogenea, ma le differenze ci sono anche all'interno di ciascun Ato, sia in termini di efficienza e metodo della raccolta, sia dal punto di vista impiantistico e della natura delle società incaricate del servizio.
Di fronte ad una realtà comp lessa, “c'è bisogno di uno sforzo di modernità - ha detto il sindaco Del Ghingaro - perché non si possono vanificare gli sforzi di tanti amministratori e cittadini che in questi anni hanno raggiunto buoni risultati”. Il primo cittadino del Comune che ospita il Centro Ricerca Rifiuti Zero, ha spiegato di aver inviato una nota ad Ato Costa e ai Comuni che lo compongono, "per spingerli a cambiare idea".
“Non perdo le speranze - ha concluso Del Ghingaro - sono certo che alla fine la Regione cambierà il piano". Intanto la spaccatura fra i Comuni sta paralizzando Ato Costa - che unisce le Province di Lucca, Massa Carrara, Pisa e Livorno - il cui presidente, Marco Filippeschi, sindaco di Pisa, sembra esser rimasto solo a difendere l'idea di privatizzare il 45 per cento della newco Reti Ambiente.
"Una battaglia di civiltà che i Comuni hanno portato avanti meglio che non i grandi organismi come Ato Costa". il vicesindaco di Pisto ia Daniela Belliti (Pd) ha bocciato così la politica degli enti di secondo livello, che allontanano le decisioni dai cittadini e "antepongono gli interessi dei diritti acquisiti a quelli delle comunità locali".
Le ha fatto eco il vicesindaco di Viareggio Gloria Puccetti, che ha detto: "Dobbiamo uscire da Ato, dall'Autorità Idrica, dal Consorzio dei trasporti Ctt Nord, bisogna tornare alle gestioni locali vicine ai territori". Davide Dalle Mura, assessore all'Ambiente di Camaiore, ha definito i Comuni "esattori delle tasse dello Stato, dei call center svuotati di competenze a favore degli Enti come Ato che non sono stati eletti dai cittadini".
Non solo di spazzatura si parla ma di una rivoluzione culturale, dicono gli amministratori; un ragionamento che in Versilia nasce dalla ferita aperta dell'inceneritore di Falascaia a Pietrasanta, tema che ancora ieri a Capannori ha provocato scintille fra Fabio Lucchesi del Centro Rifiuti Zero e Monica Sgherri della FdS.
“Occorre fermare subito tutti i processi autorizzativi - ha continuato Belliti - perché una volta avuto il via libera certe opere vanno realizzate per forza, ma così viene meno il ruolo di guida della programmazione regionale”. L'esempio è quello dell'inceneritore di Case Passerini vicino Firenze, partito prima ancora che venisse approvato il piano interprovinciale di Ato Centro.
“E se facesse comodo, a certe aziende, che non venisse riconosciuto loro il diritto a realizzare le opere? - ha detto Mauro Romanelli -. In caso di difficoltà economico-finanziarie, ad un'azienda potrebbe convenire fare ricorso contro lo stop tardivo di una precedente autorizzazione, piuttosto che sobbarcarsi l'onere di costruire davvero un impianto”.
"Avere cura di ogni molecola", questo è il nuovo approccio degli amministratori No inc, per dirlo con le parole di Giulio Mangani, sindaco Pd di Montespertoli, un Comune che raggiunge l'84 per cento di raccolta differenziata, dietro solo a Montelupo Fiorentino che nel 2012 ha segnato il record nazionale con l'85 per cento.
A Montespertoli il ciclo dei rifiuti si chiude grazie all'impianto di compostaggio Casa Sartori che riceve la frazione organica dai Comuni gestiti da Publiambiente e quelli provenienti dalle altre province toscane, Lucca compresa. Non manca neppure la discarica, che dovrebbe chiudere nel 2017 o forse nel 2020. Nel frattempo produce energia grazie al biogas – cioè il metano - che si forma nel processo di decomposizione.
Altra cosa è chiudere il ciclo bruciando i rifiuti, che è in sintesi il punto centrale del piano regionale. Un messaggio "pericoloso", lo ha definito Monica Sgherri, soprattutto se applicato ai rifiuti speciali. Sono i due terzi della produzione, il doppio dei rifiuti urbani e a questi possono essere assimilati, secondo certe regole.
“E' qua che vanno individuate le alternative all'incenerimento - ha detto Sgherri -, in favore del riciclo e del riuso delle materie prime seconde. Partendo dalla de-assimilazione ai rifiuti urbani, in modo da poter controllare e valutare il flusso dei materiali”.
Daniela Francesconi
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