giovedì 30 gennaio 2014

L'orrenda operazione della Seves

Rifondazione Comunista - Circolo Le Panche
E così va via un altro pezzo di realtà produttiva della nostra città. Le lettere di licenziamento per 100 dipendenti e la chiusura dello stabilimento della Seves rappresentano solo l'ultimo atto di uno smantellamento dell'apparato industriale cittadino.
Una decisione dissennata, su cui sono state tralasciate le questioni più urgenti relative allo stato di crisi dell'area – che rende assai problematica una ricollocazione – e sulla quale non si è svolta alcuna riflessione partecipata sui disastri portati dalla desertificazione industriale, dalla compressione degli spazi di democrazia e partecipazione che una fabbrica incarna in maniera quasi naturale, se qualcosa di buono il novecento riesce ancora a trainare in questo secolo segnato da un ripiegamento istituzionale e sociale.
I territori diventano dormitori e la produzione va via. L'emblema della delocalizzazione si sussume nel licenziamento degli operai della Seves, a cui non è stato risparmiato nulla: neppure un gioco di vendite, rivendite e rilanci in una partita che - ancora sulle loro spalle - si è intrecciato con torbide questioni politiche come quella sulla destinazione degli spazi lasciati liberi dallo stabilimento fiorentino, ed economiche.
Sulla strada, perciò, rimarranno solo le speranze disilluse dei lavoratori di veder realizzato un piano industriale - dato per possibile in diverse fasi della crisi ma mai concretizzato - sulla scia di una precedente gestione fallimentare aggravata dalla scelta della nuova proprietà di abbandonare l'impianto produttivo.
E per strada rimarranno anche le spoglie di un patrimonio civile, di tessuto produttivo, di solidarietà operaia e sindacale, che lo svuotamento industriale rende pericolosamente attuale, investendo la capacità di sostentamento dei lavoratori e la loro stessa dignità, minacciata dall'indigenza e dal precariato ormai imperante, con contorni ideologici sempre più chiari.
Rifondazione Comunista ha, da sempre, denunciato la mancanza di una politica industriale per la città di Firenze, ampliando la problematica a un a mancanza di programmazione economica, finanziaria e di ricerca, che lascia ai territori produzioni costose e sorpassate spesso in competizione con i paesi emergenti, in questo ripetendo in piccolo le enfasi razziste dei discorsi sulla globalizzazione di una buona parte della politica nazionale.
La riduzione dei diritti sociali e dei salari pare, sovente, essere l'unica mediocre via d'uscita all'incombente crisi, tali ipotesi sono emendate anche dagli “uomini della speranza” se vengono confermate dalle dichiarazioni di Davide Serra - uno dei consiglieri economici più ascoltati del sindaco e segretario nazionale del PD – relativamente alla questione Electrolux.
La nostra Federazione è stata e sarà sempre al fianco dei lavoratori della Seves, perché i loro diritti non finiscano divorati nell'inconsistenza dei piani comunali per il quartiere, i quali – accogliendo tutto e il contrario di tutto – mostrano una reale incoscienza per le sorti del territorio e della città e confermano una mancanza di visione d'insieme sul ruolo dell'industria, della cultura e dei servizi, su cui abbiamo continue rivelazioni.
Trasformare librerie in ristoranti e negozi à la page, chiudere il rubinetto ad esperienze culturali come il “Maggio”, disinvestire l'impegno comunale dal trasporto pubblico locale sono scelte  restituiscono l'immagine di una città del terziario, snaturata nella sua storia operaia e produttiva e impegnata, nella sua amministrazione, a sviare in maniera circoscritta e puntiforme crisi che invece sono sistemiche.
Avremmo preferito avere dalla parte nostra quei poteri locali che con la loro passività hanno segnato il passo di un'ulteriore perdita di terreno dei settori produttivi. Quei poteri che, non infrequentemente, enfatizzano il loro ruolo di difensori della città contando sul solo aspetto di un'appartenenza territoriale.
Il PRC è interamente a disposizione dei lavoratori della Seves, con le sue strutture e la sua solidarietà, perché si resista all'ennesima serrata ai danni della classe operaia.

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