La Stampa - 2 Giugno 2011
Un Che Guevara italiano troppo ribelle per Stalin
di Gian Antonio Orighi
Guido Picelli, maestro di guerriglia urbana, dalle Barricate di
Parma alla guerra di Spagna. In un documentario il giallo della sua
fine
Rifugiato nel 1932 in Russia, durante le purghe venne messo sotto
processo e rischiò il gulag
In prima fila tra i repubblicani spagnoli, fu freddato da un colpo
alla schiena: ordinato da Mosca?
Torna alla ribalta Guido Picelli, un mito (quasi) dimenticato nella storia dell’antifascismo.
Stasera, sugli schermi del cinema Doré di Madrid, esce in anteprima mondiale Il ribelle , un
documentario del regista parmigiano Giancarlo Bocchi che ricostruisce la sua vita da
rivoluzionario. Dalle barricate di Parma del ‘22, l’unica resistenza vittoriosa di una città italiana
contro gli sgherri di Mussolini, alla morte durante la guerra civil spagnola combattendo nelle
Brigate internazionali contro il golpista Franco. Questi i soli episodi a cui è stata fin qui legata
la memoria di Picelli. Ma dalla pellicola, 72 minuti inzuppati di spezzoni e documenti inediti,
emerge anche l’inedita persecuzione che visse, nella Russia di Stalin, l’inventore della
guerriglia urbana. E il sospetto che sia stato assassinato dai suoi ex compagni sovietici.
Guido Picelli (1889-1937) nacque nell’Oltretorrente di Parma, allora un quartiere operaio che
sarebbe stato l’indomita fucina di sindacalisti, anarchici, socialisti e comunisti. Figlio di un
cocchiere, il «Che Guevara» ante litteram fece capire subito che era un ribelle: da ragazzino
abbandonó il mestiere di apprendista orologiaio per unirsi a una compagnia di attori che a
Torino, allora capitale del cinema italiano, lo avrebbe portato a girare scene con la celeberrima
star Ermete Zacconi.
Proprio facendo la comparsa, Picelli si politicizza e si schiera con i deboli e gli oppressi, la
gente del suo quartiere natale. Volontario della Croce Rossa nella prima guerra mondiale,
acclama la rivoluzione russa del ‘17. Quindi abbandona le posizioni pacifiste e passa dalle
armi della critica alla critica delle armi. Si arruola nell’esercito con l’unico scopo di imparare il
«mestiere» e, una volta smobilitato, fonda nell’Oltretorrente la sua prima formazione armata
clandestina, le Guardie Rosse.
Il suo genio guerrigliero lo sperimenta subito con il fascismo alle porte. Crea gli Arditi del
popolo, nel ‘21, l’anno in cui viene eletto senatore socialista. E nel ‘22 riesce a respingere
l’assedio di Parma da parte di 10 mila squadristi agli ordini di Italo Balbo, trasformando
l’Oltretorrente in una linea inespugnabile di barricate difesa da quattrocento tra comunisti e
cattolici, socialisti e anarchici.
Picelli però è anche un politico fine, con un progetto che precede di ben 14 anni il Fronte
popolare del Comintern del ‘36: il «Fronte unico antifascista», a cui dovevano partecipare tutti i
partiti. Ma l’idea non passa. Ormai deputato del Pci, famoso in tutto il mondo, il Ribelle riceve
da Gramsci l’ordine di fondare una struttura clandestina per insorgere contro Mussolini. Ma
viene arrestato, condannato a 5 anni di confino. Poi gira per Francia e Belgio, prima di rifugiarsi
nel ‘32 in Russia. La sua disillusione è enorme. Viene relegato in una fabbrica di Mosca come
operaio. Insegna la guerriglia a comunisti del calibro di Dolores Ibarruri, la Pasionaria, ma, nel
pieno delle purghe, viene messo sotto processo. Inutilmente implora da Togliatti il permesso di
andare a combattere in Spagna, dove è scoppiata la guerra civil. Sempre la stessa risposta:
no, in fabbrica.
L’eroe di Parma, che sente puzza di gulag, non demorde, riesce a scappare a Parigi, dove
prende contatto con il Poum, i comunisti antistalinisti di André Nin. E dalla Francia passa in
Spagna. Per il suo prestigio, gli viene affidato il 9º battaglione delle Brigate internazionali. E,
come sempre, vince combattendo in prima fila. Consegue l’unica vittoria italiana sul fronte di
Madrid. Ma gli inviati di Stalin non lo perdono d’occhio, nonostante si copra di gloria. Nel ‘37,
proprio quando sta per conquistare Mirabueno, paesino a 100 km da Madrid, una pallottola alla
schiena, all’altezza del cuore, lo fredda in pieno assalto. Chi è stato? Il film di Bocchi lascia
intendere che possa essere stato un agente di Mosca.
Inspiegabilmente, il corpo del Ribelle viene abbandonato per un giorno intero. La ricostruzione
della morte è lacunosa: prima una mitragliata, poi un colpo di pistola. Gli antifascisti gli rendono
onori di Stato in tre funerali a Madrid, Valencia e Barcellona (100 mila persone dietro il suo
feretro). Nel ‘38 le Brigate internazionali propongono di concedergli la medaglia postuma
dell’Ordine di Lenin, la massima onorificenza sovietica. Ma Antonio Roasio, uomo di fiducia di
Togliatti per il Cominter, rivela i suoi contatti con il Poum, che da allora rimarranno segreti.
Mosca gli nega la medaglia e lo condanna all’oblio.
Repubblica.it- 19 aprile 2011
Picelli "ribelle", il film. La Prima sarà a Madrid
di Raffaele Castagno
La Sera - 20 aprile 2011
Picelli, un eroe internazionale e unitario
di Enrico Veronese
Gazzetta di Parma- 20 aprile 2011
Guido Picelli adesso è un film
Bocchi: " L'antesignano del Che"
di Gianluigi Negri
Repubblica.it - 31 maggio 2011
Picelli eroe degli "indignados"
di Raffaele Castagno
La Sera - 1 giugno 2011
Domani a Madrid “Il Ribelle” di Bocchi
Picelli inedito in anteprima mondiale
di Enrico Veronese
Repubblica.it - 3 giugno 2011
Il film non arriverà a Parma
di Raffaele Castagno
La Sera - 4 giugno 2011
Ogni contrada è patria del "Ribelle" Picelli
Un successo l'anteprima del film a Madrid
di Enrico Veronese
La Sera - 5 giugno 2011
A Mirabueno, sulle tracce spagnole di Picelli
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di Enrico Veronese
La Gazzetta di Parma - 6 giugno 2011
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