Il concorso? No, grazie.
Di Arianna Ussi – direzione nazionale PRC
L’estate si sa, per i precari della scuola, è foriera di amare sorprese.
La storia recentissima ci insegna che, proprio nei mesi estivi, quando le attività didattiche sono terminate ed i riflettori sulla scuola si sono spenti, non bisogna abbassare la guardia. Il governo Berlusconi aveva elevato a prassi il cercare di far passare sotto silenzio, approfittando della pausa estiva, provvedimenti che hanno distrutto il sistema pubblico di istruzione, come la legge 133/2008 ed i tagli che ne sono seguiti negli anni successivi.
Il governo Monti, che in quanto a smantellamento dei diritti costituzionali e dei lavoratori si è spinto ben oltre il suo predecessore, incarnando pienamente quel sovversivismo delle classi dirigenti di gramsciana memoria, non fa eccezione neppure sulla scuola. Ed ecco che il ministro dell’istruzione Profumo annuncia in pompa magna l’imminente pubblicazione di un bando di concorso che “aprirebbe la scuola ai giovani”. Peccato che la recente riforma del sistema previdenziale ed il conseguente innalzamento dell’età pensionabile abbia definitivamente chiuso le porte non solo della scuola, ma del mondo del lavoro, ai giovani .
Ma questo concorso sarà davvero la panacea di tutti i mali che affliggono la scuola pubblica?
Stando a quello che dicono i media, sembrerebbe di sì. I toni trionfalistici, da propaganda di regime, che hanno accompagnato in questi giorni l’annuncio del ministro Profumo si sono ormai radicati nell’opinione pubblica. Ma i precari della scuola non ci stanno e gridano al concorso-truffa.
La verità è dietro la bandiera di uno sterile e strumentale giovanilismo e di una meritocrazia che con il merito non ha nulla a che fare, si nasconde un nuovo attacco ai diritti dei precari che, da anni, mandano avanti con la loro professionalità, la loro esperienza, la loro passione, la scuola pubblica italiana, garantendone il funzionamento. Docenti plurilaureati, pluriabilitati, con masters e specializzazioni, ed anni di esperienza viva sulle spalle, si troverebbero ad essere nuovamente esaminati con procedure alquanto discutibili, quali una preselezione comune a tutte le classi di concorso (una prova costituita da test uguali per tutti, modalità di per sé discutibile, e, ancor di più, se si tiene conto degli imbarazzanti errori contenuti nelle prove elaborate dal MIUR per l’ ammissione ai TFA) e, in una fase successiva, la simulazione di una lezione (ogni docente sa che non si può tenere una lezione “in astratto”, ma ci sono numerosi fattori che ne determinano l’indirizzo, in primis, gli alunni, con le loro intelligenze e le loro specificità, non riconducibili certo ad una lezione standardizzata).
Il concorso non risolve affatto il problema del precariato, ma lo aggrava instaurando la guerra tra poveri, perché il numero dei posti banditi sull’intero suolo nazionale sarà talmente esiguo (11.892 cattedre) da non coprire neppure il turn over, e, soprattutto, perché scavalca e mira ad annientare le graduatorie ad esaurimento in cui sono inseriti circa 200.000 precari in attesa dell’immissione in ruolo che, in quanto abilitati, spetta loro di diritto.
Ma, soprattutto, il nuovo concorso non risolverebbe affatto i problemi strutturali della scuola pubblica, in primis, quello dei tagli che hanno sottratto alla scuola 8 miliardi di euro, privandola delle risorse materiali, umane ed intellettuali necessarie a garantire agli alunni ed alle loro famiglie quel diritto allo che sta a fondamento della nostra Carta Costituzionale.
Mettere in moto la costosissima macchina del concorso che, peraltro, non aprirebbe le porte ai nuovi laureati, ancora privi di abilitazione, per meno di 12.000 posti, quando per anni si sono tagliate risorse e posti di lavoro, è una pura mossa propagandistica pre-elettorale. Senza considerare i meccanismi clientelari che un concorso, per di più su base regionale, innescherebbe.
E, se al concorso aggiungiamo la chiamata diretta dei presidi ed il tentativo di aziendalizzazione della scuola pubblica contenuto nel DDL 953 “ex Aprea”, il cerchio si chiude drammaticamente: l’intero sistema pubblico d’istruzione sarà smantellato.
L’unica soluzione è costruire una forte mobilitazione che parta dai precari e si estenda a tutto il mondo della scuola, ed oltre, agli altri lavoratori. Forse saranno proprio i precari della scuola a far suonare la campanella e ad inaugurare il nuovo scolastico e, magari, a dare inizio ad una nuova stagione di lotte contro questo governo e contro tutti coloro che lo appoggiano.
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