
Un’altra
scuola è possibile?
Pubblicato da comitatonogelmini su 26 settembre 2011
di
Corrado Giustiniani
da
L’Espresso
26
settembre 2011
Le classi
italiane sono sempre più multiculturali: i figli degli immigrati sono già 750
mila, tra studenti e scolari, provenienti per lo più dalla Romania,
dall’Albania dal Marocco e dalla Cina. Peccato che la Gelmini abbia tagliato i
20 milioni di euro per favorire l’apprendimento dell’italiano
In Val Maira,
provincia di Cuneo, gli alunni che
meglio degli altri apprendono l’occitano,
l’antica lingua romanza citata da Dante nel “De vulgari eloquentia”, sono quelli della Costa d’Avorio. “Sono
francofoni e questo li aiuta. La loro è nettamente la migliore pronuncia”,
notano compiaciute Gianna Bianco e Sandra Salviti, maestre della scuola elementare
di Dronero dove, per conservare la
tradizione, lo studio dell’occitano è obbligatorio. Poco più in là, a Luserna San Giovanni, in Val Pellice, una delle mete degli scalpellini cinesi, venuti a
estrarre la pietra bargiolina che per Leonardo da Vinci era paragonabile al
marmo di Carrara, si è da tempo
celebrato il primo “cento centesimi” alla maturità di una ragazza dello
Zhejiang, di nome Fang Xiu. Nella quinta elementare dell’Istituto comprensivo
Sampierdarena 2, di Genova, c’è un gruppo di bambini che segue un corso volontario
di latino: quattro italiani e 15 stranieri, per metà ecuadoregni, alle prese con Fedro in lingua originale. “Ma è facile come l’italiano”, esclamano sorpresi gli alunni di questa classe di
eccellenza.
Nel Veneto che non ti aspetti, 650 scuole si sono organizzate
in 47 reti, per scambiarsi idee, esperienze e personale con l’obiettivo di
integrare meglio gli alunni stranieri.
Al liceo Manzoni di Milano il cinese lo
imparano i ragazzi italiani, dal 2009 e per quattro ore la settimana,
opportunità ormai offerta da un centinaio di altre scuole sparse lungo lo
Stivale. All’Istituto professionale Francesco Datini di Prato, la scuola dove si diplomò Roberto Benigni nella
città che ospita la più grande comunità cinese d’Europa (41 mila persone) c’è un professore di italiano e storia, Luciano
Luongo, detto “Marcopolo”, che da autodidatta ha imparato il cinese, perfezionandolo poi con cinque viaggi in Cina, e ha organizzato stage di studenti nelle scuole di
Wenzhou, opportunamente gemellata con Prato. All’Istituto
Daniele Manin di Roma, infine, il rappresentante dei genitori della scuola
dell’infanzia si chiama Silvio, nome
perfetto per la politica. Soltanto che lui è di nazionalità rumena.
Sono alcune tappe di un viaggio avvincente nelle scuole
multiculturali di tutta Italia. Lo ha compiuto e trasformato in libro Vinicio
Ongini, maestro per vent’anni, autore di saggi e testi per bambini e
attualmente esperto dell’Ufficio integrazione del ministero dell’Istruzione. Ha per
titolo “Noi domani”, lo pubblica Laterza,
ed esce in questi giorni in coincidenza
con l’avvio del nuovo anno scolastico,
proprio per trasferire agli operatori
della scuola e ai genitori stessi una spinta di ottimismo e di entusiasmo su un
tema – i figli degli immigrati nella
nostra scuola – solitamente trattato con
i paraocchi del pregiudizio ideologico.
Ma quanti sono i ragazzi stranieri all’avvio del nuovo anno
scolastico 2011-2012?
Il dato statistico non è ovviamente ancora disponibile, i
conti si fanno a gennaio, ma una stima
più che attendibile sì: sono circa 750 mila, secondo Ongini. “In
ogni caso, non si pubblica più da due anni l’indagine nazionale del ministero
dell’Istruzione sugli alunni con cittadinanza non italiana. E invece abbiamo
bisogno come il pane di quegli indicatori annuali, per capire i nodi emergenti
e affrontarli“, invoca Graziella
Giovannini, che insegna Sociologia dell’educazione all’Università di Bologna. Lo aveva chiesto anche alla Camera, nel corso
dell’indagine parlamentare sugli alunni stranieri a scuola, conclusa a gennaio
di quest’anno. Ad ascoltarla c’era il presidente Gianfranco Fini, ma non il
ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini.
Sono dunque 750 mila
circa, i figli degli immigrati scolari
e studenti. Tanti o pochi?
Dipende dai punti di vista. Tanti se si pensa che vent’anni fa, anno scolastico
1991/1992, erano appena 32.500, e ciò dimostra la straordinaria velocità con
cui la scuola italiana ha dovuto reagire a correnti migratorie di intensità
paragonabile soltanto a quelle subite dalla Spagna. Tanti, ancora,
se si tiene conto che in Francia, Paese che riceve immigrati da
centocinquant’anni, gli alunni di nazionalità straniera sono poco meno di 500
mila. Tanti, infine, rispetto alle magre risorse economiche e
umane messe a disposizione per l’integrazione dal ministero: l’ultima
beffa è quella che ha accompagnato la circolare numero 2 del 2010, voluta dalla
Gelmini per porre un tetto del 30 per cento agli alunni stranieri di ciascuna
classe. Il ministro aveva promesso che sarebbero arrivati insieme 20
milioni di euro per favorire l’apprendimento dell’italiano, che però nessuno ha
visto.
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